Fonte: Agenzia Spaziale Italiana, sito online dell’ASI
I lampi gamma hanno sempre meno segreti
FERMI ha prodotto la mappa più dettagliata del cosmo alle alte energie. L’ultimo capitolo di una storia iniziata con Beppo Sax
Dall’Universo profondo ci arrivano notizie a un ritmo galoppante. Sappiamo quasi in tempo reale se una galassia distante milioni, e anche miliardi di anni luce da qui, è squassata da un’esplosione violentissima di lampi di raggi gamma. Quasi come se accadesse dietro l’angolo. Merito di telescopi orbitanti sempre più potenti e sofisticati. La missione BeppoSAX (dal soprannome del fisico italiano Giuseppe Occhialini), lanciata nel 1996, ha inaugurato un’era, un po’ come la nascita del Word Wide Web ha fatto per l’informazione. Poco più di 10 anni dopo, è arrivata la banda larga. Si chiama FERMI, il telescopio della NASA per lo studio delle emissioni gamma realizzato con un importante contributo italiano. In meno di tre mesi di attività (dal 4 agosto al 31 ottobre 2008) ha raccolto più informazioni sui GRB di ogni altra missione spaziale condotta fin qui. Da questa enorme mole di dati, è appena scaturita la più dettagliata mappa del cielo gamma, che ha mostrato agli scienziati una visione senza precedenti del cosmo alle alte energie. Gli occhi di FERMI hanno localizzato con estrema precisione 205 sorgenti, galattiche ed extragalattiche, tra buchi neri supermassivi, pulsar, sistemi binari e persino un ammasso globulare.
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È l’ultima puntata di una storia che dura da quasi quarant’anni. Una storia iniziata per caso e trasformatasi nel Santo Graal degli astronomi. I lampi gamma sono infatti stati scoperti accidentalmente alla fine degli anni Sessanta, in piena Guerra Fredda, da alcuni satelliti americani chiamati VELA che erano stati lanciati per verificare il rispetto del trattato di non proliferazione nucleare. I satelliti, invece di rivelare esplosioni atomiche da parte dell’Unione Sovietica, individuarono misteriosi lampi di raggi gamma provenienti dallo spazio. Ma studiare quegli strani brillamenti, che in pochi istanti sprigionano un’energia pari a miliardi di soli, si rivelò un’impresa quasi impossibile per la tecnologia dell’epoca. Troppo difficili da localizzare, troppo diversi tra loro e da quanto conosciuto fin lì, troppo veloci a scomparire nel nulla (i lampi più brevi durano da pochi millisecondi a un secondo, quelli più lunghi resistono per decine e centinaia di secondi).
Cogliere un GRB è come fotografare ogni singolo flash delle lucciole in una notte d’estate con una normale macchina fotografica. E mentre aumentavano le domande sulla loro origine, la loro provenienza e la loro distribuzione, si moltiplicavano le teorie scientifiche. Nell’aprile del 1991, il lancio del Compton Gamma Ray Observatory della NASA portò ai primi risultati concreti: la rilevazione di oltre 2700 GRB, anche se solo per 400 di questi si riuscì ad associarvi una sorgente. Fu chiaro, almeno, che queste fiammate di luce non provengono solo dalla Via Lattea, ma anche da galassie lontane, e che risalgono a quando l’Universo era appena nato. Ma è con BeppoSAX, il satellite italo-olandese che per primo rilevò l’emissione di raggi X che segue il lampo gamma, che avvenne la svolta. Beppo rimase operativo sette anni, con una straordinaria ricaduta scientifica. Nel corso della sua vita, il satellite ha osservato più di trenta GRB con elevata accuratezza. Da allora, è stata un’escalation di scoperte scientifiche, in un susseguirsi di missioni spaziali di potenza e risoluzione sempre maggiori: nel 1999 fu la volta di XMM-Newton, quindi INTEGRAL nel 2002 (entrambe missioni dell’ESA, con la partecipazione dell’ASI), nel 2004 arriva SWIFT (della NASA), in grado di individuare i lampi di raggi gamma osservandoli su lunghezze d’onda multiple e comunicare rapidamente agli astronomi in quale direzione puntare i telescopi per catturarne gli ultimi bagliori. Nel 2007, il lancio di un nuovo satellite tutto italiano, AGILE, dotato di un rivelatore in grado di osservare contemporaneamente nella banda gamma e dei raggi X duri. Ogni missione equivale a passi da gigante per la scienza. L’ultimo spedito nello spazio, a decifrare quel mistero ormai in gran parte compreso dei lampi gamma, è stato FERMI, lanciato (allora si chiamava GLAST) nel giugno 2008. FERMI continuerà a indagare i gamma ray burst, ma soprattutto a sollevare nuovi enigmi. Che diventeranno il punto di partenza per prossime missioni