DESTRA EUFRASIA – ITALIA FUTURA

Cari amici,
questo documento politico è la sintesi di un qualcosa che non potrebbe mai risultare completo. In esso non si parla di cose molto importanti, come ad esempio la bioetica. Per questo, è indubbiamente un documento aperto. In esso comunque si parla di altre cose importanti, su di cui ho avuto motivo ed occasione di discutere.                            Sul piano storico, ritengo di avere messo in luce in maniera assolutamente non equivoca e schietta punti fondamentali che non possono essere più elusi dalla coscienza nazionale, oltre ogni orientamento e differenza politica dell’Italia odierna così come da una seria e distaccata analisi degli avvenimenti. Gli amici che fra di noi hanno una precedente  e differente estrazione politico-ideologica  ritengo che potranno testimoniare in maniera affatto positiva quanto dico.
Sul piano politico, avanzo della analisi delle prospettive e delle ipotesi del tutto fondate e coerenti con le premesse ideali da cui muovo e da cui muoviamo, presentando sviluppi e possibilità ulteriori anche assolutamente originali e realistiche. Alcune di esse possono risultare condivisibili da una platea più ampia di persone, anche all’interno del Popolo della Libertà e al di fuori. Esse, se condivise da Silvio Berlusconi, possono contribuire sin da subito a migliorare il rendimento dell’esecutivo e ad “attrezzarlo” meglio in termini di fisiologia istituzionale ed operativi. Altri aspetti di tale natura non li ho qui presentati, ma li ho già veicolati all’amico on. Stefano Zappalà, capogruppo di Forza Italia – Popolo della Libertà al Parlamento Europeo, come a diversi fra di voi. Un’idea fra le più qualificanti in particolare  è quella relativa alla realizzazione di un settore d’interfaccia della Presidenza del Consiglio, con cui verrebbe rafforzato in maniera stimolante e incisiva il ruolo del premier; modalità atta a snellire e a non far dormire iter di qualsiasi natura presso qualsiasi ministero e struttura pubblica, e ad avvicinare potentemente le istituzioni al cittadino. Di ciò non posso che menar vanto ideativo assieme a voi, specie in relazione ai suoi sviluppi, e con DESTRA EUFRASIA – ITALIA FUTURA spero di potere spingere verso la concretezza l’idea, dal momento in cui potremo addivenire con il premier Silvio Berlusconi e con il Popolo della Libertà ad una cordiale e amicale intesa per confluire in esso. Altri aspetti che sono stati da me comunicati a voi, preferisco non presentarli in questo momento, perché, mentre non risultano rilevanti per il  profilo di quanto è delineato nelle pagine seguenti, una loro divulgazione prematura in questo momento non potrebbe che fare predisporre le prime contromisure da parte delle lobby politico-parlametari e dell’alta burocrazia. E Berlusconi comincerebbe ad essere messo sotto eccessivo pressing sin d’ora.
In nessuna delle pagine seguenti avrete un riferimento esplicito o implicito alla condizione dell’indebitamento pubblico e all’esigenza primaria del rientro entro fine secolo. Essa è ormai nozione comune, che agisce e opera anche a livello inconscio. I limiti di spesa centrali e periferici sono perciò sempre più esigui. Ciononostante, le sacche degli sperperi e delle giungle retributive (RAI, consigli di amministrazione di aziende a capitale pubblico, enti e regioni in testa) persistono, accentuando ed esasperando le nequizie che si accumulano da decenni e di cui è responsabile esclusivo il mondo politico. La guerra combattuta lungamente fra DC e PCI lo fu sul terreno del (falso) benessere sociale diffuso: quasi tutto fu fatto elargendo standard di vita elevati e consumismo sfrenato sia ai loro clan sia alle masse, impensabili altrove in Europa, e ricorrendo a sistematici, abissali indebitamenti. Pendant diretto della partitocrazia fu ed ancora è la degenerazione totale dello strumento sindacale, emblematicamente rappresentato dalla trimurti sindacale.
Stabilita in maniera chiara la nostra provenienza, stabilito chi siamo, stabilito cosa intendiamo fare  e con chi farlo, in una più ampia interazione di uomini di gruppi e di idee, non possiamo avere paura e non dobbiamo avere paura di cambi di denominazioni. Bisogna evitare che, in certi momenti della storia, proprio quando è necessario e doveroso compiere passi importanti per tutti, ci si perda in battaglie nominanilistiche.
A proposito di nomi. Eufrasia è nome femminile antico e bello. Esso deriva da una pianta che da tempo immemorabile serve per lenire dolori agli occhi. Essa è una pianta beneaugurante perché simbolicamente rafforza la vista e, in senso traslato, la chiaroveggenza e la saggezza. Sin dalle età più antiche dei popoli che vanno dall’India all’Occidente, il vedere è  infatti direttamente collegato all’espressione più elevata dell’attività razionale dell’uomo.
Eufrasia è anche il condensato delle passioni e delle aspettative che nutriamo di potere conseguire dal nostro impegno e da quello delle future generazioni dei popoli dell’Unione Europea e di quelli del Mediterraneo in essa ancora non inclusi. Un grande, immenso bacino di civiltà e di fratellanza di popoli che sin da adesso vede la sua anticipazione: la sicurezza esterna e delle linee di rifornimento energetico e marittimo italiana e dell’Unione tutta ha la proiezione oceanica nelle acque equatoriali di Atlantico e Indiano.
In relazione alla crisi in atto su Abkhazia e Ossezia meridionale, risultano incontrollate e fuori di misura le affermazioni del presidente francese Sarkozy e del suo ministro degli esteri. Esse generano stupore e dolore, risultano quasi incredibili, sono espressione di fazioso livore ed hanno tono e significato in piena sintonia con quelle non meno gravi ed unilaterali dell’amministrazione americana. Non possiamo e non dobbiamo pensare che Bush, la Nato e l’Unione Europea possano arrogarsi il diritto di disegnare quasi a loro piacimento il mondo e di programmarne non meno a piacimento i cambiamenti. Sono questi momenti in cui un ritorno di saggezza nelle cancellerie occidentali e nei fori internazionali sarebbe essenziale come il sale. Non sappiamo cosa potrà fare l’Italia. Ma è sicuro che il premier Silvio Berlusconi, con l’aperto e attivo contributo del Capo dello Stato, possa e debba tentare di avvicinare le parti, possa e debba tentare di smussare e correggere gli aspetti più aggressivi della politica occidentale per porre fine al reale isolamento e accerchiamento messo in atto nei confronti della Russia.
Queste scelte “neo-con” dell’amministrazione Bush, non realistiche e non conservatrici nel sano e giusto senso della parola, hanno da tempo piegato ed appiattito le cancellerie europee. E’ forse giunto il momento di saper esprimere un proprio pensiero, in autonomia dall’alleato americano, il quale va convinto e persuaso  di non essere infallibile e di dovere cominciare a rivedere un po’ tutto.
Roma, 24 agosto 2008

Domenico Cambareri

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