Aspettiamo che gli amici turchi riconoscano in via definitiva la veridicità del massacro armeno commesso dai loro antenati
Medz Yeghern (grande crimine), Ermeni Soykırımı “genocidio armeno” in turco
I massacri da parte dell’esercito turco ottomano di diverse centinaia di migliaia di armeni – secondo alcune fonti fin oltre il milione – durante la prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1916, avevano avuto antecedenti in massacri a fine ottocento ed ebbero strascichi nei primi anni venti, anche con il massacro di greci. Ulteriori strascichi sul piano di forti discriminazioni arrivano fino agli anni sessanta del ‘900 e si prolungano ulteriormente, fino ad oggi.
Riteniamo necessario che le élite politiche, militari, culturali, islamiche turche riconoscano i massacri perpetrati contro gli armeni, a cui associarono come parziali complici i curdi. E riconoscere gli altri pogrom attuati su scala minore contro altre minoranze etnico – linguistico come, appunto, i greci e i curdi.
Si tratta di sapere compiere un grande, doveroso “salto” di coscienza sul piano etico e su quello storico. E su quello normativo e giuridico. La nuova Turchia deve dimostrare a tutti di avere intrapreso una strada di definitivo affrancamento dalle più tristi e buie storie del recente passato, al di là del distinguo di responsabilità tra repubblica turca e impero ottomano. Mero sciovinismo nazionalistico o politica di omogeneità etnica avviato già dai sultani a fine ‘800, le differenze contano poco.
Siamo stati tra i primi in Italia a chiedere che la Turchia venga accolta, tra un decennio, nell’Unione Europea. Non abbiamo mai cambiato valutazioni e giudizi in merito, ma riconosciamo che gli sforzi più grandi la Turchia e il suo popolo li debbano ancora fare. Il processo di grande modernizzazione produttiva ed economica in generale, gli ottimi e intensi scambi con gli europei e gli americani (noi italiani siamo quasi sempre in testa nell’import-export, assieme a tedeschi e statunitensi) sono chiari indici del profondo processo di europeizzazione, anche se le posizioni di chiusura dei governi tedesco e francese complicano le cose e favoriscono riflussi non solo di tipo nazionalistico quanto soprattutto di matrice islamico-integralista in alcuni ambienti radicali. In Turchia le donne votano da oltre venti anni prima che in Italia e in altri Paesi europei. Bisogna favorire lo sviluppo di tali indici comparativi positivi in tutti i modi, ma le élite turche devono superare l’idea dell’immobilità storica circa l’intangibilità della supremazia interna assoluta dell’etnia turca. Devono superare questa fase e arrivare a riconoscere la multi etnicità costitutiva del popolo turco. E’ un passaggio cruciale, che attendiamo con trepidazione. Esso non può che iniziare dal riconoscimento di colpe così grandi. E con il porre fine ad una cieca e ostinata arroganza, per riconquistare e preservare quanto vi è di fierezza e non di criminale sopraffazione nella storia della politica interna della Turchia degli ultimi due secoli.