(IL GIORNALE)
Enzensberger, Hammerstein o dell’ostinazione.Una storia tedesca (Einaudi,pp. 287,€20)
di Marino Freschi
Berlino,1934 <<Per potermi tirare indietro avevo soltanto una via: l’esercito…Volevo andarmene da Berlino…Fu allora che inventai l’espressione destinata a circolare fino al 1945 al Comando Supremo, senza che per fortuna si venisse a sapere chi l’aveva coniata.”L’esercito è la forma aristocratica dell’emigrazione”>>. Così scrive Gottfried Benn nella sua autobiografia Doppia Vita, quando racconta del suo brevissimo impegno per il Terzo Reich, considerato come un possente strumento per la rinascita spirituale della Germania, nonché della sua immediata delusione a contatto con i protagonisti del movimento nazista. Le sue memorie sono un documento straordinario per comprendere la breve illusione e l’immensa tragedia che travolse tanti tedeschi di sentimenti nazionali che non volevano abbandonare la patria, ma che non potevano aderire a un partito dall’ideologia sciaguratamente aggressiva. Un altro scrittore che aderì a questa <<forma aristocratica dell’emigrazione>> è stato Ernst Jűnger, che tra l’altro non provò mai simpatia per Hitler, <<il caporale austriaco>> e la sua plebea demagogia. L’esercito fu per numerosi tedeschi l’ultimo baluardo della libertà o almeno della dignità, dove regnava ancora sobrietà e rispetto ed era bandita ogni forma di servilismo ideologico verso il Fűhrer. In questa straordinaria comunità sorsero le migliaia di tedeschi che preparano l’attentato a Hitler, tragicamente fallito il 20 luglio 1944. Per gli italiani risulta difficile ritenere che nelle forze armate germaniche sopravvivesse ancora quello spirito ‘federiciano’, prussiano che pur nella disciplina ferrea sapeva ancora conservare sentimenti di rispetto e perfino di humour.
Tutto ciò costituisce il nerbo dell’affascinante libro-romanzo di Enzensberger, Hammerstein o dell’ostinazione.Una storia tedesca (Einaudi,pp. 287,€20), incentrato sulla figura del Generale Kurt von Hammerstein-Equord, figura centrale del riarmo tedesco durante la Repubblica di Weimar, esponente autorevole dell’aristocrazia militare, radicato nell’ austera tradizione dello Stato Maggiore, che diresse proprio negli anni feroci dell’ascesa di Hitler al potere. Hammerstein, come Benn e Jűnger, e come tanti altri militari di carriera era profondamente ostile al nazismo, ma allo stesso tempo era consapevole che schierare le truppe contro le SA e le SS avrebbe significato la guerra civile con atroci lotte intestine dentro l’esercito. Il libro di Enzensberger è un’accurata ricostruzione storica, condotta sulle fonti, sulla letteratura più aggiornata e autorevole, ma anche scritta con la sapienza di un robusto narratore, che si rivela in una serie di <<interviste>> postume sia a esponenti politici e militari sia a familiari del Generale, la cui famiglia, apparentemente fondata sul principio patriarcale, era in realtà una comunità assai libera. Dei sette figli due ragazze erano attiviste comuniste, legate ad amanti ebrei, cui fornivano documenti riservati, che il padre Generale lasciava sbadatamente incustodite sulla scrivania. Enzensberger rievoca uno dei capitoli più drammatici della storia tedesca, vista dall’interno di una istituzione –le Forze Armate– che seppero opporsi, ancorché con incertezze e ritardi – al totalitarismo nazista. Già da qualche anno Enzensberger si è rivelato un capace narratore, che non ha quasi più nulla in comune con il lirico d’avanguardia degli Anni 50 e 60, quando era uno dei principali esponenti dello sperimentalismo, legato al Gruppo 47. Un libro non certo ‘revisionista, con una sincera ammirazione per questo esponente dell’aristocrazia militare, che intratteneva cordiali rapporti con i suoi colleghi sovietici, con cui collaborò segretamente al riarmo delle forze armate tedesche e alla fondazione dell’Armata Rossa. Ironia della sorte: il <<liberatore di Berlino>>, il maresciallo sovietico Žukov, era stato un suo allievo.