A Comiso fa morire di rabbia e di invidia Dilberto e Cossutta. Siamo tornati ai vecchi tempi?
Non c’è dubbio che i salti umorali e i toni della dialettica del diplomato in tecniche cinematografiche lascino sempre meravigliati. Pronto ad ogni piè sospinto a scimmiottare, anche nei modi più immotivati e infelici l’ “americanismo” dilagante, pronto ad ogni piè sospinto a proporsi come capo di un PD che non rinuncia e non rinuncerà mai al bipolarismo, ritiene che le sue autoreferenziali patenti debbano esser valide sempre e comunque e riconosciute con un semplice inchino da tutti, amici di partito ed avversari. E’ il caso in cui, molto sportivamente (Churchill diceva che gli taliani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e perdono partite di calcio come se fossero guerre, a buona memoria di quei pochi che sopravvivono e ancora vivono di antifascismo da strapazzo) fa messaggi di auguri a Berlusconi uscito vincitore dal round elettorale. Nulla da meravigliarsi, anche del fatto che così intendeva legittimamente proporsi come esclusivo rappresentante politico “alternativo”. Nulla da eccipire nella perfetta imitazione dello stile anglosassone di cui ama adontarsi e attraverso cui mirava proporsi come punto di riferimento unico atto a disintossicare il clima e gli animi avvelenati degli antiberlusconiani. Ma nulla toglie di importanza al fatto che il suo “maquillage” capitolino risultava, al momento della sua uscita di scena dalla sindacatura di Roma, un vero disastro. Con tutto questo suo modo di agire, egli si aspettava che Berlusconi calasse una coltre di silenzio sull’enorrme debito “borghese” lasciato a Roma? Stando al (comunque infondato) paragone da lui avanzato – Veltroni additava il “buco” lasciato dal governo di Berlusconi in eredità a quello di Prodi -, questo paragone non regge proprio, perché il passivo della sola capitale rappresentava più di un sesto di quello nazionale. E dopo le tante profferte sul caso Alitalia e gli altrettanto numerosi attacchi a Berlusconi che non se lo è fatti dire due volte nel rispondere sempre per le rime, adesso che viene fuori? Altre offerte conciliatrici, altri altalenanti umori? Non solo questo. Da quel di Comiso, con una ridondante retorica da estremsta rosso che avrà fatto morire d’invidia Diliberto e Cossutta, attacca a fondo la storia nazionale e rivendica diritto esclusivo di intitolazione per delle figure che se devono valere per tutti non possono e non devono essere “eroi” di parte. E’ il caso di Pio La Torre. D’altronde, è da quando la marea rossa divenne quasi maggioranza relativa del Paese, e da quando perfino realizzò il sorpasso storico della DC, che il PCI attuò un’inarrestabile politica di intitolazione di luoghi ed edifici pubbli a suoi uomini, iniziando proprio da Roma e dal suo primo deceduto sindaco comunista. Questa politica non è stata mai abbandonata dai capi della Quercia prima e del PD oggi. Per non finire proprio…a Comiso la rossa e all’aeroporto “Gen. Magliocco”. Così non ci siamo proprio. Queste baldanzose dichiarazioni di aut aut da trinariciuto metalmeccanico pininbull dimostrano che Veltroni, l’umorale Yesman, tutto patina e cinematografia, comincia ad avere il fiato corto, troppo corto e l’orticaria improvvisa lo riporta ai tempi nostalgici della storia inventata e di bella ciao delle taverne e dei cortei rossi. Dov’è finito l’inamidato leader anglosassone, tutto sbrodolamenti, chiarimenti, precisazioni, svenimenti, “volemose bene”? Allora ha forse ragione l’odiato Arturo Parisi? Quell’Arturo Parisi che, a precindere dalle beghe interne al PD, ai nuovi tradimenti e all’uso edulcorato dei nuovi stiletti è stato finora il primo e unico ministro della Repubblica – per quanto consta di sapere – ad avere tentato ufficialmente di sanare la frattura storica nei confronti degli alleati vinti – e la dignità nei confronti del nemico vincitore “alleato” e di tutto il resto del mondo – dichiarando lo scorso anno ad El Alamein che il soldato italiano fu (sottinteso fino alla sfiducia di Mussolini da parte del gran consiglio e..fino all’otto settembre…) fedele alleato del soldato tedesco? Apprenda lo Yesman, apprenda, e faccia bun tesoro della storia italiana, anche del “ventennio” di rose rispetto all’universo concentrazionario sovietico. E della politica di oggi, assieme al suo non più in tutto sodale “I care”, Rutelli. Forse, allora, avrà ancora un futuro in politica.