La tragedia della guerra civile nello Sri Lanka e l’utilizzazione dei ragazzini nelle attività belliche

20 Maggio 2009

Fonte: Socialnews

Elena Volponi – Ufficio Stampa Relazioni Esterne

SRI LANKA: NULLA DA INVIDIARE  ALL’ESTREMA CRUDELTA’ DELLA GUERRE CIVILI IN AFRICA

 
 
 
IL CONTESTO
Il 75% degli abitanti della Repubblica Democratica Socialista dell’isola dello Sri Lanka appartiene alla maggioranza Cingalese, prevalentemente di credo buddhista. Coesistono numerose etnie e religioni quali mussulmani, cristiani, i Burgher di discendenza mista asiatico-europea e i Veddahs discendenti dai primi abitanti dell’isola. Il 18% della popolazione è di etnia Tamil di religione indù e vive in maggioranza nella parte settentrionale e in quella orientale del paese. Gli scontri caratterizzati da sempre maggior violenza fra la maggioranza governativa Cingalese e la minoranza Tamil il movimento delle Tigri per la Liberazione della Nazione Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam – LTTE) dal 1983 si sono concretizzati in una guerra armata per l’indipendenza nel nord dell’isola. Un conflitto sanguinoso che ha causato più di 70mila morti e 800mila profughi e che ha coinvolto migliaia di bambini sia come vittime che come artefici del conflitto.
 
I BAMBINI SOLDATO
Bambini utilizzati nell’esercito Tamil come elementi di appoggio ma anche in prima linea con licenza di uccidere. Minori nati e cresciuti in guerra, a cui hanno spesso ucciso i genitori e tutta la famiglia, che imbracciano il fucile per vendicare il padre o i fratelli morti o, più spesso, semplicemente per avere un pasto garantito ogni giorno. La maggior parte di questi soldati bambini ha tra i 15 e i 18 anni, ma numerosi sono quelli di età inferiore (10 – 14 anni) e vi sono testimonianze di reclutamenti di bambini ancora più giovani. Un fenomeno in crescita favorito dalla maggiore maneggevolezza delle armi attuali, dalla loro sempre maggiore economicità paragonata ad uguale potere di fuoco, e dalla facilità in cui i bambini possono essere coinvolti alla disciplina militare. In questi anni leTigri hanno dato vita a un’organizzazione parastatale con un governo e un apparato amministrativo e militare con un esercito di terra, una flotta navale, una piccola aviazione militare, e una rete di informatori in tutto lo Sri Lanka, corpi militari femminili e di adolescenti.
 
LE NOSTRE ATTIVITA’
Numerose sono le testimonianze ascoltate e le esperienze vissute nella terra Tamil dove abbiamo costruito scuole interagito con la popolazione, con i guerriglieri con i capi dell’LTTE e tentato di educare alla civiltà, alla democrazia, ai diritti umani e dell’infanzia quella popolazione carica di odio e rancore verso un governo centrale permanentemente spinto nel tentativo di eliminare ogni loro etnia dal territorio. Centinaia di piccoli tamil potevano frequentare cicli scolastici regolari e partecipare ad attività ricreative e ludiche adatte alla loro età. Potevano capire e partecipare al dono della cultura e della pace, potevano essere i futuri governanti di una pace stabile nell’isola. Tutto finito, tutto distrutto, forse siamo alla fine di un conflitto ma non l’inizio di una pace stabile e duratura. Togliere la dignità ad una persona o a un popolo è l’unico modo per fare in modo che, non avendo nulla da perdere, quella persona o quel popolo dedichi tutta la propria esistenza a combattere verso l’oppressore. I superstiti di quei bambini che avevano imparato a credere nel valore dei diritti oggi ancor più delusi e disillusi saranno le nuove tigri del futuro.
 
L’AVVENIMENTO
La guerra ha prosciugato tutte le energie della popolazione tamil, c’è una lunga lista di «traditori» uccisi e dissidenti messi a tacere è lunga e un lungo elenco di colloqui di pace falliti tra governo e ribelli. Il presidente cingalese Mahinda Rajapakse nei primi mesi dell’anno ha dato ordine di scatenare un’ offensiva con bombardamenti e rastrellamenti che hanno causato centinaia e probabilmente migliaia di vittime. Oggi le Tigri tamil hanno comunicato di sospendere i combattimenti. In questi anni di combattimenti tra le loro vittime si annoverano il premier indiano Rajiv Gandhi e il presidente dello Sri Lanka Ranasinghe Premadasa. 50 mila sfollati si accalcano su pochi chilometri quadrati nella zona di Mullivaaykaal, in fuga dai bombardamenti.
 
IL GOVERNO UFFICIALE
Anche il governo centrale dello Srilanka viene sospettato di accettare, o almeno di non considerare adeguatamente, anche altre violazioni riguardanti i diritti dell’infanzia. Secondo gli studi condotti su più di 1.600 bambini dal medico pediatra prof. Harendra De Silva, già presidente della National Protection Child Authority, in Sri Lanka il 20% dei maschi ed il 10% delle femmine sotto i cinque anni d’età è già stato abusato sessualmente. Il 25% dei maschi di classe povera ha subito abusi sessuali in confronto al 15% dei ragazzi delle classi medie. Nelle ragazze povere l’incidenza è del 7% comparata al 3,2% (più del doppio) delle ragazze nelle classi sociali medie. Grazie ad un questionario anonimo consegnato a 899 studenti di livello scolastico superiore e universitario si è evidenziato che 18% dei ragazzi e il 4,5% delle ragazze ha ammesso di essere stato abusato durante l’infanzia.
 
IL CARCERE MINORILE
Ma tutto questo non basta. Quando abusati sessualmente o trovati in strada senza famiglia o accusati di crimini inconsistenti i bambini vengono rinchiusi in carceri minorili come il Boys Remand Home di Kottawa-Pannipitiya, vicino alla capitale Colombo,  dove le celle sono meno confortevoli di una casa distrutta dallo tsunami. Dalle celle vengono fatti uscire solo per poche ore e nelle celle vengono depositati indipendentemente dall’età e dalla causa della carcerazione. Successivamente, vengono trasferiti negli orfanotrofi o in altri riformatori, dove le violenze ricominciano e restano impunite, lasciando in quei poveri bambini i segni indelebili di un’infanzia calpestata. Bambini tamil, bambini cingalesi, buddisti, mussulmani, indu’ che alla fine, se e quando sopravviveranno, non sapranno cosa farsene della vita e del mondo.
 
CONCLUSIONI
Nella realtà cingalese, molto distante dalla nostra, questi interrogativi, le alternative ai processi di pena e le soluzioni possibili ai disagi dell’infanzia devono essere evidenziate ed urlate ad alta voce. Come è inaccettabile che un bambino venga costretto a prendere un arma per uccidere, come è impensabile che un bambino possa essere usato come oggetto sessuale, come è inconcepibile che un bambino di 4 anni venga messo in carcere perché abbandonato, deve essere altrettanto insostenibile la presenza di uno Stato che non si applichi adeguatamente verso la tutela della propria infanzia soprattutto se ha firmato l’intenzione di farlo.
 
Da sempre abbiamo considerato i bambini solo uomini possibili, ma mai uomini reali, gli abbiamo relegati ad abitanti marginali di città pensate e costruite a misura dei “grandi”. Oggi tutto questo non può e non deve essere più possibile ma può e deve essere possibile consegnare all’infanzia diritti propri, originali, impegnativi. Diritti non imposti dall’adulto ma espressi dai bambini in modo che non si parli di una giustizia “per” i minorenni ma sempre e solo di una giustizia “dei” minorenni.
 
 
Massimiliano Fanni Canelles
Dirigente medico U.O. Azienda sanitaria n°4
Direttore del mensile Socialnews
Presidente Progetto Mielina per la Ricerca sulle malattie Rare Demielinizanti
Docente di Diritti Umani al master di Aiuti internazionali all’Università Cattolica
 
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