15 Gennaio 2010
Fonti: Arianna Editrice, Uruknet [scheda fonte]
Shlomo Sand: ‘Come fu inventato il popolo ebraico’ Best-seller israeliano infrange il tabù nazionale di Jonathan Cook – 20/10/2008
Nessuno è rimasto maggiormente sorpreso di Shlomo Sand quando il suo ultimo lavoro accademico è rimasto per 19 settimane nella classifica dei best-sellers israeliani, e che tale successo questo professore di storia lo abbia ottenuto a dispetto del fatto che il suo libro contesta il più grande tabù di Israele.Il dott. Sand sostiene che l’idea di una nazione ebraica, la cui necessità come sicuro rifugio è stata originariamente sostenuta per giustificare la fondazione dello stato di Israele, è soltanto un mito inventato poco più di un secolo fa.Esperto di storia europea all’Università di Tel Aviv, il dott. Sand ha condotto estese ricerche storiche ed archeologiche volte a sostenere non solo questa sua affermazione ma anche molte altre, tutte egualmente controverse. Oltre a ciò, Sand afferma anche che gli ebrei non furono mai esiliati dalla Terrasanta, che la maggior parte degli ebrei attuali non ha alcun collegamento storico con la regione chiamata Israele, e che abolire lo stato ebraico è l’unica soluzione politica per porre fine al conflitto con i palestinesi. Il successo di “Come e quando fu inventato il Popolo Ebraico” (traduzione letterale del titolo inglese dell’opera, N.d.T.) sembra destinato a ripetersi in tutto il mondo; la prima edizione francese, uscita il mese scorso, si sta vendendo così in fretta che sono già state necessarie tre ristampe. Per contro Sand dichiara che gli israeliani si sono dimostrati, se non proprio solidali, almeno curiosi nei confronti di tale argomento. Tom Segev, uno dei principali giornalisti del paese, ha definito il libro “affascinante e stimolante”. Sorprendentemente, ha dichiarato il dott. Sand, la maggior parte degli accademici israeliani suoi colleghi si sono astenuti dal confutare le sue argomentazioni, con l’unica eccezione di Israel Bartal, professore di Storia Ebraica all’Università ebraica di Gerusalemme. Scrivendo sul quotidiano israeliano Ha’aretz, il dott. Bartal non si è impegnato tanto nel controbattere le argomentazioni del dott. Sand; ha piuttosto dedicato la maggior parte dell’articolo a difendere la propria professione, limitandosi a suggerire che gli storici israeliani non erano così ignoranti circa la natura inventata della storia ebraica, come sosteneva il dott. Sand. L’idea del libro cominciò a prendere forma molti anni fa, racconta Sand, ma volle attendere fino a poco tempo fa. “Non posso affermare di essere particolarmente coraggioso nel pubblicare quest’opera solo ora” ha dichiarato. “Ho preferito aspettare fino a quando sono diventato professore di ruolo. C’è un prezzo da pagare nel mondo accademico israeliano se si esprimono punti di vista di tal genere.” La principale argomentazione del dott. Sand è che, fino a poco più di un secolo fa, gli ebrei si ritenevano tali solo in virtù della comune religione. All’inizio del XX secolo, afferma, gli ebrei sionisti misero in dubbio questa idea e cominciarono a creare una storia nazionale intentando l’idea che gli ebrei fossero esistiti come popolo separato dalla propria religione. “Il sionismo ha cambiato l’idea di Gerusalemme. In passato i luoghi santi erano visti come posti da desiderare, non da viverci. Per 2.000 anni gli ebrei sono rimasti lontani da Gerusalemme non perché non potessero tornarci, ma bensì perché la loro religione lo proibiva fino a che non fosse tornato il messia.” La sorpresa maggiore durante le sue ricerche si ebbe quando cominciò a esaminare i reperti risalenti all’epoca biblica. “Non sono stato allevato come sionista, ma come tutti gli altri israeliani ho sempre dato per scontato che gli ebrei fossero un popolo che viveva in Giudea, e che nel 70 dopo Cristo ne fossero stati scacciati dai Romani. Ma quando cominciai ad esaminare le prove scoprii che i regni di Davide e di Salomone erano soltanto leggende”.
“Allo stesso modo per quanto riguarda l’esilio. In effetti è impossibile spiegare l’essere ebrei senza l’esilio; ma anche in quel caso, quando cominciai a cercare libri di storia che descrivessero gli eventi relativi a questo esilio, non riuscii a trovarne alcuno; neppure uno solo”.
“Ciò perché i Romani non esiliarono il popolo: come dato di fatto, gli ebrei in Palestina erano principalmente contadini, e tutte le prove confermano che rimasero sulle loro terre”. Sand crede invece che una teoria alternativa sia molto più plausibile: l’esilio fu un mito propagandato dai primi cristiani per convertire gli ebrei alla nuova fede. “I cristiani volevano che le successive generazioni di ebrei credessero che i loro antenati erano stati esiliati come punizione divina”. Così, se non c’è stato un esilio, come è accaduto che moltissimi ebrei si siano ritrovati dispersi per il mondo prima che l’attuale stato di Israele cominciasse ad incoraggiarli a “tornare”? Il dott. Sand afferma che, nei secoli immediatamente precedenti e successivi all’era cristiana, il giudaismo erano una religione di proselitismo alla disperata ricerca di conversioni. “Questo si ritrova nella Letteratura romana dell’epoca”. Gli ebrei viaggiavano in altri paesi cercando gente da convertire, specialmente nello Yemen e fra le tribù berbere del Nord Africa; secoli dopo il popolo del regno Cazaro, in quella che è l’attuale Russia meridionale, si sarebbe convertito in massa al giudaismo, dando origine agli ebrei askenaziti dell’Europa centrale ed orientale. Il dott. Sand evidenzia lo strano stato di negazione nel quale vive la maggior parte degli israeliani, facendo notare che i giornali avevano dato ampio risalto alla recente scoperta della capitale del regno Cazaro vicino al Mar Caspio. Ynet, il sito web del più popolare quotidiano israeliano, Yedioth Ahronot, titolò: “Archeologi russi trovano la capitale ebrea da lungo perduta”. Eppure nessun altro giornale, aggiunge Sand, aveva considerato l’importanza di questa scoperta in confronto con la tradizione corrente della storia ebraica. Il resoconto del dott. Sand suscita, come lui stesso annota, una ulteriore domanda: se la maggior parte degli ebrei non ha neppure mai lasciato la Terrasanta, che cosa è stato di loro? “Non si insegna nelle scuole di Israele, ma molti dei primi leaders sionisti, incluso David Ben Gurion (primo capo del governo di Israele), ritenevano che i palestinesi fossero i discendenti degli ebrei originari di quell’area; e ritenevano anche che si fossero successivamente convertiti all’Islam”. Il dott. Sand attribuisce la reticenza dei suoi colleghi a confrontarsi con lui ad un’implicita ammissione da parte di molti che l’intero edificio della “storia ebraica” insegnata nelle università israeliane sia costruito come un castello di carte. Il problema con l’insegnamento della storia in Israele, spiega Sand, risale ad una decisione, presa nel 1930, ridividere la storia in due discipline distinte: la storia generale e la storia ebraica. Si è ritenuto opportuno che la storia ebraica avesse un suo proprio campo di studio in quanto l’esperienza ebraica era considerata unica. “Non c’è alcun dipartimento di politica o sociologia ebraica in alcuna università. Soltanto la storia viene insegnata in questo modo, e ha consentito agli specialisti di storia ebraica di vivere in un mondo molto isolato e conservatore, nel quale non sono toccati dai moderni sviluppi della ricerca storica.
Sono stato criticato in Israele per aver scritto di storia ebraica quando invece la mia specializzazione è la storia europea. Ma un libro come questo richiedeva uno storico che avesse familiarità con gli standards concettuali della ricerca storica utilizzati dagli accademici di tutto il resto del mondo”.
pubblicato in origine su The National, Abu Dhabi | 9/10/2008 |
1 comment for “Ritorniamo sul sionismo, Shlomo Sand e le fantasiose creazioni “storiche””