25 Aprile 2009
Sara Fedeli
Fonte: Parvapolis
Una ipocrisia di fondo irritante. Una data che, grazie al cielo, dice molto poco ai più
Voglio contestualizzare. Questa è la mia forma preferita di libertà, il mio modo più sincero per partecipare al significato del 25 aprile. Con l’aiuto della ratio, elaboro un quesito che è per me la chiave di volta di tutto: 25 aprile, Festa della Liberazione: liberazione da cosa? Tempo fa si è sentita l’esigenza di celebrare la liberazione dal conquistatore straniero e dal male intestino del razzismo, che inquinava i nostri animi e la nostra coscienza collettiva, che stava coinvolgendo tutti, compresa la Chiesa dei Patti Lateranensi. Le celebrazioni hanno il fine ultimo di rendere omaggio ai nostri caduti, ma soprattutto di ricordare, perché ricordare è il primo grande passo verso il non ripetere, perché ricordare serve a non sbagliare di nuovo. Perché l’orrore superato deve essere trasmesso integralmente da una generazione all’altra. Il senso atavico di questa dinamica è quasi un istinto alla sopravvivenza. Ecco cosa significa per me il 25 aprile. Poi prendo questo significato e cerco di vestirlo con l’attualità del mio contesto ed è questo il passaggio che nasconde le più profonde e insidiose contraddizioni. La mia generazione celebra la liberazione senza alcuna coscienza storica, ma con un’ipocrisia di fondo che riluce in tutto il suo abbagliante splendore. Apro i giornali e leggo che il premier iraniano Ahmadinejad esprime tutto il suo antisemitismo niente di meno che alla conferenza mondiale sul razzismo promossa dall’ONU. Sono in molti i rappresentanti ad alzare i tacchi e lasciare fisicamente, ufficialmente e moralmente la sala: il dialogo si conclude, se a parlare è proprio il razzismo che si vorrebbe debellare. Cosa festeggiamo il 25 apr ile? Un barcone di profughi arriva sulle coste italiane dopo che Malta lo ha rifiutato: in mare c’è la morte che attende esseri umani tra cui anche donne incinte: scontro diplomatico tra Malta e Italia. Cosa festeggiamo il 25 aprile? Cos’è che non vogliamo dimenticare? Un anno e mezzo fa, era il dicembre del 2007, la Sinistra indignata puntava il dito contro Berlusconi e le sue scomode e imbarazzanti telefonate ad Agostino Saccà: “minaccia alla libertà di informazione”, “conflitto di interesse vergognoso”. Neanche due anni dopo arriva l’archiviazione ufficiale di tutta la querelle e neppure un commento – che sia uno ma ben indignato – da parte di quella Sinistra. Neanche un grido di protesta si solleva. Nulla. Non sarà mica per non tirarsi la zappa sui piedi in un momento in cui – terremoto in Abruzzo docet – l’attuale governo ha dimostrato di saper fare meglio d el suo predecessore? In periodi di forte consenso scagliarsi contro il governo sortisce l’effetto contrario: è la prima regola nel manuale del perfetto politicante. Chi ricorda l’annosa questione dei rifiuti campani risolta, dopo un inutile e dispendioso susseguirsi di commissari straordinari, con la caduta del governo Prodi e la pervicace determinazione del successivo Consiglio dei Ministri trasferito direttamente in quel di Napoli? Cosa devo festeggiare il 25 aprile? I partigiani che liberarono l’Italia dai Tedeschi di Hitler oppure i partigiani che sparavano alle spalle e fuggivano lasciando dietro di sé la scia delle Fosse Ardeatine? Le foibe? O devo forse ricordare il razzismo antisemita del Nazismo, dimenticando completamente che ad essere razzista oggi è la figlia di quella Sinistra rappresentata anche dai partigiani? Cosa devo celebrare esattamente il 25 aprile? Che i partigiani mi hanno salvato dalla dittatura o che lo hanno fatto effettivamente gli Americani dopo Hiroshima e Nagasaki? Quello che mi hanno insegnato sui libri di una scuola vistosamente sinistroide oppure quello che leggo sui giornali ogni giorno? Qual è il senso della celebrazione? E soprattutto: liberazione da cosa? Spero non dalla capacità critica e dall’osservazione individuale. Mio nonno sosteneva che la Sinistra sia a favore delle droghe perché obnubilano il cervello e portano voti a chi le vuole legalizzare. Se devo proprio generalizzare tanto ingenuamente e fare dell’ignoranza la mia celebrazione, credo che oggi celebrerò mio nonno. Lui era toscano ma se l’è scampata sia dalla Campagna di Russia che dai Partigiani. Chi ha fatto la resistenza a Latina?