L’Italia deve continuare ad essere partner particolarmente attivo e creativo nel contesto della politica comunitaria che guarda al futuro prossimo e non dell’Unione. Noi, già prima della nascita di ITALIA FUTURA – PER EUFRASIA, abbiamo battuto molte volte su questo importantissimo tema in cui abbiamo anche anticipato i tempi e le scelte degli altri. Ad iniziare dall’allargamento alla Turchia (che dovrà risolvere comunque sue interne contraddizioni e darsi risposte definitive in merito ai diritti di armeni, curdi e greci, e con coraggio superare sue empasse etniche, cioé di natura identitaria)ad iniziare dalla particolare e speciale attenzione che deve essere data alle relazioni con la Russia, in primis nell’intesa per duraturi e condivisi equilibri geopolitici dell’Europa centro-orientale e del Vicino Oriente, equilibri che portino definitivamente l’Unione Europea e gli Sati Uniti a considerare Mosca amica credibile e alleata solidale. Gli odierni giorni di crisi con la Russia per la questione osseto – abkhaza ci devono fare capire che non basta elogiare la discussione per la discussione, i colloqui per i colloqui, la trattativa per la trattativa. Bisogna riconoscere i propri errori, i propri torti, e cercare di emendarli. Bisogna riconoscere come non mai le ragioni altrui. Anche se i torti sono della Nato e degli Usa. Non si può garantire tutta l’eredità a qualsiasi costo delle “sovranità” statuali di origine stalinista ad onta dei diritti delle nazionalità. Non si può difendere un paradosso storico solo per nostro comodo. Non per questo il popolo e la nazione georgiani ci sono meno cari. USA e Nato ed Unione Europea hanno stracciato il diritto internazionale nei Balcani: tutti sanno, anche al di fuori del pianeta, che il Kosovo è un’entità non solo artificiale ma addirittura un’entità spettrale. E’ irraffrontabile l’irresponsabilità e la gravità delle scelte e delle decisioni nostre, occidentali, rimasti volenterosi vittime sin dall’inizio di gruppuscoli ferocissimi di albanesi del Kosovo, come ebbe a testimoniare l’artefice prima delle nostre nequizie, l’allora segretario di Stato americano Allbright. Già nel contesto della questo della difesa antimissilistica, USA e Unione Europea hanno colpe lapalissiane nel non avere voluto operare congiuntamente con i russi, anzi avere fatto sì che tutto venisse e venga fatto materialmente soltanto dagli americani. Già da tempo, in riferimento all’ingresso “bloccato” della Russia nel WTO, l’organizzazione mondiale dei commerci in cui hanno ammesso la Cina da due anni, assistiamo ad una sceneggiata inqualificabile. E’ bene che si cambi musica. L’Unione Europea deve sapersi dare un’anima, certo. Ma questa necessità intima non va confusa con la demagogia di chi dice che all’Europa dei burocrati deve sostituirsi l’Europa dei popoli. Non bisogna cadere nel gioco di chi utilizza le parole a proprio piacimento. L’Europa che si sta realizzando è l’Europa dei popoli e per i popoli. Con tante difficoltà e con tante contraddizioni interne. Ma così è. Chi parla semplicisticamente dell’ Europa dei popoli, in altri contesti tematicamente non dissimili è pronto spesso, guarda caso, ad esaltare il ruolo esclusivo dei grandi personaggi e delle élites. Questa Europa è il risultato dei nostri frutti e della qualità dei nostri sforzi. Essa è il risultato di ciò che facciamo, essa è ciò che ci meritiamo. E’ da dire semmai che essa va migliorata e per essa dobbiamo al meglio operare. Bisogna quindi capire che regole e strumenti in apparenza democratici possono arrecare danni non lievi. E’ come il caso italiano della democrazia formale e della democrazia sostanziale divorate dalla partitocrazia e dal formalismo apparentemente perfetto del bicameralismo perfetto.
Oggi viviamo in un’epoca in cui quasi scriteriatamente si declamano con boria incontenibile i toccasana del liberismo e di esso se ne fa una verità indiscutibile. Noi affermiamo invece che la libera circolazione dei prodotti, delle monete, dei beni e dei profitti in un mondo globalizzato e virtualizzato non può sottrarsi per dogma al ruolo di controllo e di responsabilità che spetta ai governi. Le recenti e ripetute crisi nei più diversi contesti dell’odierno mondo globalizzato che hanno per di più ripetutamente colpito i “santuari” mondiali del liberismo, Stati Uniti e Regno Unito, confermano quanto qui diciamo e distruggono le pretese esclusiviste degli ideologi del liberismo. L’Unione Europea deve fare tesoro di tutto questo. Libero mercato e libera circolazione delle persone e dei prodotti non significa e non deve significare perciò mancanza di regole e diritto di controlli estesi e severi, non significa e non deve significare rinuncia alla saggezza e alla certezza della non mai assolutamente certa esaustività delle risposte che danno le previsioni e le certificazioni. Non dimentichiamo questa lezione: ancora una volta i governi di queste due nazioni sono stati costretti e sono costretti dalle conseguenze rovinose prodotte dall’implacabile dogma del lasciar fare sempre e comunque ad intervenire più volte, con provvedimenti urgenti ancora in essere e con probabili provvedimenti ulteriori, atti a tutelare economicamente l’interesse dei danneggiati, delle comunità, degli Stati.
Deve essere scontato che l’intervento dello Stato, degli Stati, dell’Unione si deve muovere entro cornici di natura non invasiva e paralizzante. Le regole devono essere dettate da esigenze di natura strettamente operativa, atte a salvaguardare la trasparenza e la legalità delle operazioni economiche e a sottoporle alla tassazione secondo le norme vigenti, oltre che di natura solidaristica entro limiti marginali e non rigidamente redistributivi. Regole che preservano il diritto alla proprietà e al libero e lecito conseguimento dei profitti del lavoro e dell’investimento. L’intromissione nel merito deve essere contenuta il più possibile, salvo laddove esigenze pressanti di interesse collettivo e di interesse nazionale impongano di procedere con passi diversi per periodi di tempo il più possibile circoscritti.