Economia: in tempi normali e soprattutto in tempi di crisi, bisogna adottare strumenti oggettivi di analisi preventiva d’investimento e di spesa

 

 28 Settembre 2009

Alberto Savastano

 alberto.savastano@libero.it

 

LE COLPE DELL’ATTUALE CRISI ECONOMICA: DI CHI E PERCHE’?

Chi ha letto i giornali di questi ultimi giorni si sarà accorto che nel nostro Paese impazza una vera e propria faida tra maggioranza e opposizione, governo e banche, banche e imprese; ognuno rinfaccia all’altro le colpe della crisi economica in corso. Per l’opposizione, il Governo non fa nulla di concreto per fronteggiarla. La maggioranza rivendica, invece, i grandi meriti dell’azione di Governo riconosciuti anche dall’ultimo comunicato Moodi’s: (ottimo Il PIL che, previsto – 5,2 %, scenderà alla fine dell’anno a – 4.4%; ottime anche le misure del Governo per la tutela del risparmio e dell’occupazione) e attacca le Banche: “Mai più banche che comandano i governi e la politica”; “Gli Istituti di credito non devono essere troppo grandi, ma soprattutto devono essere al servizio della gente, non viceversa”; “Il sistema del credito ha una funzione pubblica”. Le Banche si difendono affermando il loro impegno consueto nell’erogazione del credito alle imprese. Il Presidente dell’ABI, Dott. Corrado Faissola, a difesa del Sistema bancario, ha dichiarato lo scorso 14 Luglio alla Consob e ribadito il 13 u.s. alla Confesercenti: “Il problema fondamentale è che la domanda di credito finalizzata a progetti non c’è”. Che cosa sta succedendo e dove stiamo andando? Le colpe e le responsabilità della crisi – in verità non circoscrivibili soltanto ad alcune delle Istituzioni oggi in conflitto – esistono e sono causa non solo della crisi attuale ma di tutte quelle che si sono succedute nel tempo fin dal 1955 coinvolgendo quanti hanno gestito le Politiche di Sviluppo e le Politiche bancarie del credito affidandosi, per l’approvazione e il finanziamento di piani e progetti di sviluppo, a criteri valutativi soggettivi e discrezionali e a procedure inappropriate. Esistono, invece, regole e metodologie specificatamente indicate per affrontare con razionalità e trasparenza le problematiche dello sviluppo e della progettualità che, a torto – e non sappiamo fino a che punto inconsapevolmente – sono state trascurate. Si tratta delle Metodologie dell’Economia dello Sviluppo, elaborate, diffuse e suggerite a tutti gli Stati nella seconda metà del secolo scorso, dai Centri di ricerca, Organizzazioni e Organismi finanziari internazionali. Esse consentono di accertare “preventivamente” – ossia prima di investire capitali – se un progetto d’investimento pubblico o privato, produttivo, infrastrutturale e sociale, sia o meno in grado di creare “valore aggiunto” e “redditività” finanziaria e sociale la cui quantificazione è indispensabile per distinguere i progetti tra redditivi e non redditivi, approvare i primi, rigettare i secondi evitando sprechi e cattedrali nel deserto. Tali metodologie, ancora attuali per non essere state superate dalla ricerca economica, presentano un’elevata attendibilità scientifica. Purtroppo, in Italia, non sono state riconosciute quale strumento di riferimento della Politica di sviluppo e della Politica bancaria del credito, anche se incarnano due funzioni fondamentali dello Sviluppo: la qualificazione dei progetti d’investimento, conseguibile con una corretta analisi ex ante che ne attesti la validità, ossia la redditività e quindi la capacità di partecipare alla crescita economica e sociale del Paese e di rimborsare i finanziamenti e i crediti bancari ricevuti; la razionalizzazione della spesa pubblica e privata in conto capitale, conseguibile con una corretta allocazione delle risorse finanziarie pubbliche e private sulla base dei risultati ottenuti dalla valutazione ex ante dei progetti. L’aver anteposto alle regole della progettualità, della redditività e dello Sviluppo, i profitti a breve della speculazione dei mercati finanziari è da considerare, senz’altro, le causa principale della crisi che stiamo vivendo. Infatti: quante aziende grandi e piccole hanno effettivamente operato su progetti redditivi? Quanti progetti pubblici e privati non redditivi sono riusciti a sopravvivere temporaneamente, soltanto per via di ripetuti aiuti di Stato e incentivi vari erogati in barba ai criteri della redditività? Quante risorse finanziarie, pubbliche e private, sono state bruciate per aver rinunciato a sistematici accertamenti preventivi della redditività dei progetti? Quanti progetti d’investimento hanno favorito solo la speculazione, ossia hanno prodotto utili agli imprenditori, ma non favorito la crescita del P.I.L.?. Purtroppo, si continua caparbiamente su questa strada per cui i pur ottimi interventi del Governo (Decreto-Legge 29 novembre 2008 n.185: Misure urgenti anticrisi) rischiano di trasformarsi in insuccessi e nell’ennesimo spreco di risorse finanziarie pubbliche se le misure di accompagnamento (finanziamenti e garanzie pubbliche alle imprese ecc.), disancorate da chiari e trasparenti criteri di redditività, resteranno improntate a giudizi metodologicamente impropri soggettivi e discrezionali.
Conclusione: o confidare negli astri o operare razionalmente! L’ Italia, e la mia Regione Abruzzo, chiamata oggi, in particolare, a fronteggiare con realismo e raziocinio le conseguenze del terremoto, potrebbe riscattarsi dagli errori del passato adottando una serie di interventi strutturali: – promulgazione di una vera e propria legislazione organica dello Sviluppo regionale;
– approvazione di regolamenti tecnici di attuazione conformi ai principi dell’ Economia dello Sviluppo;                      – lancio di programmi e progetti di “Institution and Capacity building” utili a conferire, in materia di Sviluppo agli Italiani e agli Abruzzesi consapevolezza sociale e aggiornata competenza professionale.
 
 
 

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