Politica, industria e difesa. F35 si, F 35 no. La guerra nascosta e gli interessi bruciati. Prima parte

29 Giugno 2013

Domenico Cambareri

 

 

 

 

 

Le Forze Armate non servono a fare la guardia d’onore al Parlamento. Questi si che sono soldi buttati al vento. – Per una corretta informazione sull’affaire del caccia “supercostoso” e per le più importanti osservazioni, ecco una sintesi atta a far comprendere a chi non sa o per fare capire qualcosa di più a chi sa poco od ha le idee confuse.

Prima parte

F35 si, F 35 no. La guerra nascosta e gli interessi bruciati

Il ruolo dell’alta tecnologia nel rilancio dei sistemi produttivi. – Investimento & ricerca & sviluppo & produzione nell’alta tecnologia in Italia. – Alta tecnologia e prodotti duali, fonti di guadagno indispensabile per l’economia di ogni Paese. – Nel centenario della nascita dell’aviazione navale. – Procedere in ordine sparso: quando la “sovranità nazionale” svolge il ruolo di utile idiota. – Interessi nazionali ed esigenze militari. – Produzioni europee e “appalti” di sub produzione USA. – La segretezza del “core” dell’F 35 e il monopolio americano, ciononostante la difesa USA è dissanguata dal programma F 35. – Come armonizzare dissonanti esigenze militari nazionali? – Non limiti alla riduzione dello strumento militare: quali rischi si corrono? – I costi dell’ F 35 e il caso iperbolico dell’ F 22 ” Raptor”. – Gli interessi industriali e finanziari italiani a pro dell’Efa 2000Thyphon non sono stati salvaguardati: ne è valsa e ne vale la pena? Se responsabilità ci sono, esse sono solo dei militari? Si può ancora correre ai ripari?

 

 

 

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F 35 Lightening II
 
 
Le decisioni assunte dal parlamento in merito all’acquisizione dei nuovi aerei da combattimento F 35 non sono state nient’altro che una formula di basso profilo atta solo a rivendicare sul piano formale il diritto che spetta alle camere di dire l’ultima parola in fatto di decisioni, ultima parola a cui il governo è tenuto a sottostare. Nulla da eccepire.
Ciò è stato dovuto al fatto che da diversi anni in qua il governo (i governi di turno) ha presentato, come suole dirsi, sulla scorta delle determinazioni del consiglio supremo di difesa, a scatola chiusa la richiesta di approvazione di sue decisioni in merito alla programmazione della difesa, alla riduzione dello strumento militare e all’acquisizione di armamenti e materiali. Richieste di approvazione che sono sempre avvenute quasi sempre senza battere ciglio, in maniera veloce e senza la possibilità di realizzare dibattiti parlamentari effettivamente adeguati. Ciò ha nociuto non solo alle tattiche “antimilitariste” e pseudopacifiste dell’estrema sinistra e delle micro galassie anarcoidi che la circondano, che spesso inscenano proteste di piazza con proiezioni di violenza per le strade non solo potenziali, ma anche alla possibilità di esprimere un palese e organizzato dissenso a gruppi di fronda all’interno del PD. Ha nociuto anche a chi, all’interno del PD o del PdL, o di forze minoritarie presenti in parlamento, avesse voluto esprimere un motivato dissenso n merito alle scelte della politica militare governativa e/o di particolari aspetti attinenti alla forza in armi e alle programmazioni pluriennali di investimenti e di acquisizioni di armamenti, apparecchiature elettroniche e mezzi.
Il panorama odierno, in realtà, all’interno del parlamento è oggi più complesso per la presenza di un cospicuo numero di parlamentari M5S, il cui movimento di appartenenza, come sappiamo, in questa materia dà l’eco e lo amplifica acriticamente alle posizioni preconcette e fazione di Sel.
Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che una condizione di maggiore informazione pubblica e di trasparenza politica in questa materia, per quanto difficile, è indispensabile, giacché il tenere quasi del tutto all’oscuro i cittadini su materie sicuramente intricate e non sempre semplici facilita il compito dei demagoghi di professione e dà la stura ad attacchi demagogici illimitati. Attacchi demagogici che vengono ad avere maggiore presa sul piano emotivo fra tanta gente al di là dalle idee personali proprio per il fatto che la gravità della crisi economica facilita il compito di chi produce una maggiore informazione “disinformante” e drasticamente faziosa. Il ruolo della stampa, poi, in questo ambito è particolarmente lacunoso e inidoneo perché una parte non indifferente dei giornalisti diffonde, per estrazione ideologica, le posizioni dell’estrema sinistra, e perché in generale in Italia abbiamo giornalisti quasi per nulla preparati, se non analfabeti, in questa materia. E certo è che direttori e “proprietari” delle testate mai si sono peritati di affrontare e risolvere tale problema, che in Italia è considerato del tutto irrilevante e insussistente.
Caso analogo a quanto accade da decenni per la scuola, in particolare per l’abbandono sistematico e per il declassamento spaventoso delle scuole secondarie, mentre sinistra governi e sindacati hanno infarcito una quarantennale campagna demagogica con i soliti ritriti slogan e con l’esercizio scandaloso di un potere corrivo che hanno portato all’asfissia questo segmento centrale nella formazione delle giovani generazioni; e, dall’altro lato, all’implacabile e ininterrotta continuazione della logica nefasta della pseudo eguaglianza, dell’appiattimento professionale e dei privilegi del demerito. Brunetta ne sa tantissimo, con l’osanna alla sua “meritocrazia” in cui vengono a godere solo i tonti non proprio del tutto tonti, gli adulatori e i volponi ignoranti alla Umberto Bossi,e i servili arroganti di turno resi con cotanto fracasso “dirigenti mostri” all’italiana. Un’insuperabile interpretazione per un rinato
Ultime considerazioni politiche e d’informazione preliminari. Ai Sel e ai 5 stelle sono da aggiungere tutto uno stuolo di inverecondi personaggi che gravitano in taluni circoli del PD e soprattutto del sindacato veterosessantottino, che fu fonte di guai, fallimenti e violenze incancellabili, in particolare nell’ambito industriale, la Fiom della CGIL. Tutta questa gente da strapazzo, e con essa purtroppo la Camusso e il vertice che guida il grande sindacato, non perde occasione per gridare il no alle spese militari e per favorire, di contro, a loro dire, il rilancio del lavoro e combattere la disoccupazione e aumentare le pensioni.
Si sa da sempre che tanti slogan vengono ad essere utilizzati come mazze e come verità del tutto false che percuotono e ottundono ogni possibilità di comprensione razionale, anche ai livelli più elementari. La demagogia, sicuramente commista a un non basso indice di incultura, di questi onniscienti sindacalisti fa così rovesciare la verità delle cose, giacché è proprio l’attività di ricerca e di produzione con i più alti indici di sofisticazione e di qualità tecnologica ad essere in grado di innescare un meccanismo virtuoso e, come suole correttamente dirsi, di generare la moltiplicazione di susseguenti attività industriale “a cascata” e a ventaglio, ossia allargando lo spettro delle applicazioni in campo militare e procedendo a radicali aggiornamenti produttivi su scala e trasferendo il tutto anche nel settore della produzione civile. Ciò costituisce l’ulteriore traguardo già raggiunto con i progetti e le produzioni duali, cioè al contempo di uso militare e civile. Sin dall’inizio, in non pochi casi, come quello dell’avanzatissima costellazione satellitare Galileo per le telecomunicazioni e … i telefonini cellulari, con cui gli europei ci siamo definitivamente affianca dal monopolio degli USA, si investe su progetti duali.
Il caso del monomotore monoposto Joint Strike F 35 Lightening II prodotto dalla Lockheed Martin è davvero emblematico, negli USA in Europa e nel mondo in relazione alle previsioni di spesa di un nuovo progetto di velivolo. Previsioni di spesa che nel settore degli armamenti ha comunque una quantità inimmaginabile di precedenti. Per rimanere in Europa e nell’ambito degli aerei, basti pensare ai due programmi multinazionali precedenti, quello del Tornado prima e quello dell’Eurofigthter (Efa) poi. Aerei che ai loro tempo hanno avuto costi astronomici. E proprio il tema delle cifre è quello su cui battono i demagoghi in quanto la loro enormità risulterà incomprensibile alla gran parte dei cittadini, affatto impreparati in questi argomenti. Si parla di cifre che, in vecchie lire, superano i 350 miliardi per velivolo, e con aumenti dell’81% sul costo iniziale previsto ma non si dice che questi costi si riferiscono ai velivoli della produzione iniziale e che, a programma avviato ad almeno il 50% degli ordini effettuati, esso diminuirà drasticamente. Il programma contempla la produzione di almeno 3000 velivoli, ma anche se ci dovessero essere delle contrazioni vistose, la quantità delle macchine sarebbe comunque sempre elevata e consentirebbe adeguati risparmi, su cui riteniamo però che nessuno può essere preciso. Le stime americane ufficiali parlano di 112,4 milioni di dollari per velivolo, calcolando anche i costi degli investimenti, ma per i critici questa è una cifra che sottostima in modo assoluto la reale crescita della spesa. Inoltre, il successo di un aereo che dovrebbe svolgere ruoli e missioni in scenari operativi molteplici e al tempo stesso dovrebbe concentrare su di un numero minore di mezzi il compito fino ad oggi svolto da una maggiore quantità di velivoli presuppone la realizzazione di una cellula di elevata affidabilità operativa. Solo a questa condizione il successo sarebbe tale, altrimenti le previste economie di scala non si realizzerebbero, in quanto l’F35, che rimarrà comunque molto costoso, dovrà essere assoggettato a più frequenti manutenzioni straordinarie e non offrirà l’affidabilità e l’efficienza tanto lungamente decantate come qualità di base. Stante al presente, fonti dell’USAF invece smentiscono le ottimistiche previsioni e parlano di un aggravio di spesa superiore del 30 – 40%. Se così dovesse essere in futuro, sarebbe un vero tonfo per tutti.
In tema di costi preventivati e di costi reali, il record spetta al caccia supersonico e stealth F22 Raptor, aereo che avrebbe dovuto equipaggiare gli stormi della difesa aerea a largo raggio dell’USAF dapprima con almeno 750 esemplari, poi scesi a 648 e poi ancora a 442, infine la produzione si è attestata fino ad oggi (pare in maniera definitiva) a poco più di 180. Un velivolo che avrebbe dovuto assicurare l’incontrastata superiorità aerea statunitense in tutti i cieli per i prossimi trent’anni e che avrebbe dovuto sostituire con un salto generazionale enorme gli F15 e … gli F14 Tomcat della marina rimasti senza un effettivo successore. Il nuovo velivolo, capostipite della cosiddetta V generazione, ha prestazioni nettamente superiori agli aerei russi più avanzati e all’EFA 2000 europeo. L’accrescimento dei costi dovuti alle incessanti innovazioni inserite e ai non meno incessanti problemi incontrati ha fatto lievitare il prezzo dei primi esemplari a metà del trascorso decennio, sempre in vecchie lire, ad oltre 800 miliardi a velivolo: il costo di una nave da guerra medio-piccola al completo delle suite di dotazioni elettroniche, degli armamenti e degli elicotteri imbarcati o al prezzo dello scafo di una portaerei! Non è incredibile? Oggi, l’F22, il cu costo reale medio si è definitivamente attestato sui 200 milioni di dollari, è considerato dall’USAF un aereo operativo … del quale ci si può fidare non molto. La drastica contrazione della produzione e i continui richiami per controlli fuori routine confermano che è stato un mezzo fallimento. L’estrema sofisticazione delle tecnologie non ancora allo stato dell’arte adottate ne è stata quasi certamente la causa.
Un qualcosa di simile, su proporzioni minori in riferimento ad una macchina più piccola ma non in riferimento al programma di produzione quantitativa e agli obiettivi prestazionali, ha riguardato e sta riguardando l’F 35. Un aereo ancora più rivoluzionario anche se non per l’impiego a largo raggio, nato per sostituire molti tipi di velivoli e standardizzare il più possibile le linee di volo. Ad esempio, in Italia esso verrebbe a sostituire gli AV-8 Harrier della Marina, gli AMX dell’aeronautica e perfino i Tornado; nel Regno Unito, verrebbe a sostituire oltre alla flotta di Harrier e di Tornado anche i Jaguar, negli USA interi settori d’impiego degli F 16 USAF e degli F18 Navy e dei marines per oltre 2400 macchine. Un mezzo multiruolo con spiccata peculiarità come cacciabombardiere tattico concepito su tre varianti: una convenzionale terrestre, una convenzionale navale per l’impiego su portaerei con catapulte, una per l’impiego su portaerei senza catapulte e portaelicotteri (con decollo corto e atterraggio verticale, STOVL). Il secondo aereo USA di V generazione, dunque, in cui sono associati partner di vario livello, con n testa il Regno Unito (attorno al 10% di investimenti nel progetto), seguito da Italia e Olanda(attorno al 4%) e altri partner: Turchia, Olanda, Danimarca, Norvegia, Canada, Australia. Israele di recente ha inoltrato un numeroso ordinativo. Anche Singapore ha inoltrato un ordinativo.
Non abbiamo titolo per entrare nelle specifiche tecniche, rileviamo solo come le controversi tra gli stessi specialisti sono serrate in merito ai ratei di salita e all’accelerazione e di confronto nel combattimento con il Sukoi 35 russo e come quest’aereo avrebbe, fra le tante peculiari diversità progettuali, un cockpit in cui sarebbero scomparsi strumenti per la prima volta configurati solo nel casco e nella visiera del pilota. Ci sarebbero, per gli esperti statunitensi, ben otto aree critiche del velivolo su cui la ditta costruttrice non ha posto ancora riparo, e che a poco vale la superiorità elettronica in caso di manifesta inferiorità delle prestazioni nel combattimento aereo. Anche qui, la sofisticazione di materiali non ancora sperimentati (non sono stati prodotti velivoli di pre-serie ) e l’eccessiva e disinvolta sicurezza dei progettisti e della direzione della Boeing in merito all’aerodinamica hanno fatto tutto il resto. Con la sicura passività delle autorità miliari di vertice e dei responsabili del potere decisionale, che rimane sempre politico.
In Italia, le esigenze oggettive portavano a dover programmare la sostituzione dei caccia leggeri VSTOL AV8 Harrier imbarcati sulla miniportaerei o sea control ship Garibaldi e quindi sulla portaerei leggera Cavour. Caso analogo alla Spagna (che non ha aderito al programma F 35), al Regno Unito (con gli Harrier di produzione propria: il velivolo in origine fu genialmente progettato e prodotto in Inghilterra tra fine anni ’50 e inizio anni ’60) e agli USA, che devono sostituire l’enorme flotta aerea degli Harrier dei marines. Ma la programmazione interforze ha portato anche l’AMI a scegliere di adottare l’F 35 in due versioni. Per un totale di 131 mezzi al costo complessivo di 12,9 miliardi di euro ridotti recentemente a 60 della versione A e 30 della versione VSTOL, dopo le disamine e i susseguenti tagli decisi dal governo e dal consiglio supremo di difesa imposte a causa della grave crisi economica. Ed è qui che nasce il caso italiano.
Perché mai nasce il caso italiano? Semplice. Per quanto è da chiedersi perché mai non si sia cercato da parte americana di realizzare una nuova generazione di velivolo nata direttamente dall’AV 8 Harrier Plus o di realizzare ex novo un aereo dalle prestazioni meno spinte, è da chiedersi soprattutto perché mai la Difesa italiana abbia esteso anche all’aeronautica l’acquisizione dell’F35, che altrimenti sarebbe stato acquistato solo dalla marina (l’AMI avrebbe potuto comunque procedere all’acquisto di un piccolo lotto di questi STOVL nel caso di future esigenze operative congiunte in teatri lontani).
Con tale condizione, l’esposizione italiana, non solo finanziaria, verso gli Stati Uniti sarebbe stata enormemente minore. Inoltre, l’Italia non avrebbe avuto motivo di accedere al programma multinazionale come socio con così gravosi esborsi per investimenti che avranno ricadute lavorative qualitativamente non importanti, ricadute lavorative da manodopera a basso tasso specialistico. Infatti, la cosa più importante di tutto quest’affaire, che non viene quasi mai neppure citata dalla sinistra estrema e dagli altri demagoghi, è che nel contratto dell’F 35 tutta la parte dedicata ai sistemi più avanzati è coperta dal “segreto”. Ciò significa che gli altri partner sono assolutamente esclusi dal reale accesso alla conoscenza di questi apparati. Nessun beneficio essi ne possono trarre da “brevetti” esclusivi e segreti. Il ruolo di questi soci subalterni, detto in maniera cruda ma veritiera, è quello di utili idioti. Ciononostante, anche le forze armate americana hanno di che lamentarsi, visto il grado di poca affidabilità dei primi velivoli prodotti e i rischi che la cellula presenta perfino per il non buono isolamento dei serbatoi interni. Il contratto è visto come un vero capestro per gli esborsi che comporta l’affare del secolo.

 

 

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Eurofighter EFA 2000

 

 

L’Europa della Libertà

Finmeccanica ricopre una quota leader nell’elettronica e nell’avionica dell’Efa

15 novembre 2009

Fonte: Finmeccanica

SELEX Galileo si aggiudica un contratto da BAE Systems del valore di oltre 350 milioni di sterline per il supporto del radar Captor e del DASS dell’Eurofighter

SELEX Galileo, insieme ad altre aziende partner, si è aggiudicata un contratto da BAE Systems della durata di 5 anni per un valore di oltre 350 milioni di sterline per attività di supporto del sistema radar Captor e del “Defense Aids System” Praetorian dei velivoli Eurofighter Typhoon in servizio presso le forze aree dei 4 paesi partner: Germania, Italia, Inghilterra e Spagna.SELEX Galileo ha collaborato con BAE Systems e con i Ministeri della Difesa britannico, tedesco, italiano e spagnolo con un approccio innovativo volto a fornire un servizio di supporto logistico integrato in grado di ridurre i costi di manutenzione e di riparazione dei velivoli delle 4 nazioni partner, accrescendone la disponibilità operativa.SELEX Galileo è a capo dei consorzi EuroRADAR (SELEX Galileo, EADS e Indra Sistemas) e EuroDASS (SELEX Galileo, Elettronica, Indra Sistemas e EADS) – design authorities per il Captor e per il Praetorian. In particolare, il consorzio EuroRADAR progetta, sviluppa e produce il radar multimode Captor, mentre EuroDASS realizza e fornisce il sistema di difesa integrato Praetorian, in grado di garantire la sopravvivenza dell’aereo anche negli scenari operativi più complessi.

 

Oltre a EuroDASS e a EuroRADAR¸ SELEX Galileo guida il consorzio EuroFIRST, per la progettazione e lo sviluppo del PIRATE, il sistema all’infrarosso in grado di scoprire e inseguire potenziali minacce e di fornire l’immagine FLIR. Infine SELEX Galileo è responsabile dello sviluppo di apparati avionici del cockpit display system, del sistema di navigazione, del weapon management system e del sistema di controllo del volo. Le attività di SELEX Galileo legate al Typhoon sono svolte presso gli stabilimenti dell’azienda in Italia e nel Regno Unito.

Il Gruppo Finmeccanica partecipa al programma Eurofighter con una quota industriale all’incirca del 36% (esclusa la parte motoristica), svolgendo un importante ruolo nella definizione, progettazione, sviluppo e produzione del velivolo per la parte aerostrutturale, di integrazione dei sistemi e per l’avionica. 
 
La quota di Finmeccanica nell’elettronica di bordo del Typhoon è superiore al 60%.