IL MURO DELLA VERGOGNA: 12 Agosto 1961 – 9 Novembre 1989
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Italiani contro il Muro
di Vincenzo Savignano, “Avvenire”, 22 ottobre 2009, p. 28
La storia dimenticata di una resistenza silenziosa, sottovalutata e poco raccontata. Pochi furono i protagonisti e pochi i testimoni, ancor meno coloro che oggi possono raccontare le storie degli italiani che, nell’era dei due blocchi, giunsero in Germania da emigranti per poi diventare eroi: rischiando la propria vita, aiutarono tedeschi dell’Est a fuggire dal regime della Ddr. « Sono cinquemila gli italiani che parteciparono in 28 anni, a Berlino Ovest, a manifestazioni di protesta contro la dittatura della Germania Est; 16 gli italiani arrestati e rinchiusi nelle carceri della Stasi per attività di fluchthilfe, ossia per aver tentato di aiutare ad oltrepassare il Muro decine di tedeschi di Berlino est » , racconta Gino Ragno, ex giornalista, che tra gli anni ‘ 70 e ‘ 80 ebbe il coraggio di informarsi e raccontare le storie di questi « eroi silenziosi » . Ragno ha perso ogni contatto con tutti loro, ma ricorda i loro volti, le loro vicende caratterizzate da sofferenze e ingiustizie.
« Scontarono tutti da un minimo di 2 a un massimo di 4 anni nei duri carceri della Stasi. Alcuni furono arrestati ad Ovest e trasportati di nascosto nelle prigioni di Berlino Est, come l’elettricista Vittorio Palmieri che prima di finire in cella fece fuggire la sua fidanzata e tutta la sua famiglia » . È difficile dire quanti tedeschi dell’Est riuscirono a scappare grazie all’aiuto degli italiani: « Decine, più di un centinaio probabilmente – prosegue Ragno -. Uno dei più attivi fu l’insospettabile Nereo Darmolin, noto ballerino di Berlino Ovest: decine di tedeschi lo ricordano come il loro liberatore. Finirono nelle carceri della Stasi per attività di fluchthilfe anche Michela Duani, Pasquale Cervera, Antonio Di Muccio, Pietro Porcu, Ernesto de Persis »
Tutti gli italiani, dopo aver scontato la loro pena nelle carceri della Ddr, furono abbandonati anche dalle autorità italiane che non avevano alcuna possibilità di interferire nelle decisioni del regime della Germania orientale. « Non potrò mai dimenticare il senso di solitudine di Pasquale Cervera che, una volta fuori dalla prigione della Stasi, si vide rilasciare dal consolato italiano di Berlino Ovest un foglio di via obbligatorio per un viaggio di sola andata verso Ischia » . Ragno ha anche conosciuto Domenico Festa e Luigi Spina che, insieme ad Harry Seidel e ai coniugi Fuchs, cinque mesi dopo la costruzione del Muro iniziarono a scavare un tunnel alla Bernauer Straße 73, all’interno di un impianto industriale diroccato. Dopo 7 mesi di lavoro in cui i due italiani e altri studenti stranieri scavarono senza sosta sotto i piedi delle truppe di frontiera, il 14 settembre 1962, 56 persone strisciarono per 150 metri verso la libertà. Questa è una delle storie più conosciute e raccontate, che per la sua spettacolarità e anche il lieto fine è diventata un romanzo e una fiction per la televisione. Le vittime e le sofferenze, invece, sembrano venire dimenticate dagli uomini e dalla storia. A fine novembre Gino Ragno, in qualità di segretario generale dell’Associazione per l’Amicizia Italo- tedesca, sarà a Berlino per riuscire finalmente a collocare in una piazza della città un monumento, realizzato da Benedetto Robazza, dedicato ad Elena Sciascia, giovane patriota europea ed eroina italiana sconosciuta.
Italo- tedesca, Elena nel 1973 venne arrestata dalla polizia segreta della Germania Est per aver tentato di aiutare la sua migliore amica, Eva Solingen, a fuggire dal regime di Honecker. Torturata per mesi nella prigione di Hohenschoenhausen, prima della condanna a 7 anni di carcere, e trasferita nella prigione di Bautzen, in Sassonia, finalmente venne liberata nel 1976 dietro una cauzione di 80 mila marchi pagati dalla Repubblica Federale Tedesca, Elena Sciascia venne marchiata per sempre, nel corpo e nella mente, da quell’incubo. L’ictus, conseguenza delle sevizie subite, la colpì due volte pochi mesi dopo la liberazione e poi, in modo devastante e irreversibile, nel 1996.
Ricoverata in coma al Policlinico Charitè di Berlino, è morta a settant’anni ( di cui gli ultimi 8 passati in coma) il 14 ottobre 2003. « Anche il cancelliere Angela Merkel ha appoggiato la nostra iniziativa e inviteremo il Papa a benedire il monumento dello scultore Robazza » racconta Ragno, che avrebbe già individuato il luogo dove collocare la statua in ricordo della Sciascia. « Siamo in contatto con Hubertus Knabe, il direttore del monumento commemorativo Berlin Hohenschönhausen , l’ex prigione berlinese della Stasi.
Vorremmo collocare il monumento proprio lì di fronte » . La Sciascia è l’unica vittima italiana, ma sono centinaia le vittime del regime della Ddr; di ognuno di loro si conoscono volti e nomi ma non dei loro torturatori e aguzzini.
« Molti agenti Stasi usavano nomi di copertura – continua Ragno – e dopo il 9 novembre 1989 non c’è mai stata la volontà di indagare, di individuare i colpevoli e consegnarli alla giustizia » . Dopo la caduta del Muro nessun ministro del governo Honecker o generale della
Nationale Volks Armee
è stato condannato; alcuni subirono dei processi senza conseguenze. Molti ex agenti Stasi oggi siedono nei consigli comunali e regionali dei Länder della Germania orientale. Il generale Erich Fritz Emil Mielke, uno dei fondatori della Stasi, ministro della Sicurezza statale, ha ricevuto un trattamento al velluto. Il leader della Germania comunista, il dittatore Erick Honecker, riuscì a fuggire a Mosca. « La sua fuga – spiega Ragno – venne agevolata dagli americani e dalla Bundeswehr, che bloccarono una squadra di 12 uomini pronti nella notte del 9 novembre 1989 a raggiungere Pankow per arrestare il dittatore. Se Honecker fosse stato preso, processato e condannato a morte, alla pari dei gerarchi nazisti, oggi la Germania avrebbe un altro volto politico »
Stampato dal sito www.ilpopolodellaliberta.it
6 Dicembre 2009