Il 2 Giugno è la Festa del nuovo assetto istituzionale dell’Italia. E’ soprattutto la Festa della ritrovata unità dell’Italia. Con tutte le sue pecche, con tutte le sue manchevolezze, con tutte le sue tragedie e ferite e i vecchi e nuovi odi. Ma soprattutto con le sue speranze. A differenza di tanti che hanno vissuto e vivono di rendite politiche, noi abbiamo sempre vissuto guardando all’interesse generale della Nazione, della sua storia, del suo futuro. Per questo abbiamo sempre difeso l’intoccabilità della Festa del 2 Giugno e abbiamo sempre richiesto il suo ripristino. Non possimo dimenticare che per diverse legislature interi parlamenti l’hanno tenuto sotto coperta, privilegiando solo il 25aprile, la festa dell’odio e delle fazioni e di una esigua marginalità di incalliti attivisti politici. Un riconoscimento senza limiti lo dobbiamo al Presidente Ciampi che, da buon italiano, perciò al di sopra delle parti e della sua stessa militanza politica, ha ripristinato la Festa della Repubblica come Festa Centrale della Nazione, del Popolo italiano. Abbiamo apprezzato il discorso del Presidente Napolitano, equilibrato e rispettoso. Certo, ancora sono presenti stereotipate parole proprie alla retorica dei vinti vincitori e del 25 aprile, giorno della disfatta conclusiva e inizio degli scannamenti di criminali “giustizieri”, quasi tutti rimasti impuniti. Ma, rispetto agli altri anni, prendiamo atto che è stato solo un fuggevole passaggio. Sul piano della pacificazione e del rispetto delle memorie belliche dei nostri soldati, però, rimaniamo ancora al guado. Soltanto quando ai Fori Imperiali sfileranno pure le bandiere e i labari dei soldati e delle ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana e dei marò di Junio Valerio Borghese, soltanto allora potrà dirsi definitivamente pacificato e unito nella sua nuova storia il nostro Paese. E’ perciò irresponsabile moralmente e politicamente e irricevibile storicamente il dietromarcia fatto dal premier Silvio Berlusconi in merito al ritiro de ddl sulla parificazione dei combattenti di Salò con quelli del Regio Esercito. La sua decisione forse risponderà a delle motivazioni tattiche e di circostanza, ma risulta sempre inaccettabile. Su questo piano, non vi è nulla che possa essere barattato, non vi è mai stato. Il riconoscimento e gli onori da tributare ai soldati e alle ausiliarie della RSI va definitivamente e ben tardivamente dato da uno spirito istituzionale repubblicano fin qui troppo proditorio e pusillanime. Prima che questi reduci siano tutti morti.
Oggi, è bene ricordare, bisogna sfuggire al falso e strumentale culto delle Costituzione, ad uno strumentale feticismo che fa sorridere per la grettezza delle speculazioni ideologico-politiche che vi si incrostano attorno. Nella Costituzione purtroppo ci fu messo di tutto, ad iniziare dal Trattato del Laterano e dai relativi Patti. Cose che andavano messe e cose che non andavano messe. Tra quelle messe, rimaste carta straccia e mai attuate, vi sono quelle sulla gratuità dell’istruzione di base, dell’equa retribuzione in base al lavoro, della personalità giuridica dei sindacati. Della Costituzione andrebbero con urgenza definitivamente superati il bicameralismo perfetto e la deriva parlamentaristica degli iter legislativi, la limitatezza dei poteri sia del Presidente della Repubblica sia del capo del governo, l’ordinamento della magistratura. C’è tanto, proprio tanto da fare, altro che parlare di veline e di anglismi “mediatici” che esprimono solo la inconcludente trivialità della lotta politica. C’é tanto, proprio tanto da fare, per il futuro delle nostre generazioni, per avere già da subito una maggiore giustizia retributiva da raggiungere con uno scatto di civile amor proprio nel combattere le intoccate giungle selvagge e il costo delle rendite politiche. Parlare di ridurre il numero dei parlamentari, significa voler glissare il problema. E’ come dire che la mafia si combatte con gli slogan, dimenticando che i liberatori ci riportarono la mafia a Palermo e a Napoli, la quale godette di uno status di intoccabilità per anni e anni…. quasi fino ai giorni nostri.