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La protezione della natura, dell’ambiente, della salute degli uomini e degli animali in tutte le forme che via via la scienza e la tecnica rendono possibile è necessità inderogabile primaria. Di fronte a ciò la stessa tecnologia e i processi di produzione industriale e di altra natura devono assumere posizione non ostativa, di recezione delle sensibilità e delle problematiche connesse e di doverosa collaborazione. Va combattuta e stroncata con fermezza la bramosia del profitto che persegue azioni criminose a danno della salute degli uomini e degli animali, in particolare nell’industria alimentare. Le linee di comunicazione, vere e proprie ferite arrecate al territorio e alla natura anche se indispensabili per le attività umane, devono essere realizzate soddisfacendo la condizione di preservare la possibilità di transito agli animali, con piccoli tunnel, e perfino all’uomo stesso. Bisogna al tempo stesso evitare di cadere in eccessi quali quelli relativi all’intoccabilità paesaggistica, quale ad esempio è il caso del no all’installazione di torri eoliche per la produzione di energia pulita. In regioni europee ricche di storia e di bei paesaggi, ciò non ha destato scalpore ed opposizione. Lo stesso patrimonio artistico-ambientale italiano è spesso il risultato di stratificazione di opere umane. La legislazione deve essere incessantemente adeguata agli sviluppi in atto e futuri, per pervenire ad una radicale trasformazione dell’attuale forma mentis. Non si tratta di ridurre, in tutto ciò, la disumanizzazione della società avanzata, si tratta di molto di più: di preservare in maniera attiva l’equilibrio della natura, fonte onnicomprensiva di vita.
Le possibili e imprevedibili conseguenze di prolungate crisi energetiche impongono l’avvio della costruzione di nuove centrali nucleari. Non si possono aspettare le centrali di quarta generazione. La nostra Nazione è la più sovraesposta, la più vulnerabile fra tutte. Bisogna al contempo avviare un programma nazionale decennale con cui realizzare una diffusione capillare, generalizzata dell’utilizzazione dei pannelli solari per produzione di acqua calda a livello familiare. Gli investimenti per pannelli fotovoltaici devono seguire subito a ruota, e laddove è possibile, in funzione della produzione di maggiori quantità di energia, essere immediatamente consentiti, soprattutto lungo le fasce costiere, garantendo ulteriori, forti abbassamenti dei costi degli impianti.
Deve essere mantenuta, tutelata e ravvivata la presenza delle “golden share” nelle industrie e attività in cui entrano in gioco il “kow how “più avanzato e gli interessi legati alla difesa e alla sicurezza energetica. La presenza del capitale pubblico non ha escluso e non esclude alle capacità progettuali, innovative e produttive di mezzi di rimanere all’avanguardia mondiale e di concorrere nel migliore dei modi nei mercati internazionali. Per di più, in questo ambito, esistono e si vanno rafforzando alleanze industriali multinazionali in ambito comunitario e transatlantico.
In riferimento ai disastri consumati per decenni dalla partitocrazia con la sindacalizzazione di comodo, demotivazione, clienterizzazione della Pubblica Amminisrazione, con lo stimolare parassitismo e disfattismo e con l’attuare la correlativa compressione retributiva, è bene essere estremamente precisi, anche se questo documento non è una piattaforma di rivendicazione dei dipendenti pubblici. E’ indifferibile una nuova legge sulla dirigenza pubblica, o meglio, su tutto il personale pubblico e parapubblico. L’aver adeguato, dai primi anni novanta agli interventi conclusivi di Bassanini, esclusivamente il ruolo della dirigenza, e l’averlo per di più adeguato solo alle esigenze funzionali e indicibili del mondo politico, ha provocato disastri ed iniquità enormi in tutta la pubblica amministrazione. La logica collusiva della partitocrazia è stata ed è ancora dirompente. Essa, negli ambiti delle aziende con capitale pubblico, delle regioni e degli enti locali è addirittura diventata parossistica, abbattendo ogni limite anche di fronte a ciò che comunemente si chiama scandalo. E’ doveroso congelare per anni gli emolumenti, rivedere profondamente gli inquadramenti, legiferare secondo condizioni di urgenza ed eccezionalità per bocciare sanatorie già avvenute e sanatori in predicato. E’ di pari doveroso rendere giustizia ai ruoli dei funzionari che reggono le sorti delle amministrazioni pubbliche e che da decenni sono stati sempre più declassati e sacrificati alla smania di potenza della burocrazia asservita alla funzionalità della partitocrazia; è doveroso omogeneizzare i trattamenti dei dipendenti delle regioni e delle aziende parapubbliche con quelli dei ministeriali, i quali nulla devono avere a perdere in termini economici nelle comparazioni retributive.
La Scuola, la funzione docente, i Professori delle Secondarie costituiscono altro scandaloso capitolo in cui troviamo associati in negativo tutti i governi della Repubblica. E’ inaudita la misconoscenza dei problemi, da parte dei legislatori e dei ministri, l’ignoranza dei costi che essa richiede (il recupero e l’adeguamento del patrimonio edilizio si misura con cifre ingenti su cui nessun ministro dell’Economia si è confrontato mai per ottusità e ignoranza). Ogni manovra finanziarie ed ogni fallimento politico è stato sempre pagato con congrui e incessanti tagli retributivi al personale docente, che da trenta e più anni è il meno pagato di tutto il mondo occidentale. Non bastano i silenzi, non bastano le scuse, non bastano le stupide e gelide battute espresse da professionisti e lavoratori dei più diversi settori del mondo lavorativo e politico, tutti indefessamente e fissamente associati all’eredità della comunistizzazione mentale operata dal PCI e dai sindacati confederali, CGIL in testa. Comunistizzazione e cervelli all’ammasso, processo a cui non si sono minimamente sottratti proprio parte dei Professori, spesso vittime consenzienti. Rimane, ciononostante, un debito immenso mai saldato e mai riconosciuto dal Palazzo e dal Paese, dagli italiani tutti a questa categoria centrale e assolutamente strategica per la vita futura della Nazione. Il ruolo della Docenza deve tornare a splendere in tutta la sua importanza e in tutto il suo riconoscimento, per questo essa va immediatamente gratificata, tutelata dal sindacalismo corrivo e dai processi di burocratizzazione e dalle interferenze burocratiche, verificata per appurare la certezza della trasmissione qualitativa del rapporto formativo docente-alunni. Va garantito il diritto di non frequentare il doposcuola nel ciclo primario, va preservata per la funzionalità ai fini didattici la prosecuzione dell’orario di studio antimeridiano nel ciclo secondario. Nel ciclo primario, devono essere rivisti con urgenza programmi e utilizzazione del personale, secondo principi di qualità ed economicità, ponendo termine alla molteplicità dei maestri per classe. All’Università, dopo leggi molto allegre relative al gonfiamento degli organici e alla distruzione qualitativa dei corsi di laurea, bisogna applicare rigide logiche finanziarie e qualitative per fare fuori le lobby partitiche che vi operano.
Va varata una legge generale sulla docenza, dalle primarie all’Università, con autonomia normativa e retributiva sganciata dal Pubblico Impiego, va abbattuto con immediatezza il distruttivo e imperante processo di burocratizzazione della Scuola e dell’insegnamento, vanno ripristinati come misura tampone i parametri per lo sviluppo della carriera di Maestri, Direttori didattici, Professori, Presidi con il ripristino degli agganci, va abolita la vigente dirigenza unica di Presidi e Direttori didattici, e, soprattutto, sul modello dei Paesi latini dell’Unione Europea, dei primari sanitari, dei Presidi di Facoltà, il Direttore didattico e il Preside cessano di essere un burocrate a tempo pieno ed hanno l’obbligo di conservare il ruolo docente attivo per un monte ore settimanale minimo.
Bisogna accentuare il processo di razionalizzazione e di qualificazione dell’immensa spesa sanitaria. Conservare e migliorare la qualità del sistema sanitario non contraddice il taglio della spesa: essa è immensa, gli sperperi ancora di più.
Conclusioni. L’Italia e l’Europa di oggi e alcuni dei loro problemi. Per una difesa europea, per una sola voce europea.
L’allargamento dell’Unione è stato fatto, anche se con obiettive necessità, in maniera molto precipitosa. Quantomeno però i responsabili delle politiche nazionali avrebbero dovuto prima in tutta fretta approvare normative e strumenti che oggi sarebbero già operativi, ad esempio quello della maggioranza qualificata sulla base della data dell’appartenenza all’Unione e quello della popolazione. E’ necessario, urgente, addivenire almeno ad un’Europa a doppia velocità. Sarebbe stato estremamente utile ed esemplificativo di tante cose anche arrivare ad un’Europa non così atomizzata e al tempo stesso dispendiosa per i costi delle sue strutture per una malintesa democrazia di “parità tra i popoli”, con Malta (e la Corsica) reintegrata nella madrepatria Italia, con i tre piccoli Paesi baltici (Lettonia, Estonia e Lituania) dapprima federati in un’unica entità statuale, con la Slovenia, in maniera non dissimile, liberamente federata ad altri (l’Austria?). Con il superamento dei lascito coloniali come quello di Gibilterra. Sarebbe stato, cosa che non dovrebbe precludere in futuro, in un’Europa ben salda e affratellata, un passaggio interno di tal fatta.
Il problema irrisolto rimane quello della non disponibilità britannica e francese ad arrivare a costituire l’Europa Unita in termini compiuti, ossia con una politica estera e di difesa comuni. E’ su questo tasto che bisogna battere. E per farlo, è bene intanto che Germania, Italia e Spagna partecipino con sempre maggiori oneri alla politica della sicurezza e degli equilibri planetari, consentendo in pari tempo all’alleato americano costi e, alla lunga, profilo meno vistosi. E’cioè preliminarmente necessario che i livelli qualitativi delle forze e degli equipaggiamenti messi in campo da queste tre Nazioni siano, in termini di raffronto percentuale, paritari a quelli inglesi e francesi. Ed è qui che ancora oggi casca l’asino. Parigi e Londra devono prendere comunque atto, speriamo quanto prima, che la loro grandeur è qualcosa che sa da operetta, che esse di fronte alle decisioni USA sono realtà ininfluenti e che, di fronte alla potenza già emersa di Cina e India, nei teatri orientali possono soltanto svolgere il ruolo di piccole cannoniere fluviali. Rimane da parlare del Consiglio di sicurezza dell’ONU. La sua riforma è sempre bloccata. Quanto di ciò è colpa di Parigi e Londra? Quando questi governo accetteranno l’idea che lì debba sedere un solo rappresentante, quello dell’Unione Europea?
In tutto quello che abbiamo detto e un tutto quello che c’è ancora da dire a livello internazionale, l’Italia ha un ruolo da svolgere, di proposte di stimolo di esempi da dare. Le prove che ci attendono in politica interna non sono minori. La gravità delle condizioni in cui versiamo è acclarata e incontestata. La possibilità le condizioni le idee per superare queste condizioni ci sono, noi le abbiamo. E’ per tutto questo che siamo pronti a dire a Silvio Berlusconi: se cerchi ottimi amici, se vuoi ottimi interlocutori e cooperatori, nell’interesse comune e più alto della Nazione, che mai abbiamo posposto ai nostri interessi, noi siamo qui. Per un’Italia fatta di dignità e di operosità e non di falso orgoglio e di intrallazzi, per un’Europa sempre più salda, libera, rispettosa delle positive qualità morali e spirituali degli uomini e dei popoli. Viva l’Italia, viva l’Europa.
Roma, 24 agosto 2008 Domenico Cambareri