5 Giugno 2007
Domenico Cambareri
(fonte: Parvapolis)
Guerre stellari Usa, ragioni russe e sicurezza europea. Quando sul campo delle scelte strategiche finiscono per perdere tutti
La dura risposta data da Putin a Bush, alla Nato e all’Unione Europea in merito al sistema di difesa antimissile USA da installare in Polonia e nella Repubblica ceca, è quasi l’ultimo atto di un brutto primo tempo scritto interamente dagli americani e, ancora, more solito, in posizione assolutamente subalterna, dagli europei. Essa contiene invero un addentellato di capitale importanza, ma su di esso dirò più in avanti. È semmai da dire che la politica americana in quest’ambito di privilegiata rilevanza strategica è arrivata al capolinea dopo tutta una serie di autogol, e non di meno quella europea. Esse in qualche anno appena hanno bruciato un capitale immenso di possibilità di proficui sviluppi in tutti i campi in virtù del percorso di eccezionale avvicinamento che era stato realizzato da Washington e dalle capitali europee da dopo la caduta del regime sovietico ai primi anni di governo di Putin. Questi avvenimenti, che sono quasi appena di ieri, avevano suscitato grandissime aspettative e avevano portato allo storico accordo di partneriato privilegiato tra Russia e Nato, cosa che aveva visto protagonista anche l’Italia, dato che una delle tappe più importanti di questo meraviglioso e incredibile processo di avvicinamento era avvenuto durante il meeting dei grandi a Pratica di Mare. In meno di quattro anni, dunque, è stata fatta quasi terra bruciata attorno alla Russia. A mio avviso, il più importante errore di calcolo americano è stato quello di non avere favorito e attuato l’ingresso della Russia nell’Organizzazione mondiale del commercio (sta avvenendo soltanto adesso), e di avere fatto ratificare invece l’ingresso della Cina. Ciò ha prodotto una serie di effetti negativi su larga scala in ampi settori delle industrie minori europee e americane, in particolare quelle manifatturiere e in quelle elettriche ed elettroniche, ed immensi benefici commerciali, industriali e finanziari per Pechino. Non solo. Il regime cinese, con i proventi di queste attività “per conto” degli occidentali, ha avviato un mastodontico processo di ammodernamento e potenziamento dei suoi arsenali atomici, missilistici e di armi convenzionali che ha dell’incredibile anche rispetto alle tappe di potenziamento perseguite negli anni settanta dall’URSS, che stanno sconvolgendo letteralmente gli equilibri asiaticie planetari. Tutto ciò ha quindi imposto alla Russia di stare all’angolo, di subire una marginalizzazione immotivata. Gli effetti deleteri di queste scelte non si sono fatti attendere. Infatti, essi hanno contribuito certamente all’irrigidimento della politica interna russa nei confronti degli oppositori, dei dissidenti, dell’esercizio effettivo delle libertà civili da parte di costoro e di quanti vivono soprattutto in regioni ancora sottoposte a condizioni di guerra civile, come nell’area caucasica. I casi clamorosi legati alla recente cronaca del giornalismo e dello spionaggio con gli assassinii commessi, sono eloquente ed esplicita esemplificazione. Queste scelte hanno effettivamente agito in maniera depressiva e deprimente nei confronti dell’economia, della società e della politica russa. Inoltre, nel contesto internazionale che coinvolge più direttamente Russia e Unione Europea, hanno agito in maniera fortemente destabilizzante per quanto riguarda le scelte e gli avvenimenti ucraini, oltre ad alcuni più marginali, quali quelli che riguardano le minoranze russofone presenti in diversi Paesi ex-sovietici, oggi membri dell’Unione Europea o apertamente filo-occidentali. Per di più, le cruciali e ricorrenti crisi ucraine e quelle di natura energetica tra Ucraina e Russia e la grande dipendenza energetica europea per i suoi fabbisogni di gas dalla Russia, confermano quali e quanti motivi di doglianze Mosca può elencare nei confronti degli occidentali, che così tanto la stanno penalizzando, sino ad imporle necessarie e susseguenti scelte, ad iniziare da un’adeguata risposta, appunto, nella politica dei rifornimenti energetici. Le ragioni russe, sinora non ascoltate, si esprimono nel sentimento di marginalizzazione politico-economica e, infine, cosa ancor più grave, di silenzioso accerchiamento e isolamento strategico. Ciò ha portato Mosca a delle mosse che in un primo momento l’hanno fatta riavvicinare a Pechino. Le famose esercitazioni militari congiunte, tuttavia, sono soprattutto qualcosa di facciata e servono a reclamizzare l’aumento delle esportazioni militari in Cina, per non lasciare quell’immenso mercato esclusivamente agli americani e agli europei. L’insieme di questi e di altri motivi costituisce una fitta e intricata matassa, ed essa non ha fatto altro che accentuare le condizioni di dubbio e perplessità e infine di aperta diffidenza che regnano nel campo degli equilibri strategici. In quest’ambito, si erano realizzati i più sostanziosi e una volta impensabili risultati, quelli che avevano quasi smilitarizzato e in buona misura denuclearizzato l’Europa. La Russia ha quindi buon motivo nel richiamare la sua puntuale applicazione di quanto deciso nell’ambito della Conferenza per la riduzione degli armamenti nell’Europa centrale e negli accordi bilaterali con gli USA per la riduzioni degli armamenti strategici nucleari terrestri (fissi e mobili) aerei e imbarcati, ma anche degli armamenti chimici e biologici. Adesso, è chiaro che Putin vuole sapere a cosa servono i missili antimissili a grande gittata da installare in Polonia e nella regione di Praga. Per i missili cinesi? Per i missili coreani? Per i missili indiani? Per i missili pakistani? Per i missili persiani? Per i missili israeliani? Per i suoi missili? Per buona ironia, ho voluto elencare tutte le possibilità, quelle impensabili perché si ritiene del tutto non realistico, come per gli armamenti israeliani, e quelle impossibili perché nella realtà non vi è proprio alcunché, come quelli persiani. Nella selezione, rimangono solo quelli russi, appunto, e quelli cinesi e nordcoreani. Ma se gli occidentali desiderano premunirsi da attacchi provenienti da queste direzioni, perché non agire di concerto? Perché, con una decisione di tale misura, non imporre un ulteriore, grande salto di qualità nelle relazioni tra USA ed Unione Europea e NATO da un lato e Russia dall’altro? Perché non dare finalmente contenuto concreto e palpabile a quella partecipazione “esterna” della Russia alla NATO? Perché non realizzare e gestire quantomeno i centri di avvistamento, comando e controllo in comune russi, americani ed europei? È questo l’addentelleato alla risposta di Putin, risposta con cui dichiara che farà puntare dei missili euro-strategici sulle città europee se non vi sarà ripensamento euro-americano. E addentellato avanzato dal suo ministro degli esteri Lavrov, che non costituisce mossa propagandistica ma concreta offerta russa per riprendere il cammino unilateralmente e inspiegabilmente interrotto dagli occidentali nell’andare a rimorchio, ciecamente, delle scelte imposte dal grande capitale finanziario e commerciale a fini di speculazione planetaria, che per di più produce squilibri e miseria visibilissimi nei loro mercati interni. Ma anche da scelte dettate al Pentagono da “teste d’uovo” ultraconservatrici in senso apertamente fidesitico (cristiani di chiese protestanti minoritarie, primo proprio Bush) che hanno imposto scelte fallaci ed erronee sia nelle strategie globali del “dopo 11 settembre”, sia nell’impiego delle forze sul controllo del territorio (Iraq e Afghanistan) e della tipologia delle armi. Scelte che pesano di responsabilità per la loro inadeguatezza e per l’elevato numero di vittime che causano, sia civili sia soldati americani. È perciò doveroso chiedere a polacchi e cechi, alla NATO e all’Unione Europea uno stop e un ripensamento. E chiedere soprattutto a Bush di dimostrare non soltanto amicizia personale verso Putin, ma un suo rinsavimento e un suo definitivo liberarsi dai lacci e dai laccioli con cui i suoi “consiglieri” lo tengono strettamente legato, a scapito di più lungimiranti progetti e decisioni sia degli Affari di Stato che del Pentagono. E a scapito delle ragioni russe e degli effettivi interessi e dell’effettiva sicurezza europee.
Domenico Cambareri