Servizi segreti, riforma al palo

15 Maggio 2008

Domenico Cambareri

(fonte: Parvapolis)

 

Devono rimanere fuori dalle oligarchie di partito. Berlusconi cosa farà?

Uno degli obbrobrii “bipartisan” dell’ appena conclusa legislatura anticipata è stata la riforma dei servizi segreti Sismi e Sisde, ridenominati etericamente Aisi e Aise. Voluta e portata avanti da ambedue gli schieramenti, fortemente caldeggiata dal precedente ministro degli interni Pisanu, che ne fu appassionato ideologo, e dall’ubiquo “dottor so tutto” Gasparri, la riforma dei servizi è finita alla conclusione dell’iter legislativo su delle impreviste secche. Infatti, il Copaco, la commissione parlamentare di controllo sui servizi, nella sua riunione non ha raggiunto il quorum per votare il parere, obbligatorio ma non vincolante. Adesso, a varo di governo avvenuto, se è bene commentare a freddo parecchi accadimenti, è bene commentare molto a freddo un fatto di simile importanza, e rinfrescare la memoria ai diretti interessati al fine di evitare l’ avvitarsi in madornali errori. È altrettanto doveroso ricordare che l’ azione demagogica che si legge chiaramente nella logica che ha mosso le premesse e le susseguenti “interessenze” della legge in fin dei conti non è altro che la palese manifestazione di un’azione corrosiva e disgregatrice tutt’altro che cieca messa in atto dai politici dei due schieramenti in questi ultimi dodici anni sui settori di massima delicatezza della difesa nazionale. Si parte dalla non estrinseca riforma dell’Arma voluta dalla “fine “ intelligenza di D’Alema (lo stesso che ha assicurato la difesa aerea nazionale rafforzando la pratica dei caccia in affitto da altre nazioni e con i leasing bancari per il finanziamento dell’Eurofighter…) che la trasforma in “Forza Armata” e si passa a Berlusconi. Il quale promuove al comando di quella che in realtà rimane l’effettiva Autorità per la sicurezza nazionale, al di là dal raccordo sintetico e gerarchico operato dal capo del Cesis e da quello politico esercitato dal capo del governo – il capo del Sismi -, un generale della Guardia di Finanza che catapulta all’interno del Servizio molte centinaia di finanzieri. Per di più, il Sismi inizia ad attingere con maggiore frequenza anche a uomini della Polizia di Stato (fra di essi, quanti i pochi adatti, “migliori” e “fedeli” per un servizio siffatto?). Inoltre, Berlusconi e Letta si adontano di tenere spesso in prima pagina il Ssmi e di creare un “corum populi” molto al di sopra delle righe attorno a un fatto luttuoso che vede la morte di un agente operativo, anziché fare esercizio di doverosa discrezione e ammenda delle scelte operate, fregandosene dei compagni che chiamano tutti per nome… E facendo tesoro del “segnale” inequivocabile ricevuto per porre termine alle loro strampalate missioni di saltafossi, facendo pure sgrenare e sgranare le centinaia di pallottole della carrozzeria crivellata (e con la vedova dell’agente caduto, come pura constatazione di fatti pubblici, che intraprende una discutibilissima carriera parlamentare). Il ripristino di un certo equilibrio, fisiologico e funzionale, all’interno del Sismi nell’ultimo anno e poco più ha però avuto come pessimo complemento la sostituzione dell’eccellente carabiniere Mori al Sisde, secondo scelte opinabilissime volte ad onorare giovani e gentil sesso. Anzi, con una mossa che ha solo del vernissage americano secondo gli stilemi del gioviale-giovanile duo Veltroni-Rutelli (una volta tanto, senza giudizio di merito, ma solo come constatazione, è bene trovare uomini intercambiabili). La fine intelligenza del club dalemiano e in particolare dell’impareggiabile ex sostituto procuratore di Torino, insuperabile esperto in trame servizi deviati e colpi di Stato, nel frattempo ha ben avuto motivo di tenere a cuore e di fortificare il progetto fanfaluca di un superservizio superunificato per un superpoliziotto, anzi per il maestro dei maestri dello spionaggio. Maestro dei detective validi per tutte le condizioni politiche, le stagioni, i mercati, unico a mai cadere. Vero acrobata imbattibile. Al quale attribuire direttamente non solo l’eredità del Sisde ma anche, senti senti, le attività di controspionaggio militare. Superservizio che a sua volta fa capo esclusivamente al presidente del consiglio tramite un suo sottosegretario ed esautora (?) esteri e difesa, interni ed economia. O li raccorda. Ma come? Con la rete orlandiana o con il gioco della pallacorda”, con il capo di Stato Maggiore della Difesa o con il vicecapo di gabinetto del sottosegretario ai Servizi? Superservizio con una superestesa e foltissima superstruttura burocratica abilitata a tutto, compresi i “nos”, che consente al capo del Sismi-(Aise), la vera Autorità per la sicurezza nazionale, di poter contattare in via diretta il capo dell’esecutivo solo in casi di particolare gravità! Super struttura burocratica kafkiana in cui infilare, in via più che presumibile, tanti privilegiati civili cari ai capi clan dei partiti. Non occorre rivolgersi alla mantica e agli aruspici per capire che cosa si intende quando, con poco “augure” segno, si volgono i pensieri e gli sguardi di codesti signori all’ esempio poco acconcio d’oltre Atlantico. Questi signori amano ridurre tutto in pseudo-attività ludica, mettere manacce e zampe ovunque e dovunque, “parlamentizzare” per partitizzare e subordinare attività funzionali delicatissime solo ai loro giochi di potere e ai loro assensi.L’attività d’intelligence è così intesa come cosa loro e i militari non sono altro che scarpe usa e getta. Speriamo che non occorra una lobotomia per far capire finalmente a Berlusconi che le strutture dei servizi non sono centri di operazioni aziendali (non lo sono neppure i siti alternativi da cui deve operare in condizioni di crisi internazionali di estrema gravità il governo), sale per supporter politici e anticamera per gente super retribuita, compresi i superpoliziotti. Esse vanno letteralmente depoliticizzate e lasciate al servizio della Nazione, attribuendo ruolo potestativo ed operativo quasi totalmente agli uomini da scegliere tra le tre Forze Armate. Le “agency” americane sono tutt’altra cosa. Esse oggi non sono proponibili neppure come strampalata ipotesi in Italia, perché per noi sono ancora realtà venusiane, salvo, appunto, farne l’ennesimo ma pericolosissimo strumento dell’oligarchia partitocratica e dei suoi apparati parentali e clientelari.


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