Riceviamo, direttamente indirizzata a Domenico Cambareri, e pubblichiamo la seguente lettera del sig. Peter Bloom su una difesa, diciamo scherzosamente, quadridimensionale dell’omosessualità:
NON SBANDIERARE LA TUA (OMO)SESSUALITA’
di Peter Boom
Ancora oggi sento dire “Non devono sbandierare la loro omosessualità”, affermazione veramente ridicola perché l’omosessualità è una condizione umana perfettamente normale e legale.
L’eterosessualità invece viene spudoratamente sbandierata. I bambini devono già avere la fidanzatina e mi diverte sempre lo sguardo attonito di questi ragazzini dai quali si aspetta con trepidazione il bacetto, un condizionamento da loro certamente non compreso e non sentito.
Nel periodo della pubertà, quando cioè si manifesta lo sviluppo sessuale, iniziano le stringenti raccomandazioni che consigliano il fidanzamento, che poi verrà subito sbandierato ai quattro venti trovando il culmine con una grande festa e gli anelli che dovrebbero legare la femmina al maschio. Seguita il matrimonio con il bacio in bocca simboleggiante il primo atto sessuale allo scopo di procreare e altri anelli come legame indissolubile al quale poi è difficile e poco probabile essere fedeli per sempre.
Le diverse forme della nostra pansessualità devono essere tenute nascoste ed è meglio neanche parlarne. Meglio essere ipocriti e le persone non devono mai ostentare la loro vera “Natura”.
Prendiamo il caso della coraggiosissima poliziotta che si è dichiarata lesbica e che per questo ha dovuto subire un insistente mobbing da parte di alcuni colleghi e l’esplicito invito di non dire la verità, un invito da ripensare soprattutto per chi fa parte delle Forze dell’Ordine delle quali ci si aspetta un “La verità e nient’altro della verità”.
Un poliziotto omosessuale deve poter esternare tranquillamente la propria sessualità. Se gli viene imposto o chiesto di tenerla nascosta potrebbe diventare oggetto di mobbing o peggio di ricatto, molto controproducente per l’attività che svolge. Ricordiamoci inoltre che il mobbing, in questo caso, viene fatto per la maggior parte da persone che sentono il bisogno di dimostrare agli altri di non essere gay, che combattono così la propria componente omosessuale latente, fenomeno che in psicologia si chiama omofobia interiorizzata. Una persona al cento per cento eterosessuale non sente questa esigenza, non gliene può importare di meno.
Nei paesi veramente laici e democratici esistono organizzazioni di tutori dell’ordine omosessuali.
Anni fa già scrissi un articolo “Polizia Pansessuale” (si può trovare sul sito http://digilander.libero.it/pansexuality ), che allora inviai ai Ministeri dell’Interno, della Difesa, della Finanza ed alle Prefetture. Articolo poi servito per un’interrogazione presentata dall’Onorevole Franco Grillini e sottoscritto da numerosi parlamentari.
L’Italia purtroppo tarda a divenire un paese laico ed ha bisogno di persone oneste e coraggiose come quella poliziotta lesbica.
Domenico Cambareri così risponde:
1. Il fatto di non sbandierare l’omosessualità è un qualcosa che ritengo assolutamente naturale e rispettoso dl modo di vita degli altri, omosessuali ed etero/omosessuali che non sbandierano il loro modo di vita compresi. Qui non si tratta di giocare con le parole, come spesso accade e come vedremo più in avanti. Conosco eterosessuali/omosessuali e omosessuali che vivono convintamente e liberamente una vita in cui la loro dimensione privata non solo non la esibiscono in modo alcuno e la mantengono riservata e “non segreta” (ci sono pure queste persone), non per falso pudore ma perché in questo modello di vita si ritrovano perfettamente. Gli omosessuali e gli etero/omosessuali non sono solo ad un dimensione. Di questo i paladini dell’arroganza gay devono convincersi. 2. La dimensione del problema nella sua natura storica, con i suoi antecedenti e con tutti i risvolti sociali e psicologici, ci porta a considerazioni di natura molto più ampia, in cui è facile individuare la genesi nello stereotipo cristiano e nelle conseguenze esclusiviste e fanatiche che da esso è conseguito per secoli. Superato ciò, non significa che sia legittimo in termini culturali e sociali e “laici” (quanti significati inappropriati sono assegnati a questo termine!) affermare tout court il diritto all’omosessualità esibita e imposta con feste di orgoglio omosessuale e manifestazioni di un eterismo e di una fissazione inesauribili, di manìa sessuale, di inclinazione orgiastica incontenibile e… dissennata. Se ciò vale per le manifestazioni eterosessuali che un pudore diffuso e inteso come naturale, per nulla “perbenista” ipocrita e “represso”, sente come non adatte e sconce, ciò non può non valere a fortiori per quelle omosessuali. 3. Leggo che: << L’eterosessualità invece viene spudoratamente sbandierata. I bambini devono già avere la fidanzatina e mi diverte sempre lo sguardo attonito di questi ragazzini dai quali si aspetta con trepidazione il bacetto, un condizionamento da loro certamente non compreso e non sentito >>. Queste sono delle affermazioni più che paradossali, dette forse ad effetto, che vogliono ribaltare le condizioni più immediate e naturali della condizione “naturale” dell’uomo. Civetteria degli adulti presente nelle tradizioni familiari ed educative a parte, ritengo non ricevibile sotto qualsiasi profilo parlare di spudoratezza delle manifestazioni giocose scherzose affettive e alla fine, con la crescita, amorose ed erotiche, dei ragazzi e delle ragazze. L’affermazione sulla “spudoratezza dell’eterosessualità” è qualcosa che va contro la stessa natura biopsichica dell’uomo, costituito da maschio e da femmina. Ciò è qualcosa di costitutivo, di organicamente essenziale, che sta prima e al di sopra delle differenza e diversità che pure la natura pone, ma che non ha reso e non rende condizione generale o, se si vuole, ha reso solo parte marginale. Fuori dalla teatralità dall’effetto forte e provocatorio, ciò è altrimenti qualcosa di irrealistico ed è espressione, a mio avviso, di profonde fratture psicologiche che esistono in un qualche individuo relativamente a come ha vissuto e vive il rapporto tra la sua persona e il mondo circostante, specificamente nella sua dimensione antropica. A nulla vale trincerarsi dietro la “pansessualità”. Nel capoverso successivo, a proposito della pubertà, il sig. Peter Bloom dimentica che non pochi ragazzi (tra quelli che si apriranno definitivamente a rapporti omoerotici, sia rimanendo eterosessuali sia diventando esclusivamente omosessuali) rimangono irretiti da esperienze da cui non riescono a trarsi fuori anche per motivi banalissimi, come il non voler rifiutare al/ad uno dei compagnucci con cui porta avanti questi primi giochi ulteriori occasioni di soddisfacimento erotico in cui, per di più e spesso, l’oggetto sognato e bramato in quei momenti è il corpo dell’altro sesso. 4. In relazione ai “diritti” degli omosessuali e alla loro definitiva liberazione, ricordo che in un mio editoriale pubblicato sul quotidiano online Parvapolis qualche anno addietro, a cui si rifece espressamente sulla medesima testata qualche esponente del PD esprimendo piena condivisione, ebbi ad affermare che ad essi vanno riconosciuti i diritti soggettivi. La legalità e liceità dell’omosessualità va riconosciuta e garantita nei suoi precisi limiti, così come altrettanto in maniera chiara e ferma vanno respinti i tentativi (purtroppo in altri Paesi platealmente quanto scioccamente riconosciuti in un presente estremamente equivoco giuridico che nulla preserva dell’aleatorietà circa il futuro per l’insussistenza delle oggettive basi giuridiche…) che scioccamente quanto arrogantemente pretendono lo sposalizio tra omosessuali e addirittura l’assurdità dell’adozione di bambini. Queste mie posizioni sono state condivise a livello individuale da persone che vivono secondo la dimensione dell’omoerotisno esclusivo sia di quello congiunto con una vita di rapporti eterosessuali. 5. L’omosessualità degli antichi elleni (di un a parte e non di tutti gli elleni…) era profondamente diversa da quella odierna. L’omosessualità ellenica viveva entro un quadro rigoroso di eterosessualità e l’omoerotismo non inficiava le doti mascoline e, soprattutto, la qualità etica e “guerriera” virile. Chi viveva nel pieno affondo della condizione omosessuale, in una condizione di irrefrenabile fissità sessuale, era visto con sufficienza se non con scarsa considerazione, insomma come strumento atto a procacciare solo il piacere omoerotico nel suo più immediato aspetto sessuale. Senza nulla avere a che fare con gli aspetti più nobilitanti intorno al bello e alla non separabile sfera della relazione tra due anime essenzialmente maschie. Questo non può essere sottaciuto o negato. Ed è una differenza immensa rispetto all’omoerotismo di tante masse omosessuali gioiosamente manifestanti per le piazze dell’odierno occidente, tra le quali pare diffusa la sconsiderata e illimitata esaltazione della totale perdita del sesso di appartenenza e del ricorso allo strumento chirurgico per diventare qualcosa di completamente diverso. Qui, spero di sbagliare, non parliamo più di casi, di percentuali marginali, ma di una quantità sempre crescente di omosessuali manifesti/manifestati che ricorrono a queste pratiche. Ma quanto vi è di naturale e quanto vi è di acquisito fra costoro? 6. La guerra delle parole. Si parla senza misura e scriteriatamente di “omofobia” per attaccare gli avversari, i più diversi tipi di avversari. Ma cosa c’entra l’omofobia? Un eterosessuale dunque sarebbe un omofobo se ha una qualche contrarietà o avversione a delle pretese/alle pretese degli omosessuali? Non dovremmo, correttamente, parlare solo e soltanto di antiomosessuale o di fobia omoerotica o di omosessuofobia?
7. Circa le condizioni dei diritti degli omosessuali nei luoghi di lavoro, è cosa acquisita che essi vadano protetti dalle leggi per evitare ogni possibile forma di ricatto e di condizionamento da parte di colleghi non omosessuali. Su particolari aspetti, tuttavia, sarebbe necessario un approfondimento particolare, anche in riferimento a certi tipi di attività lavorativa. Non dimentichiamo che il rischio paventato è apertamente reversibile. Può non di meno – o forse di più? – un omosessuale o una lesbica imporre ricatti ad altri colleghi, anche nell’ambito della scala gerarchica di cui fa parte? Questione aperta in cui i termini etici e deontologici si intrecciano, forse inestricabilmente, con i dati e gli aspetti più individuali delle persone.
Non capisco, inoltre, con quale certezza il sig. Bloom possa affermare che l’eterosessuale doc è assolutamente indifferente agli aspetti etici ed erotici relativi all’omosessaulità. Affermazione per me infondata e… insensata. Infine, io non so perché il signor Peter Bloom mi ha indirizzato questa lettera, a cui ritengo di avere risposto comunque in misura adeguata. Forse è in riferimento alla conferenza di Viterbo del 12 settembre da me tenuta con La Porta? Avrebbe ben potuto chiedere la parola per interloquire direttamente i conferenzieri, i quali hanno manifestato condivisione di retaggi culturali ma approcci e pareri difformi sull’omosessualità o, al termine, avvicinarsi per un più diretto confronto.