A un anno dalla morte del grande parà gen. Giuseppe Palombo

9 Febbraio 2010

 

Un anno oggi: il grande parà Palombo ci lasciava

Riportiamo un estratto di quanto pubblicato da “Basco grigioverde” in onore del generale Palombo, un eore di guerra un simbolo della tradizione militare italiana contemporanea                                               

Per una lettura integrale e la visione dell’apparato storico- fotografico, vedi in bascogrigioverde.blogspot.com/

 

lunedì 9 febbraio 2009
Pagina d’apertura dedicata al Generale Giuseppe Palumbo “Il 9 febbraio 2009 il mio Comandante è andato avanti per ricongiungersi con i suoi ragazzi”
 
 
Giuseppe Palumbo e Mario Chiabrera. Una vita insiemeE’andato avanti il mio Comandante Generale Giuseppe Palumbo.
Per me è stato come un padre.
Esco dal privato per non sottrarre nulla ai suoi paracadutisti per i quali ha mantenuto sempre un amore paterno.
Del comandante ho l’ultimo ordine che mi ha dettato in occasione della Festa della Specialità del 27 ottobre 2007, quando era assente perchè ricoverato in ospedale.
“Ordino a tutti i miei paracadutisti che almeno una volta nella loro vita si rechino al Sacrario di El Alamein e non dimentichino chi è caduto per la Patria”.
Roma 27 ottobre 2007
Generale Giuseppe Palumbo

Il mio sentito Grazie alla nipote dottoressa Sabrina per le amorevoli cure che in anni di dedizione e affetto ha riservato al mio Comandante.
Folgore
Par. Tino Gianbattista Colombo
Nell’immagine di Basco Grigioverde il 25 aprile 1999 il Generale palumbo con la Nipote Sabrina all’innaugurazione del “C-119 Lira 35” Restaurato dal Gruppo Amici del C-119 e posizionato presso il Museo Tematico di Piana delle Orme Borgo Faiti latina
N.B. Per trovare altri post sul Generale Giuseppe Palumbo servirsi del motore di ricerca interno al Blog Basco Grigioverde
Questo è il Link che porta al Famedio del Cimitero del Verano Roma dove verranno deposte provvisoriamente le ceneri del Comandante Generale Giuseppe Palumbo in attesa di essere traslate a El Alamein
http://bascogrigioverde.blogspot.com/2008/06/31-maggio-maggio-al-famedio-del.html
Dopo la cerimonia ci defilavamo ed eravamo soliti a portare un saluto sulla Tomba della moglie Fernanda
Da Folgore
“I NOSTRI GRANDI”
Gen. Giuseppe Palumbo
Divenne Comandante della Scuola Militare di Paracadutismo dopo leggendarie imprese di guerra in Africa. Conquistò il forte di Harrington ed ebbe la soddisfazione di ammainare personalmente la bandiera inglese. Catturato, fu protagonista di ben 13 evasioni: drammatica quella che lo costrinse a nuotare per sette ore nell’oceano, storica quella che dal Kenya lo condusse in Italia.
Di possedere un coraggio al limite della temerarietà, lo scoprì a 12 anni ne. quando, per far breccia nel cuore di una ragazzina di cui si era innamorato, percorse l’intero cornicione al quinto piano del palazzo dove abitava, su un lo monopattino rischiando ad ogni curva di sfracellarsi al suolo!
Da allora ad oggi (ha felicemente ha girato la boa dei 84 anni) la vita del generale paracadutista Giuseppe 1° Palumbo è sempre trascorsa all’insegna delle imprese più clamorose e stravaganti, costantemente al confine tra temerarietà e incoscienza.
Comandante di bande di colore in Africa durante l’ultima guerra, autore di colpi di mano leggendari (come la conquista del munitissimo fortino inglese di Harrington), protagonista di ben tredici evasioni di cui cinque importanti (drammatica quella che lo costrinse a nuotare per sette ore nell’oceano infestato di pescecani; “storica” quella che lo condusse dal Kenya all’Italia con una fuga da Guin­ness dei primati di ben ottomila chilo­ metri!); domatore di tigri e leoni; paracadutista spericolato.
Nel dopoguerra nè il passare degli anni nè le responsabilità del grado (fu comandante della Scuola militare di paracadutismo) attenuarono il suo gusto per l’avventura e per le iniziati­ve provocatorie che scatenarono pole­miche anche a livello nazionale come quando affrontò a ceffoni un giornali­, sta che aveva accusato ingiustamente i suoi paracadutisti o quando restituì le al decorazioni al valor militare al presi­dente Pertini in segno di sdegnata pro­testa.
Quando nel ’73 concluse la sua car­riera, volle celebrare l’avvenimento con un gesto spettacolare: “Feci un lancio a Vicenza con la pattuglia acro­batica in caduta libera da tremila metri per chiudere nell’aria la mia vita militare. Così come nell’aria spero un di giorno di lasciarci le penne “.
Figlio di un ufficiale di cavalleria, Giuseppe Palumbo fece il corso allievi ufficiali nel ’36 in fanteria e due anni dopo partì per l’Africa orientale parte­cipando con il II Battaglione Colonia­le ai cicli di operazioni di guerra nel territorio del Governo dei Gallo e Sidano ottenendo tre croci al merito di guerra e la decorazione di cavaliere dell’Ordine coloniale della Stella d’Italia.
L’impresa più impegnativa fu l’annientamento della banda di Marfù Tafarrà che aveva tenuto in scacco un intero battaglione.
Scoppiato il secondo conflitto mon­diale, l’allora tenente Palumbo si rese protagonista di leggendari colpi di mano al comando di bande indigene. Il più clamoroso fu la conquista del munitissimo forte inglese di Harrington dopo sei giorni di furiosi combatti­menti.
“Prima di poter conquistare il forte ‑racconta Palumbo ‑ bisognava annien­tare la resistenza di Dirsale, un paesi­no proprio ai piedi di Harrington. Mentre i vari battaglioni si sussegui­vano negli assalti, io ero di riserva con i miei uomini. Stanco di questa attesa snervante, mi presento al Comando attacco, dal col. Cicinelli, e mi offro volontario per occupare il paese con la mia banda. Il col. Cicinelli mi dice, ridendo, che in Africa i manicomi ancora non c’erano, facendomi capire che la mia proposta era pazzesca.
Mi dà comunque via libera e io gioco la carta della sorpresa e della psicologia: a notte, dopo una giornata di intensi combattimenti, i soldati, spossati, avvertono logicamente un calo di tensione. lo approfitto di que­sta situazione e, con pochi uomini, lancio in piena notte un attacco vio­lentissimo con micidiale lancio di bombe a mano.
La sorpresa funziona, i difensori di Dirsale abbandonano il paese e cerca­no scampo nel vicino forte di Harring­ton”.
Il primo obiettivo è raggiunto, ades­so resta il compito più arduo. Palumbo e i suoi uomini restano imbottigliati in prima linea “rigettando ripetuti contrat­tacchi nemici ‑ come riporta la motiva­zione del passaggio di Palumbo in S.P.E. per meriti di guerra proprio in virtù di quell’impresa ‑ e resistendo sul posto per tre giorni consecutivi nono­stante i furiosi bombardamenti avversa­ri effettuati sia da terra sia dall’aria. Infine al quarto giorno, ricevuto l’ordi­ne di assaltare il fortino distante una cinquantina di metri, ci si lanciava a colpi di bombe a mano, mettendo in fuga gli ultimi difensori rimastivi, cat­turando armi e munizioni”.
“Naturalmente il forte non cadde solo per merito del mio assalto ma di tutti gli altri battaglioni impegnati nell’attacco ‑ puntualizza Palumbo ‑ Io però ebbi la grande soddisfazione di entrare per primo e di ammainare per­sonalmente la bandiera inglese che i difensori in fuga non fecero in tempo a porre in salvo”.
Come “bottino” personale di guerra Palumbo si prese uno splendido cavallo bianco (l’equitazione è sempre stata una sua grande passione, trasmessagli dal padre ufficiale di cavalleria): in sella a quel destriero veniva osannato come un trionfatore dai suoi ascari rimasti sog­giogati dal coraggio che aveva sfoggia­to nella conquista del fortino.
La campagna d’Africa, purtroppo, non registrò solo successi: dopo tante ardite imprese, arrivarono i giorni delle amarezze. Caduto prigioniero il suo reparto, Palumbo con un pugno di uomini tentò di raggiungere l’Amba Alagi dove il duca d’Aosta ancora combatteva. Circondato da truppe soverchianti, dopo un aspro combatti­mento fu costretto ad arrendersi nella piana di Sorfella.
Evaso quasi immediatamente si dava ad azioni di guerriglia con una pattuglia di uomini. Ne fa fede il capo di SM della Somalia col. Luigi Dante Di Marco che, da evaso, organizzava la resistenza nell’Impero.
“Durante il periodo della sua prima evasione ‑ scrive il col. Di Marco nella proposta della concessione di Medaglia d’Argento al Valor Militare al Palumbo ‑ dislocato nel territorio degli Auia a Sud di Harar, insidiò gravemente, alla testa di un pugno di evasi e di indigeni, il traffico militare britannico fra Giggi­ga e Harar: del che successivamente mi fece cavalleresca menzione lo stesso nemico”.
Caduto nuovamente. prigioniero, Palumbo non si diede per vinto e pro­seguì nella sua serie di evasioni.
La più clamorosa e drammatica avvenne nel febbraio 1942. Rinchiuso nel munitissimo carcere di Berbera, nella Somalia britannica, Palumbo scommise una sterlina d’oro con un sergente inglese addetto alla sicurezza del campo sostenendo che sarebbe riu­scito a evadere nonostante le eccezio­nali misure di sicurezza. E fu di parola. Di notte, dopo aver messo un manichi­no nel suo letto per ingannare le senti­nelle, con l’aiuto di altri prigionieri riuscì a scardinare una finestra, si calò fino a terra grazie a una fune costruita con le cinture dei suoi compagni di cella, eluse la vigilanza dei soldati inglesi e nel buio corse verso il mare obiettivo, raggiungere una delle nostri navi, ormeggiate al largo, inviate in Somalia per far evacuare, sotto sorve­glianza inglese, le donne italiane.
Con un coltello tra i denti per difen­dersi dai pescecani che pullulavano in quel tratto di mare, Palumbo si lanciò in acqua e cominciò a nuotare verso la libertà. Ore di fatica disumana, resa tre menda dal forte vento che spira verso terra; ormai allo stremo, impossibilitato a reggere tra i denti il coltello se lo infilò nella cintura dei pantaloncini. E proprio a quel banale, forzato cambiamento di posizione, il generale Palumbo deve la vita.
“Sfinito per la fatica ‑ racconta ‑stavo lentamente affondando quando , per un movimento brusco, la punta del coltello mi si piantò in una natica. Il dolore mi fece rinvenire: con uno sfor­zo disperato ripresi a nuotare e rag­giunsi stremato la nave italiana”.
Sette ore trascorse a lottare contro la corrente avversa l’avevano però sfinito sicché non riuscì ad afferrare la corda che un marinaio italiano gli aveva lan­ciato intimandogli silenzio per non farsi scorgere dalle sentinelle inglesi che erano a bordo del Vulcania.
“Tiratemi su con una corda a due capi, urlai ai marinai ‑ racconta Palum­bo‑ Ma la mia voce attirò l’attenzione di una sentinella inglese che si affacciò dal ponte sparando un colpo a scopo intimidatorio. Poi puntò il fucile verso i marinai italiani costringendoli a molla­re la corda. Per la rabbia e la dispera­zione riacquistai le forze e tornai a nuotare dirigendomi al largo. Ad un tratto sentii alle mie spalle colpi di pistola. Credevo volessero uccidermi, invece cercavano solo di farmi desiste­re dalla fuga e salire a bordo. Tirato su a braccia dagli inglesi, appena misi piede sulla nave mi sentii mancare le forze e, detta alla napoletana, sconnoc­chiai! Ciò fece sorridere un marinaio inglese che mi aveva aiutato ma io mi sentii offeso e tirai fuori il coltello. Ad onor del vero, scendendo dal ponte comando all’infermeria, vidi riflessa la mia immagine in una grande specchio e scoppiai anch’io a ridere! Sembravo infatti un indiano sul sentiero di guerra: tutti i graffi che mi ero prodotto per districarmi dai reticolati al campo erano diventati lividi e gonfi, avevo i capelli ritti in testa e una magrezza impressionante.; insomma, nell’insieme sembravo uno spaventapasseri!”.
Appena rifocillato, Palumbo fu fatto sbarcare e venne riportato al campo di prigionia dove il sergente, con tipico fair play inglese, pagò la sterlina della scommessa.
L’episodio è citato, con notevole risalto, anche nel volume “Lunga fuga verso il sud” del principe Giovanni Corsini protagonista, a sua volta, di evasioni leggendarie. Almeno una decina di libri, comunque, fanno riferi­mento alle imprese africane di Palum­bo.
Un altro libro, “Africa senza sole” di F.G. Piccinni, racconta dettagliatamen­te la tredicesima e ultima fuga di Palumbo, quella che lo riportò final­mente in patria.
Ridotto a fare il contrabbandiere di grappa che distillava clandestinamente nel campo da cui evadeva di notte per andarle a vendere e procurarsi così denaro per la fuga, Palumbo finiva spesso nei guai. “Il colonnello inglese ‑é scritto su “Africa senza sole” ‑vedendolo comparire continuamente al processo che si teneva per ogni infra­zione, alla fine gli disse che era stufo di vederlo. Palumbo calmo gli rispose: “Si immagini io, signor colonnello, che la sopporto da oltre cinque anni!” Fu così che il colonnello inglese dette ordine di metterlo in coda a tutti gli elenchi di rimpatrio.
Ma quello scappò di prigione, rag­giunse Nairobi, quindi Mombasa, penetrò nel porto scavalcando di notte la cancellata guardata da sentinelle e si portò su un isolotto all’imboccatura del porto.
Da qui, quando uscì il primo piro­scafo carico di prigionieri, si buttò a nuoto incontro alla nave che lo raccolse e portò in Italia”.
Concluso il conflitto mondiale e otte­nuta una promozione per meriti di guerra, il cap. Palumbo fu assegnato al 1 ° Reggimento Granatieri.
“In quel periodo ‑ racconta ‑ venni a contatto con diversi paracadutisti, gente che si dava un sacco d’arie ma veramente in gamba! Tanto che decisi anch’io di diventare paracadutista mili­tare: mi rivolsi al generale Frattini e nel ’48 potei fare il corso e ottenere fina­mente il brevetto”.
Appena il tempo di cimentarsi nei primi lanci, poi di nuovo in missione in Somalia dove di distinse per coraggio e decisione come gli rico­nobbe il comandante di Mogadisco: “Nella prima metà di aprile il capita­no Palumbo ha svolto un’importante missione in Migiurtinia per il recluta­mento di soldati nativi dimostrando di fronte ad impreviste difficoltà sorte per atteggiamento ostile di alcu­ni gruppi della popolazione, compor­tamento calmo ed energico. In questa occasione ho avuto modo di vederlo personalmente all’opera nella zona di Gallacaio”.
Rientrato in Italia nel ’52 e pro­mosso maggiore, fu finalmente asse­gnato alle truppe paracadutiste: “Per la precisione, al Centro Militare Para­cadutisti (poi divenuto C.A.PAR.) comandato dal col. Caforio ‑ puntua­lizza ‑ Una denominazione che non mi entusiasmava; protestai, mi diedi da fare per ottenere la vecchia deno­minazione di Scuola Militare Paraca­dutismo e alla fine la spuntai grazie all’intervento del gen. Aloja Capo di Stato Maggiore dell’Esercito”.
Dopo una rischiosa esperienza in Libano, Palumbo ottenne il comando della Scuola Militare di Paracaduti­smo. “Proprio in quel periodo ‑ rac­conta ‑ morirono tre miei paracaduti­sti per cause mai accertate, una misteriosa epidemia che provocò allarme e polemiche a livello nazio­nale. Un giornalista di “Paese sera” si permise di scrivere che i paracadutisti prendevano eccitanti per fare i lanci.
Di fronte a questa volgare e vigliacca insinuazione, reagii in maniera assai decisa: mi recai, in borghese, accom­pagnato da mia moglie, nell’albergo pisano dove era alloggiato quel gior­nalista e, nonostante avessi un brac­cio ingessato per tiri incidente di lan­cio, lo affrontai a schiaffoni mandan­dolo all’ospedale”. Un episodio che scatenò polemiche violentissime.
“Ma ottenni anche vastissima soli­darietà ‑ si compiace il generale Palumbo ‑ Sapete chi mi difese con maggior vigore? L’on. Andreotti. “Libero schiaffo in libero stato!” disse l’allora Ministro della Difesa con una delle sue celebri frasi. E in quei giorni, nei palazzi politici e ministeriali fu coniata la frase “ti do un Palumbo!” per indicare uno schiaffo particolarmente violento”.
Qualche anno dopo, un altro episo­dio clamoroso, per i suoi risvolti poli­tici, portò il generale Palumbo alla ribalta dell’attenzione e delle polemi­che nazionali: restituì le sue decora­zioni al valor militare al Presidente della Repubblica Pertini in segno di protesta.
“Lo feci per protestare contro l’assegnazione della medaglia d’argento al prof. Bentivegna autore dell’attentato di via Rasella che ucci­se 33 militari altoatesini in divisa tedesca e provocò, per reazione, l’uccisione di 330 italiani alle Fosse Ardeatine perchè l’autore dell’atten­tato non si presentò alle autorità tede­sche. Tra le vittime delle Fosse Ardeatine c’era anche lo zio di mia moglie, il generale di divisione aerea Castaldi Martelli”.
Tra una polemica e l’altra, l’allora colonnello Palumbo dava anima e colpo alle sue passioni: il paracaduti­smo e gli… animali feroci.
Nell’aprile ’64 alla testa dei suoi paracadutisti Palumbo stabilì anche il primato militare di lancio contempo­raneo ad apertura comandata di 14 persone dalla porta assiale del C – 119. “Il lancio, a cui partecipai ‑ racconta il generale Palumbo ‑ fu ideato e pia­nificato dal col. Argento che ne curò in maniera perfetta l’addestramento.
Quella squadra fu poi soprannomina­ta la banda del grappolo”.
La passione per gli animali feroci, maturata in Africa, prosegui in Toscana, in una villa di amici dove allevò tigri, leoni, puma, leopardi.
Abbandonato l’allevamento delle bestie feroci (per la felicità dei vicini terrorizzati da non infrequenti fughe degli animali!) il generale Palumbo si accontenta oggi della compagnia di meno impegnativi cani: come la cele­bre Has Fidanken protagonista ‑ ricordate? ‑ di non lontane esibizioni televisive. E con Has Fidanken ben imbragata al petto, il generale Palum­bo effettuava spesso lanci da tremila metri, felice e brillante impegno set­timanale che contribuisce a trasfor­mare i suoi avventurosi 84 anni in una perenne giovinezza.
Gianni Bezzi
Da FOLGORE n° 1 -1995
N.d.r.
Gli Emolumenti riferiti alle seguenti Motivazioni di Conferimento di Medaglie al Valore Militare, dal Generale Giuseppe Palumbo venivano versate nel Fondo per gli orfani e famigliari dei Carabinieri Caduti in servizio.
MEDAGLIA DI BRONZO AL VALOR MILITARE
‘Ardito combattente ed ardente patriota, improntava ogni azione individuale e di reparto con generosa dedizione, affrontando rischi e spingendo al di là di ogni limite, spirito di sacrificio ed elevato senso del dovere.
Comandante di bande Dubat in pericolosa delicata situazione: per il suo reparto effettuava azione rischiosa con pochi uomini e la conduceva brillantemente a termi­ne sfidando e superando l’insidia.
Esempio costante di sprezzo d pericolo e profondo attaccamento al dovere”.
A.O. maggio‑giugno 1941
MEDAGLIA DI BRONZO AL VALOR MILITARE
“Ufficiale di chiare virtù militari non sopportò lo stato di prigionia attratto dal prepotente richiamo al dovere
Dopo successive evasioni compiute in drammatiche circostanze ma fallite per l’attiva vigilanza dei detentori, riusciva, affrontando gravi rischi personali a raggiungere il mare e, dopo lunga perigliosa attraversata a nuoto, a salire su nave che trasportava connazionali coi quali ritornava in Patria.
Esempio
d’indomita tenacia e perseverante coraggio”.
A.O. maggio 1942:
La sua marcia preferita
Sui monti e sui mar
Sui monti sui mar
per le strade e nel ciel
lanciamo in alto la sfida ideal.
Lungo sarà il cammino
ma con speranza e con ardor
lanciamo i nostri cuori
nella battaglia ancor.
La pioggia ci bagna
ci arde alto il sol.
D’inverno il gelo
ci morde aspro il cuor.
Ma saldi nel periglio
vitam pro patria exponimus
e la divisa nostra è insegna del valor.
In aspri cimenti
Le forze noi tempriam.
Fra i rischi mortali
la nostra via seguiam.
In faccia al mondo vile
splende la sfida del valor
avanti o Paraca
avanti, avanti ancor.
LIBRO DELLE FIRME
Non sapevo come fare quindi ve le ho messe qui
sono estratti di SMS e Mail
Basco.grigioverde@libero.it
argonauta@rainbownet.it
348 2284969
oppure usate i commenti del Blog
Onore al comandante Giuseppe Palumbo da quell’angolo di cielo con i suoi ragazzi ci guiderà ancora Folgore.
A. Piacentini
Onore al comandante Generale Giuseppe Palumbo Folgore
P.Bevilacqua
Onore al Comanda Giuseppe Palumbo da quell’angolo di cielo proteggerà e guiderà noi paracadutisti
B.Tresoldi
Sono sempre i grandi e migliori che ci precedono per andare alla ricerca dei loro simili
E.Sanson
Mi dispiace moltissimo per la perdita del vostro Comandante.
D.Burresi
Generale Giuseppe Palumbo Presente!
Folgore
Un Eroe che ha forgiato Paracadutisti e cuori d’acciaio ha raggiunto quell’angolo di cielo da oggi abbiamo un mito come esempio per non dimenticare.
L.Franchin
Per il posto che occupavi nel Suo cuore mi sento di porgere le condoglianze anche a te per la scomparsa di un grande uomo “padre” di tutti noi paracadutisti ma tuo in particolare.
Con sincera stima
Folgore!
apache^
Il Comandante ci guarda.
“Sono trascorsi tanti lustri da quando lo vedemmo al CAPAR per la prima volta. Un figura indimenticabile, scattavamo al suo passaggio e bevevamo le sue parole. Oggi ci guarda dal “nostro angolo di cielo”, dopo aver fatto indietreggiare più volte la morte.Con lei era stato “a paro a paro” nelle sue memorabili gesta. Non dobbiamo disperarci per la grave perdita, da lassù ci stimola ancora a sorridere come quando lo trovavamo ai raduni o nelle Z.L.. Così faremo,Comandante, gareggeremo ancora nei tuoi cieli blu imitandoti. Ora desideriamo pensare di incontrarti improvvisamente in ogni parte d’Italia, magari aggiustandoci il basco, come facevamo da allievi, verremo a porgerti la mano. Signor Generale Palumbo, i nostri sguardi conserveranno le scintille d’onore che ci hai donato.”
Fred
Mi dispiace, Tino…so che è un gran dolore per te e ti sono molto vicina…;
A Ceriani
Tino il tuo Comandante ha raggiunto la casa del Padre anche da lassù sarà sempre vicino a te e ai suoi Paracadutisti.
PREGHIERA DEL PARACADUTISTA
Eterno, Immenso Dio, che creasti gli infiniti spazi e ne misurasti le misteriose profondita’
guarda benigno a noi, Paracadutisti d’Italia, che nell’adempimento del dovere balzando
dai nostri aerei, ci lanciamo nelle vastita’ dei cieli. Manda l’Arcangelo S. Michele a nostro
custode; guida e proteggi l’ardimentoso volo.
Come nebbia al Sole, davanti a noi siano dissipati i nostri nemici. Candida come la seta del
paracadute sia sempre la nostra fede e indomito il coraggio.
La nostra giovane vita e’ tua o Signore!
Se e’ scritto che cadiamo, sia! Ma da ogni goccia del nostro sangue sorgano gagliardi figli e
fratelli innumeri, orgogliosi del nostro passato, sempre degni del nostro immancabile avvenire.
Benedici, o signore, la nostra Patria, le Famiglie, i nostri Cari! Per loro, nell’alba e nel tramonto,
sempre la nostra vita! E per noi, o Signore, il Tuo glorificante sorriso.
Così sia.
U.Bastiani
Mi dispiace immensamente per il tuo comandante
Paola
Giuseppe Palumbo Presente!
F.Corbellino
Tino ti ricordi quando a San Michele Arcangelo 29 settembre 1965 Festa del Patrono di tutti i paracadutisti, era venuto a comunicarci la nostra prima libera uscita davanti refettori della SMIPAR e noi allievi del terzo 65 festanti lo lanciavamo in aria…
Oggi lo lanciamo in quell’angolo di cielo riservato a santi martiri ed Eroi
Cieli blu Comandante.
P.Rossi
Grazie! Comandante per esserci stato ma soprattutto per quanto ci lasci come paracadutisti cittadini esemplari nello stile di vita del PARACADUTISTA.
Sabrina i paracadutisti le sono tutti vicini nel dolore della perdita di zio Peppino.
Cesare.
Paracadutista Giueppe Palumbo Presente!
C. Castagnola
Arrivederci Generale “Come folgore dal cielo come nembo di tempesta canta l’inno della gloria”
Francesco
Lo ricorderò nella Santa Messa delle 17.00
Fr.Agostino
Ho chiesto a Frate Agostino di ricordalo insieme all’Amico frateno Padre Gianfanco Chiti (il frate generale suo commilitone con il quale Palumbo ha combattuto in Somalia) N.d.r.
SOTTUFFICIALI SEZIONE UNSI DI LIVORNO VIRG COMPONENTI COMITATO ONORANZE CADUTI ALLA MELORIA ET SEZIONE ANPD’I DI PISA INVIANO IL LORO GRIDO DUEPT COMANDANTE GIUSEPPE PALUMBO – PRESENTE!
FREDIANI
Ludo MassimoLancellotti ti ha inviato un link a un blog: Onoro BascoVerde, perché ci insegna con ogni suo gesto il rispetto e la sostanza dell’onore vissuto come un valore concreto ed effettivo. Se questo personaggio si e’ formato grazie al Suo Comandante migliore espressione di cordoglio è ricordarne la bontà dei suoi ‘ragazzi’
Cieli azzurri.
P.Piana
Il generale Giuseppe Palumbo me lo ricordo a Latina prima dell’infortunio in atterraggio che lo ha ferito. Ma ho ho avuto la fortuna di parlarci e conoscerlo e di essere in aereo con lui.
Cieli Blu Comandante
S.V.
Si Tino, e un giorno triste, mi sento come se o perduto un amico ricercato da molto tempo per poi perderlo senza aver avuto l’opportunità di parlare con lui.
Io so che per te era molto di più, posso immaginare il tuo stato d’animo in questo momento, la FOLGORE a perso un’altro pilastro.
Sento di avere molto da dire ma per il momento mi limito a offrire le mie Condoglianze a tutte le persone che gli sono state vicino, e a te un abbraccio.
ups!! una lacrima.
Tino, this is a sad day, I feel like I lost a friend that searched for a long time, find him and then lose it without having had the opportunity to speak with him.
I know, for you was much more, I can imagine your state of mind at this time, the Paratroop loses another pillar.
I feel I have much to say but for now I merely offer my condolences to all the people that were close to him, and to you a hug my friend.
ups! a tear.
Vittorio Mungiguerra
N.d.r. Vittorio che oggi vive in America è un testimone della rinascita della Brigata e del gruppo “Sabotatori”. Nella sua ricerca di vecchi commilitoni vi è il ricordo dei Primi Lanci del Generale Giuseppe Palumbo allora Tenente. Mi aveva chiesto se poteva parlare con il Generale ma il tempo non c’è stato. Vittorio puoi sempre scrivere i tuoi ricordi alla nipote Sabrina al medesimo indirizzo. Quest sono le pagine di Vittorio Mungiguerra http://volosilenteparacadutismo.blogspot.com/ http://vittorioskitchen.spaces.live.com/
L’ho saputo Ieri sera in sezione, i soliti tavoli occupati dagli “anziani” erano mesti e parlavano di ricordi aneddoti sul comandante, anche le risate che non mancano mai nei ricordi divertenti erano sottolineate da una certa alea di dolore.Poi il segretario ha chiesto il silenzio e ha ricordato il Generale Giuseppe Palumbo, alla chiusura il Folgore di saluto al Comandante alto altisonante e fortissimo ha sicuramete raggiunto qell’angolo di cielo dove vanno i Paracadutisti.
Folgore
A.Spina
E sempre triste perdere una persona cara, è importante non perderne i ricordi
lucio
Gen.Paracadutista Giuseppe Palumbo
Chi ha avuto l’onore di conoscerlo non potrà mai dimenticarlo.Folgorè
Franco Ingraito
Onore al Generale Giuseppe Palumbo “Peppino” per gli Amici.
Giacomo
Di pattuglia a Roma ci veniva a salutare anche la sera dopo cena, non ti dimenticherò Comandante Folgore!
Un Paracadutista
Da Il TEMPO .IT 12 febbraio 2008
Folgore Soldato e animalista: era il padrone del cocker Has Fidanken
Addio a Palumbo, eroe di El Alamein
Maurizio Piccirilli
Un eroe se ne è andato. Ma lui, il generale Giuseppe Palumbo scomparso martedì a Roma, ha sempre preferito essere considerato un combattente. Paracadutista nell’anima, è stato comandante della Scuola militare di paracadutismo e al ritorno dalla guerra ufficiale dei Granatieri della piazza di Roma e pluridecorato.
La sua vita è costellata di atti di eroismo, e sì la parola sfugge. Del resto come descrivere le sue imprese durante la Campagna d’Africa. Conquistò il forte Harrington ammainando lui stesso la bandiera inglese. Un’impresa leggendaria compiuta con un assalto alla garibaldina salendo la collina lanciando bombe a mano. Figlio di un ufficiale di Cavalleria, Palumbo era militare nell’animo. Fu tra gli strenui combattenti di El Alamein e ora nel suo testamento ha lasciato scritto di voler essere cremato e che le sue ceneri sparse su quelle sabbie dove tanti commilitoni persero la vita. Dopo El Alamein riuscì con un pugno di uomini a sfuggire alla cattura e raggiungere l’Amba Alagi dove il Duca d’Aosta ancora combatteva. Alla fine però, nella piana di Sorfella, accerchiato dovette arrendersi. Ma fu questione di giorni. Poi tentò la fuga. Palumbo fu protagonista di ben 13 evasioni. Appena libero con gli uomini che lo avevano seguito organizzò operazioni di guerriglia dietro le linee nemiche. Fatto che gli meritò una delle medaglia al valore. Ancora una cattura e altre evasioni. Una persino a nuoto nell’Oceano Indiano. Alla fine il paracadutista Giuseppe Palumbo riuscì a evadere dal campo di prigionia in Kenya e raggiungere l’Italia. Ma coraggio e spirito cavalleresco non si spensero con gli echi della guerra. Negli anni ’70 prese a sberle un giornalista di «Paese Sera» che in un articolo aveva insinuato che i paracadutisti prendevano eccitanti per fare i lanci. «Ottenni una vastissima solidarietà», ricordava poi il generale. L’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti commentò con la sua solita ironia «Libero schiaffo in libero stato». E nei palazzi ministeriali iniziò a girare la battuta: «Ti do un Palumbo» per indicare uno schiaffo violento. Clamorosa fu la restituzione della medaglia al presidente Pertini quando questi conferì il medesimo riconoscimento a Bentivegna uno degli autori della strage di via Rasella. «Non si presentò alle autorità tedesche e provocò la strage delle Fosse Ardeatine», disse Palumbo. Tra una polemica e l’altra Palumbo si cimentò nei lanci acrobatici e divenne campione mondiale di paracadutismo. Il giorno del congedo, nel 1973, si lanciò con la pattuglia acrobatica su piazza San Marco a Venezia. Si dedicò per anni all’allevamento di animali feroci in una tenuta in Sardegna. Anche in questo campo lasciò il segno. Il suo cucciolo più famoso fu un cocker, Has Fidanken protagonista con Claudio D’Angelo ed Ezio Greggio di «Drive in», trasmissione cult degli anni ’80.
N.d.r. Errori nel Testo il Cabarettista si chiama Gianfranco D’angelo.
Dal pedigree il vero nome di Has Fidanken era “Baby Dell’Aquila Bianca”.
Un aneddoto su un lancio con Has Fidanchen che ho saputo dallo Stesso Comandante in una delle tante telefonate durante le quali ci si divertiva raccontandoci anche le cavolate , “continuavo a tirare la maniglia che non veniva, alla fine mi sono accorto che era un’orecchio di Has Fidanchen, poverina…”.
Mi mancherà quella sua risata.
Un grande Grifo ci lascia. La sua storia deve essere per tutti la strada maestra esemplare dello stile di vita del Paracadutista. Comandante Generale Giuseppe Palumbo Presente!
M.Arucci
Onore al Comandante Giuseppe Palumbo
M.Barone. M. Coppola
Al Comandante Generale Giuseppe Palumbo “Se e’ scritto che cadiamo, sia! Ma da ogni goccia del nostro sangue sorgano gagliardi figli efratelli innumeri, orgogliosi del nostro passato, sempre degni del nostro immancabile avvenire”.
Folgore
M.Bacherotti
Ho perso un Camerata!
F.Dente