Latina. Berlino, quello che la sinistra non sa o non racconta. La città divisa e gli aguzzini dei paradisi dei fini spinati. Oggi in un convegno.
03 Dicembre 2001
Domenico Cambareri
Fonte: Parvapolis
È cosa frequente nei nostri giorni vedere manifestare contro una condanna per la pena capitale negli Stati Uniti. Non accade così per le condanne a morte inflitte ed eseguite nel resto del mondo. In particolare, non lo è per le migliaia di condannati a morte nei paesi più comunisti, la Cina e la Corea del nord. Si capisce subito che anche qui vi è gente che ritiene difformi le colpe, ma anche i colpevoli. Il peggio è capire che questa gente ritiene di potere disporre della vita altrui per attuare i suoi pandemici disegni utopici. Disegni che hanno portato al massacro di un terzo dell’intera popolazione cambogiana negli anni settanta, in qualche anno appena. Disegni che hanno portato alla morte oltre trenta milioni di russi, comunisti compresi, caduti nella più colossale macchina di distruzione umana che la storia ci ha fatto conoscere. È quasi ancora oggi incredibile credere che nel cuore dell’Europa che americani abbiano diviso Berlino in cinque parti con gli altri vincitori e che abbiano lasciato la parte orientale nel potere esclusivo di uno di questi, quello sovietico. È quasi incredibile ascoltare le parole che i capi americani dissero quando Berlino ovest veniva stritolata con la chiusura dei collegamenti stradali e ferroviari dai sovietici. È quasi incredibile rivedere filmati e foto di quello che i comunisti fecero a Berlino, dividendo per la prima volta nella storia umana una capitale in due, murando finestre, porte, vicoli per non fare fuggire le persone, per separare definitivamente le vittime del paradiso imposto dai parenti e dagli amici che abitavano a pochi metri o a qualche chilometro. Eppure, dalla divisione di Berlino e della Germania si attuò la divisione dell’intero pianeta: da una falsa guerra giusta, una ancor più falsa pace giusta-guerreggiata dai vincitori per cinquant’anni. Certo, il costo per le democrazie occidentali è stato molto elevato nel non aver voluto riconoscere ai tedeschi non solo le colpe all’indomani della prima guerra mondiale. Ma lo è stato non meno per i tedeschi, i russi e l’Oriente che inizia accanto le porte di casa nostra. Le sirene della democrazia e del pacifismo occidentale sin da allora sono state le complici più scoperte di questi carnefici, come lo furono durante l’invasione dell’Ungheria, come lo furono successivamente – dallo stritolamento di Praga nel 1967 all’opposizione agli euromissili e alla bomba a neutroni, che permisero all’Occidente di vincere definitivamente una guerra senza guerreggiarla nei campi di battaglia e senza adoperare armi nucleari – convenzionali.
Oggi, a Latina, abbiamo la fortuna di avere un cittadino, davvero uno dei tanti fra di noi, ma un cittadino coraggioso, idealista, eroe disarmato, che ci può raccontare alcune di queste storie, storie crude crudeli compassionevoli terribili. Storie su di cui non è stato fatto alcun film, per quanto ne sappiamo, su di cui nessun pacifista di professione ha organizzato mostre stabili, temporanee, stagionali, itineranti, neanche sotto gli archi dei pisciatoi a cielo aperto in cui spesso vivono, distruggendo in un mischiamento caotico le più diverse esperienze anarcoidi: professionisti rossi del pacifismo rosso a fior di papavero e di canne multicolori nella tradizione dei figli di certi fiori, peggio di loro quelli borghesi, proditori e subdoli, untuosi e inveleniti, intellettuali a perdifiato, cervelli spiraliformi crivellati da dialettiche fedifraghe, figli di mali profondi dell’anima e del corpo di una borghesia assetata di potere dannato nell’idea circoncisa del dirigismo democratico. A Latina, dicevamo, uno fra questi uomini che nulla ha chiesto e nulla ha avuto, per di più uno straniero, un italiano in terra tedesca, non ben visto come tutti gli italiani in questo lunghissimo secondo dopoguerra, ci racconta quello che accadde allora e quello di cui fu protagonista in prima persona. Domenico Sesta infatti scavò il primo tunnel attraverso cui fuggirono circa trenta tedeschi dai tropici comunisti. Con Domenico Sesta avremo anche Gino Ragno (nella foto), l’animatore dell’Associazione per l’amicizia italo-tedesca di Roma, che da giovane tante volte rischiò la vita come Sesta, nell’aiutare i patrioti di Budapest, nell’aiutare i cecoslovacchi, nell’aiutare i tedesco-orientali. Avremo l’occasione di ascoltare vicende su cui poco si scrive e ancor meno viene messo in circolazione, vicende che è salutare sapere per capire il livello di mistificazione delle vicende contemporanee, per trarsi fuori dalle prigioni dell’ignoranza e del dire “non sapevo, fino a tanto”.
Appuntamento alle 17.00 presso la sala «Il Gabbiano», in viale XVIII dicembre, con la conferenza «La resistenza italo-tedesca contro il muro di Berlino», organizzata dall’Associazione per l’amicizia italo-tedesca, con il Patrocinio del Comune di Latina e della Regione Lazio. Introdurranno il Sindaco di Latina, Ajmone Finestra e l’assessore Giovanni di Giorgi.
Domenico Cambareri
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