(fonti: Parvapolis, Notiziario Italo-germanico)
Oggi a Varsavia pare che regni un altro clima. Ma è così anche a Londra?
A suo tempo, forse un po’ sottovalutando =a portata del parziale “niet” al vertice di Nizza, espresso dagli esiti =egativi dei referendum in Francia e in Olanda, avevo scritto che ciò era nulla di =rave e che era da considerare come la foratura di uno pneumatico. In effetti, =a litigiosità interna e l’inadeguato amalgama, palesatisi ad esempio =on la più che mattacchiona e sciovinista conduzione politica della Polonia con i =ue famigerati gemelli al potere a Varsavia, ha accentuato le condizioni di =risi a breve e medio termine del processo di rafforzamento interno e di =mpliamento del processo unitario. Oggi a Varsavia pare che regni un altro clima. Ma è =osì anche a Londra? Ci sarà da chiederselo per i prossimi anni, anche con apprensione. Infatti, un altro colpo basso al processo unitario nelle =asi già concluse è venuto proprio da Blair, prima che lasciasse il potere, con =l bloccare, con il nuovo Trattato di Lisbona, la già avvenuta adozione =ella bandiera e dell’inno dell’Unione. Passo indietro terribile sul piano =ormale. Ma non su quello sostanziale, comunque. Infatti, questi simboli sono stati =ubito recepiti e fatti propri dai diversi popoli europei con grande =pontaneità e convinta adesione. Certo, rimane il colpo inferto solo per accontentare =li antieuropeisti d’oltre Manica. Questi avvenimenti hanno sicuramente =nteragito in maniera fortemente negativa, tanto che anche il nuovo inquilino =ell’Eliseo ha espresso pareri poco promettenti sull’evoluzione futura della =olitica dell’Unione. Per fortuna, alcuni ottimisti, come gli italiani, con il =oro Presidente della Repubblica Napolitano, non hanno perso l’occasione =er rilanciare nelle sedi appropriate entusiasmo, idealità e razionali =sigenze di necessità politica a che il processo possa ritrovare a breve nuovo =lancio. Ciò ha pieno riscontro, entro un panorama di 360°, con quanto ha appena =etto il ministro degli Esteri italiano, Frattini, e cioè che l’Unione =uropea non può essere solo “consumatrice” degli equilibri planetari sinora =arantiti dagli USA, ma che essa deve diventare co-protagonista e co-responsabile a tutti i =ivelli con Washington. Ma per fare questo, sappiamo, che essa deve diventare =uanto prima un effettivo soggetto politico a tutto tondo, in grado di =sprimere una politica estera e di difesa comune. Su questo, non basta la ciliegina =ata da Sarkozy e da Bush all’Italia con il dare il loro assenso a che essa =accia parte del club che tratta con gli iraniani per la faccenda del nucleare, =icché il quintetto diventa un sestetto. I problemi che gravano sugli scenari internazionali sono sempre più gravidi di rischi di involuzioni e di =ericolose crisi a carattere regionale, in particolare in Asia e nell’Oceano =ndiano. Crisi di natura energetica, ma crisi, in Africa, di natura sia economica che =ncor più umanitaria. Di fronte a tutto questo l’Unione Europea deve rilanciare =ia le sue vitalità e idealità che ardire ad ambire a nuove prospettive. Questo =uol dire avere da un lato la capacità di convincere gli USA (con il loro =rossimo presidente che si spera che sia meno oltranzista e meno schierato) a =aper riscrivere intere pagine della strategia planetaria e delle priorità =i alcune strategie regionali; e dall’altro di sapere rilanciare una politica di =perta collaborazione con un partner Nato “privilegiato” solo a parole, ma =ella realtà cacciato da Bush dalla porta di servizio: la Russia. Bisogna ascoltare =e ragioni di Mosca, ragioni che, se ritenute giustificate, vanno =ispettate e fatte proprie. Ragioni sia nell’ambito più marcatamente =trategico-militare, sia in quello del mercato dei commerci mondiali, sia nei “diktat” =mposti dagli USA e dalla Nato alla Serbia. La distruttività dell’azione =ell’amministrazione di Bush infatti in questo campo è sotto gli occhi di tutti.
L’Europa =eve saper guardare oltre e alto. Per questo non può che essere respinta la =anfaluca di Sarkozy di creare due Unioni evirate, quella Europea e quella =editerranea. La politica apparentemente ambiziosa ma in realtà sciovinista e retrò =el nuovo presidente francese ha i piedi d’argilla e manca sia di concretezza =he di prospettiva storica e “futuribile”. Per questo, va anche rigettata =a sua idea di proporre in Francia una nuova legge anti-UE del futuro, con =’arzigogolo della ghigliottina referendaria per un Paese che superi il 5% della =opolazione dell’Unione. Sarkozy manca di prospettive e ama i bagni =ell’avanspettacolo, mentre scivola pericolosamente su un pavimento che ha ben saponato e che =o allontana dal centro dell’Europa, il cui cuore è la laicità, la =ui calamita è l’unione, la comunità di popoli legati da differenze che sanno =oesistere e superare le barriere storiche, religiose, ideologiche. E’ per questo =he una delle tappe più importanti, ambiziose e al tempo stesso estremamente =ealistiche in chiave di prospettiva concreta dell’evoluzione futura della =iviltà euro-mediterranea è quella dell’ingresso della Turchia nell’Unione =uropea. Tappa che dovrebbe avvenire non oltre il 2025, a cui tutti si devono =reparare e a cui già da adesso devono fortemente concorrere. Attraverso =’ingresso della Turchia e con il contemporaneo rafforzamento dei rapporti con le atre =azioni mediterranee già associate alla UE, si potrà guardare alla soglia =ella metà secolo, da cui dipenderà l’ulteriore evoluzione sociale, culturale, =olitica, civile dei popoli della costa nordafricana e del Vicino Oriente in =uello che dovrebbe portare a qualcosa che oggi pare poco credibile, ovvero al =ecupero di quell’unità che andò perduta quando si affermarono gli =sclusivismi e i fanatismi religiosi, alla fine dell’età tardo-antica. Mentre gli Usa =i volgono sempre più ad Oriente e all’Oceano Pacifico, mentre diventa sempre =iù cruda attualità quella di cui scriveva Braudel già oltre venti anni =ddietro, e cioè la marginalizzazione dell’Europa nel contesto planetario =93addensato” tra Cina (il cui regime ha dimostrato la prima crepa nell’affaire Tibet, sulla =ui sanguinosa invasione e occupazione aveva calato una cinquantennale =oltre del silenzio; e altre ne mostrerà negli anni a venire) India, Giappone, =sa e Tigri d’Oriente minori, è bene i politici europei facciano bagni di =urificazione e comincino a capire con quali velocità avvengono le trasformazioni internazionali, mentre qui essi rimangono inchiodati a problemi pseudo ideologici e da post guerra fredda. A proposito della metafora dei bagni =i purificazione. Non si può far finta di dimenticare che un Paese adesso =saltato come unica democrazia nel Vicino Oriente sia prima e soprattutto una =oinè confessionale fortemente caratterizzata dal dato religioso. Per essa, vi =ono due “simul stabunt”: sua effettiva laicizzazione, sua effettiva =oesistenza con la Repubblica di Palestina, a cui andrebbero (vanno) restituiti tutti i territori e garantiti molteplici corridoi smilitarizzati =all’entroterra al mare. Solo questa definitiva coesistenza non sulla carta ma sul =erritorio può garantire a questa gente, a questa “insalata russa” ultima eredità =omantica del nazionalismo e del colonialismo europeo proprio delle comunità =sraelitiche e coniugata in salsa chiliastico-nazionalistica un futuro proprio di un =opolo. Solo il suo coraggio può disinnescare destini tragici per tanti. Solo =a sua non tardiva avvedutezza può liberare l’Europa presente dalla palla al =iede con cui la tiene ormai stupidamente addomesticata; e il mondo islamico, Persia =ompresa, dal cul de sac in cui ha contribuito tanto a farli cacciare dall’età =ella diplomazia di Kissinger in poi: ognuno con le proprie ragioni, e non =oltanto con i torti. E le ragioni non stanno certo a Tel Aviv e a Washington, se =on di rado e nei limiti di una strumentalità che non avrà strada lunga, =nche se a tutt’oggi favorita da una fanatica e generalizzata reattività =critica dell’integralismo islamico. Solo dopo, soltanto dopo si potrà =arlare di inserire questo lembo di terra e queste comunità non ancora popolo ma =ente soggetta alle suggestioni dell’idea della conquista di un sacro =93Near and Far Est” di David nell’Unione.
Il futuro effettivo delle prossime =ue generazioni di europei e della loro Unione è legato indissolubilmente = queste linee direttrici, qui massimamente esemplificate. Non si tratta di =topia, ma di reale visione storica, come ebbe ad anticipare Ernst Junger. In tutto =uesto, per Eufrasia – Europa-Africa-Asia – il cui ombelico è il =editerraneo, i compiti di Londra, Parigi, Roma, Madrid sono enormi. Quelli di Berlino ancora =aggiori. Ma esse devono definitivamente superare gli steccati dei =93provincialismi” postcoloniali o da piccole potenze atomiche e/o economiche. Una matura =uropa, un’Europa delle Patrie, non può che ripartire e ricomprendere i =imes romani. E nell’Oceano Indiano incontrarsi con Teheran (il cui regime non sarà =erenne) e New Delhi, con cui sarà obbligata a dialogare e condividere risorse e =ibertà di mari e di commerci. Come a Nord con la Russia, la quale potrebbe e =ovrebbe diventare prima complemento e poi anello di congiunzione maturo e =efinitivo dell’Unione stessa.