9 Novembre 2009
Fonte: Parvapolis
(già in pubblicata in Pages)
Domenico Cambareri
Berlino, l’Europa, il mondo venti anni dopo
L’implosione inaspettata, repentina dell’impero sovietico ha due simboli: – la superiorità tecnologica acquisita dagli armamenti USA con il dispiegamento della bomba a neutroni nel teatro europeo per volontà di Reagan, bomba che azzera tutto d’un colpo ogni schiacciante superiorità nucleare tattica ed eurostrategica sovietica perché gli arsenali di Mosca non hanno nulla da opporre; – la caduta del muro di Berlino e il non meno inaspettato flop di un regime filosovietico terribile che aveva giuocato tutte le sue fortune nell’instillare nell’animo dei suoi succubi la paura. I ventotto anni del muro di Berlino sono e rimarranno un momento storico indimenticabile in quella che si è oramai formata: la coscienza comune europea, al di là dalla distinzione delle singole nazionalità che l’hanno costituita e che ancora la costituiscono. Le aberrazioni politico-ideologiche di regimi che nella realtà concreta della vita di tutti i giorni nulla avevano mai avuto a che fare con il paradiso in terra degli operai e che erano arrivati a sradicare o permeare dei suoi agenti la vita familiare e le ombre delle attività di culto tollerate, sembrano un ricordo quasi irreale, che esce da tenebrosi recessi di incubi e di sogni terrificanti. Il dispotismo di gerarchie burocratiche autolegittimantesi nella logica della più esclusiva e impermeabile autoreferenzialità di partito è anch’esso un incubo svanito in Europa, ma purtroppo non in tutto il pianeta. Le democrazie occidentali oggi danno un credito, da sempre mal riposto, al regime dei comunisti cinesi, che ancora tiene aggiogate folle immense di sudditi e al contempo reca squilibri enormi alle industrie manifatturiere e di base di tutto l’Occidente. Ciò come si concilia con il rispetto della democrazia, delle libertà più elementari degli uomini e dei popoli? Ciò non mal si concilia, ma semplicemete non si concilia. Cerchiamo di apportare correzioni di fondo a simili scelte e a non continuare a tergiversare come si fece con l’Unione Sovietica e i regimi satelliti. Il paragone può risultare improprio, in quanto con la Cina non abbiamo avuto una vera “guerra fredda”. Ma è anche vero che il suo regime ha dimostrato capacità di metamorfizzazione incredibili e capacità di arrecare danni ai settori di base e diffusi della produzione non solo manifatturiera dei grandi produttori dell’Occidente, colpi di maglio terribili. La Cina ha fatto proprie le capacità d’azione del mondo capitalista, e, sfruttando tutti i suoi lati deboli, si è direttamente innervata nei suoi apparati produttivi con tecniche di dumping assolutamente originali e nuove in un mercato mondializzato che sarà sempre più controllato dalla sua manodopera a prezzi stracciati, anche nei quartieri produttivi delle città occidentali. Violando sistematicamete aspetti economici, di rispetto delle regole del mercato, ed etico-politici con l’asservimento di unità e strutture lavorative a carattere parentale, che non traggono alcun beneficio dai processi di concorrenza (sleale) e vengono tenuti in condizioni di sistematico sfruttamanento le cui condizioni non possono che far rabbrividire. Oggi, chiuso il capitolo doloroso dei regimi comunisti occidentali e del terrore e della morte seminati dalle loro polizie segrete, dai vopos lungo il muro e tutta la cortina di ferro e da una magistratura completamente asservita al gioco dei regimi autocratici, abbiamo questo capitolo aperto. Anche esso è da vincere, e al più presto, chiudendo tutti i varchi sapientemente sfruttati dall’astuzia degli apparati cinesi, certo non al servizio del loro popolo, ma di una nomenklatura che ha saputo con accortezza allargare i limiti della ricaduta dei benefici economici e materiali ad alcune centinaia di milioni di persone, lasciando per il resto completamente inalterato il quadro generale e le sue assolute prerogative. Dopo la caduta del muro di Berlino, c’è da auspicare il raggiungimento della fruzione della libertà per altre centinaia di milioni di uomini dall’altra parte del mondo, soggetti ad un regime i cui fondamenti e i cui retaggi ideologico-burocratici sono identici a quelli dei comunisti occidentali di ieri. Ben ha fatto il minsitro degli esteri polacco a ricordarlo a tutti, soprattutto a D’Alema e a noi italiani per far sì che quanto è accaduto non venga lavato con qualche bicchiere d’acqua. D’Alema, con il ribattezzarsi socialdemocratico tutto d’un tratto, rtiene che tutto quello che ha antecedentemente fatto possa essere annullato come se nulla fosse stato? Ritiene spavaldamente di poter ambire a qualsiasi carica nel vertice della nuova Europa, come se ne fosse stato sempre il paladino? L’altra metà dell’Europa ci ha ricordato i fatti, la cruda storia. Ed ha detto di no. Sotto l’ombra del muro di Berlino, della cortina di ferro e della divisione di popoli voluta da ben precisi regimi e supportata ad Occidente da ben precisi partiti. Guardiamo dunque al futuro, senza dimenticare quanto è stata fino ad anni recenti la cruda e dolorosa storia di uomini, in questa Europa. Anche nel ricordo dei giovani patrioti italiani che dettero un diretto e pacifico contributo alla nascita di questa nuova Europa.