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Lunedì 11/2
CRONACHE CULTURA
«Viandante sidereo», il poema di Domenico Cambareri ha incassato qualificati consensi di critica
Tumulti e passioni dedicati a Ernst Jünger
Domenico Calabrò
S in dal suo apparire, questo piccolo poema di Domenico Cambareri (Viandante sidereo. Poema filosofico in onore di Ernst Jünger, Armando Editore. Roma, pp. 96, 9. 29 Euro) ha destato vivo interesse fra non pochi studiosi. Nella sua prima presentazione a Roma, a palazzo Valentini, il saggista Marcello Veneziani, uno dei relatori, ha riconosciuto a esso grande impronta filosofico-mistica e profondo livello di spirito esoterico. Dante Maffia lo inscrive a pieno titolo nelle più originali e importanti pagine della poesia ultima e, nel cogliere nell’opera «versi folgoranti», riconosce all’autore ruolo compiuto nel suo «romanzo in versi». Nino Piccione individua nel poema «un’opera di altissima poesia» e sottolinea come i versi del Viandante sidereo abbiano una «musicalità che invade lo spirito del lettore più sensibile ora come un’onda calma, ora come tumulto e passione», mentre Gianfranco De Turris gli riconosce il merito di saper esorcizzare la modernità con la poesia. Naturalmente si deve trattare di un particolare tipo di poesia: pregnante, potrebbe essere l’aggettivo adatto», e Aldo Di Lello, nel confermargli come De Turris il ruolo di espressione della tradizione in senso metafisico e metastorico, in cui «l’alta concentrazione simbolica e… l’intensità evocativa» sono chiavi di lettura fondamentali, riconosce al poeta-filosofo la creazione di «una forte concentrazione di significati per farci ritrovare il filo di un destino storico», tipico di Ernst Jünger, il grande pensatore a cui Cambareri dedica il poema, «da par suo» ad avviso di Gennaro Malgieri, pensatore dicevamo di Jünger – tra i pochissimi del Novecento che hanno saputo trasferire nella pagina lo «spirito del tempo» e realizzare il recupero della dimensione mitica della vita storica. Con queste brevi citazioni di alcuni degli intellettuali che si sono occupati dell’opera di Domenico Cambareri, abbiamo una buona possibilità di inoltrarci brevemente nell’opera. E’ dedicata a uno dei maggiori personaggi del ‘900, il cui pensiero e i cui interessi spaziano dalla letteratura e dalla filosofia (ebbe corrispondenze e anche scrisse insieme a Martin Heidegger e Carl Schmitt) alla politica alle scienze naturali all’arte alla chimica, che in vita fu protagonista di grandi atti eroici nella prima guerra mondiale, ideologo alla sua fine e quindi cultore di scienze esoteriche su cui ancora molto poco sappiamo, e poi protagonista «esterno» di pagine cruciali nella storia tedesca della fine della seconda guerra mondiale (fu l’unico che Hitler risparmiò dalla condanna a morte che ben poteva fargli comminare dopo il fallito attentato di von Stauffemberg nella «Tana del Lupo»), Ernst Jünger, morto all’età di quasi 103 anni. Jünger fu anche fecondo e grandissimo scrittore, di cui è doveroso almeno ricordare la triologia Le scogliere di marmo, Heliopolis, Eumerswill. Cambareri ha buona e grande occasione per «estrinsecare le proprie possibilità poetiche», coniugando con esse una grande profondità di pensiero e una vasta erudisione dalle scienze dello spirto alla storia dell’antropologia. Da critici e lettori attenti il poema è stato definito un’opera difficile che premia con il grado dell’impegno: un’opera che richiede applicazione e regala solo alla fine il piacere della lettura, che vuole farsi guadagnare di pagina in pagina (l’autore alla fine del poema ha unito chiarimenti, esplicitazioni e approfondimenti in note, così da fornire un corposo corredo, anche di riferimenti bibliografici, atto a far orientare i lettori che conoscono meno gli ambiti trattati). La freschezza di tensioni epiche da tempo perdute nella dimensione contemporanea dell’arte, fa tuffare il lettore in un universo di fatti e di personaggi altrettanto poco noti al pubblico. L’autore presenta più che uno spaccato della nostra storia e della nostra civiltà e fa irrompere nella scena della nostra mente mondi, miti, storie, drammi d’Oriente e d’Occidente che “danzano entro una ideale forma di contemporaneità”. I versi liberi sono diretta testimonianza della grande influenza esercitata nella formazione culturale del poeta-filosofo da un altro magnifico, irripetibile esponente delle vette del Novecento, su di cui la scure delle purghe, della repressione e dell’emarginazione imposta infierì molto a lungo, come fu per Junger. Sto parlando del poeta Ezra Pound, americano infine italiano per adozione nei tragici avvenimenti della nostra storia patria, e immortale continuatore di Omero con i suoi sterminati e irripetibili Cantos. Accanto a queste figure, Cambareri altre ce ne elenca, tutte di magnifico rilievo, che troviamo scolpite nei suoi versi; ma come qui non citarne almeno un’altra immagine, quella del romeno Mircea Eliade, uno dei grandi padri della storia delle religioni del secondo Novecento, anch’egli con una lunghissima storia errabonda e di ricchezze umane uniche? Di Eliade, Cambareri fa propria l’analisi del concetto dell’ illo tempore, che costituisce una grande acquisizione delle ultime scienze umane e della filosofia, assieme al non meno importante concetto della pseudomorfosi di Oswald Spengler e della storia delle categorie religioso eccidentali, aspetto su cui ha soffermato la sua attenta lettura del poema, Giuseppe Spadaro. Viandante sidereo è un poema unico o se si vuole assolutamente atipico nel panorama odierno della letteratura, che viene anche difficile ridurre ad opera letteraria se non fosse per la calamitante forza dei versi che si impongono sul lettore in maniera quasi inevadibile – che traggono con decisione la poesia dalla “marginalità” culturale in cui spesso è tenuta – vista l’intrinseca fecondità e robustezza del pensiero di cui è nutrito.
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