Finanza e speculazioni. La crisi della Goldman Sachs e la guerra di Obama

29 Aprile 2010

Enea Franza

 

La crisi della Goldman Sachs: un altro convitato di pietra del crack  finanziario. Indagini americane a tappeto nell’ “industria” della finanza.

 Auspichiamo una larga vittoria di Obama e il ravvedimento tardivo dei repubblicani. Fuori le lobbry dei ladroni della finanza dal Congresso e dal Senato degli USA

 

Come risultato del crack del 2008, la Goldman è oggi la prima banca d’affari nel mondo, come evidenziano dati relativi alla sua capitalizzazione azionaria a Wall Street , che è  pari a circa  85 miliardi di dollari nonostante la batosta di due anni fa. Una cifra enorme, soprattutto se la confrontiamo, tanto per farci un’idea di cosa stiamo parlando, con i numeri ad esempio del primo gruppo automobilistico al mondo, la Toyota, che è di 62 miliardi o  della FIAT che è di 13,8 miliardi. Tanto per fare qualche altro esempio, Unicredit, primo gruppo bancario europeo in quanto a raccolta, è quarto in capitalizzazione con 54 miliardi di dollari. Cambiando parametro, si tenga conto che la capitalizzazione di Goldman è superiore al Pil di un paese come la Croazia, è doppia di quello del Lussemburgo, 4 volte quello del Mozambico, 21 volte quello dell’Eritrea ecc. ecc.
La Goldman è una banca d’affari, o d’investimento, ovvero un istituto che non gestisce depositi ma ha una funzione prevalente di intermediazione finanziaria.
Com’è noto a chi si occupa di finanza, le cinque banche d’affari più grandi al mondo, fino al crack del settembre 2008, erano tutte statunitensi: Lehman Brothers, Merrill Lynch, Bear Stearns, Morgan Stanley e Lehman Brothers.  L’effetto della crisi fu dirompente:  la Lehman Brothers fece bancarotta; la Bear Stearns, con l’aiuto della Fed, venne acquisita da JPMorgan Chase; la Merrill Lynch venne acquistata a sua volta dalla Bank of America, mentre Morgan Stanley e Goldman Sachs evitarono il peggio (anche grazie ai 10 miliardi di dollari dei contribuenti ricevuti in prestito dal Tesoro Usa con il programma Tarp avviato dall’amministrazione Bush), ma dovettero cambiare il loro statuto da banche d’affari ad Holding companies.  Un mutamento che, tuttavia, nei fatti è stato solo di facciata.
L’apertura di un’inchiesta a carico della Goldman Sachs rappresenta quindi un fatto importante per la finanza USA e per tutto il sistema finanziario internazionale. Il problema non è infatti l’indagine in sé (l’imputazione è solo contro Fabrice Tourre, all’epoca dei fatti vicepresidente della Goldman), ma in quanto quello sollevato dalla Sec sembra essere un vaso di Pandora.
 È notizia di ieri che la Sec indaga anche su JpMorgan Chase, Merrill Lynch (oggi Bank of America), Citygroup, nonché sulle europee Ubs e Deutsche Bank .
Vediamo meglio di che si tratta. La vicenda prende le mosse dall’accusa mossa dalla Sec al gigante della finanza di aver venduto nel 2006 a due investitori finanziari, la banca Ikb Deutsche Industrie bank e Aca Capital Management, dei prodotti strutturati collegati all’andamento dei prezzi delle case.  Tale vendita, ed è questa l’accusa della Sec guidata da Mary Schapiro e di Robert Khuzami, era stata fatta in combutta con altri investitori ed in particolare Paulson & Co (un importante hedge fund), che avrebbero scommesso, viceversa, sulla diminuzione dei prezzi.  Ad incuriosire è il fatto che non sono Ikb e Aca che hanno fatto causa a Goldman. Lo ha fatto, invece, la Sec. Vediamo perché e con quali argomentazioni.
Tutto sembrerebbe ricollegarsi, alle vicende di Abacus 2007- AC, ben ricostruita su “Avvenire” del 18 marzo, che riproduciamo:”la ricostruzione della Sec è il racconto della complessa preparazione di un’autentica trappola. Nell’aprile di tre anni fa, John A. Paulson, a capo di Paulson & Co., uno dei fondi speculativi più grandi del mondo, ha chiesto a Goldman Sachs di preparare un derivato che mettesse assieme una serie di titoli obbligazionari – dei cdo, collateralized debt obligation, scelti da lui – basati sui mutui subprime. Sicuro che il mercato immobiliare americano fosse sul punto di crollare, e quindi deciso a scommettere contro il mattone, Paulson aveva selezionato attentamente i titoli ai quali le agenzie di rating avevano dato un giudizio positivo nonostante la loro elevata rischiosità. Goldman, che per questa operazione ha incassato 15 milioni di dollari da Paulson, ha seguito le indicazioni del finanziere: il vicepresidente Fabrice Tourre ha preparato così Abacus 2007-Ac1, un cdo riempito di obbligazioni legati ai mutui subprime rivenduto a banche straniere e investitori vari per un ammontare totale di 10,9 miliardi di dollari. A chi comprava pezzi di Abacus, Goldman spiegava che i titoli sottostanti a questo derivato erano stati selezionati da Aca Management, una società di gestione del rischio che aveva formalmente organizzato il cdo. L’investitore non poteva sapere che a scegliere quei titoli era stato invece lo stesso finanziere che stava scommettendo sulla loro insolvenza. Infatti Paulson comprava i credit default swap necessari ad assicurarsi contro il default dei vari prodotti finanziari contenuti in Abacus, e lo stesso faceva Goldman Sachs. Dopo cinque mesi dal debutto – siamo all’ottobre del 2007 – l’87% dei titoli sottostanti ad Abacus aveva subito un taglio di rating, il 17% era stato messo in credit watch negativo. Il 29 gennaio del 2008, a nemmeno un anno dalla sua entrata nel mercato, il 99% di Abacus era stato tagliato. Gli investitori che sono cascati in quella che per la Sec è stata una truffa hanno perso, fino ad oggi, 1 miliardo di dollari in questa operazione. Mentre Paulson, ammirato dai salotti della finanza, negli ultimi tempi, come uno dei pochi che avevano previsto la crisi, scommettendo contro i subprime ha guadagnato 3,2 miliardi nel solo 2007. Sono stati i cds a mandare in bancarotta Aig, la compagnia assicurativa salvata dal governo americano con 180 miliardi di dollari”. Insomma una questione dai tanti risvolti.
Ma nella sostanza di che si tratta? Le imputazioni riguarderebbero, in definitiva, la carenza di documentazione presentata da Goldman ai clienti citati, la mancata comunicazione ai fondi stessi del soggetto controparte dei titoli in vendita (la Paulson&Co) e che «un giovane dipendente di Goldman si è vantato di saper strutturare prodotti oscuri e di prevedere il collasso del mercato».  Insomma accuse che ogni buon avvocato esperto del settore può essere in grado di smontare, atteso che il rapporto di compravendita in questo caso è avvenuto tra operatori specializzati e, quindi in grado di conoscere bene le operazioni di questo tipo, e che sotto qualsiasi ordinamento giuridico tali soggetti sono privi della tutele che regolano, invece, le operazioni con la clientela non professionale.
Infatti, quando si crea un titolo del genere, chi compra pensa di guadagnarci, ma anche chi vende lo pensa. Goldman Sachs ha strutturato un titolo per conto di Paulson che scommetteva sul fatto che la bolla immobiliare americana era giunta sul punto di scoppiare. Goldman ha quindi venduto i titoli per circa 1 miliardo di dollari alle due istituzioni finanziarie che, invece, facevano la scommessa opposta. Ma attenzione, venditori e compratori sono istituzioni finanziarie, abituate a fare transazioni di miliardi; è quindi più che lecito presupporre che ciascuno abbia le competenze per sapere cosa sta facendo; e per ciò, lo status di istituzione finanziaria esenta le transazioni fra questi soggetti dall’essere sottoposte ai controlli pubblici che invece sono previsti per quando viene coinvolto l’investitore della strada.
Alla luce di tutto ciò sembra quindi un po’ strano che la Sec accusi Goldman di non aver dichiarato ai compratori che c’era qualcuno più preparato di loro che faceva la scommessa opposta. Per inciso, sembra che Goldman  sull’operazione avesse guadagnato una commissione di 15 milioni di dollari pagata da Paulson per strutturare e vendere il prodotto, ma che la stessa Goldman avesse comprato gli stessi titoli per 90 milioni di dollari.
Ma qui le cose si complicano, in quanto la vicenda narrata ha implicazioni internazionali che forse ci aiutano a comprendere meglio l’operazione della Sec contro la Goldman Sachs. Occorre ricordare che il governo inglese ha dovuto spendere 45,5 miliardi di sterline (51,3 miliardi di euro) per salvare dalla bancarotta la Royal Bank of Scotland (Rbs), controllata ora dal governo britannico, effettuando il più grande salvataggio bancario del mondo.  Ed è necessario ricordare che la Rbs aveva pagato 841 milioni di dollari a Goldman Sachs per liberarsi della sua posizione in Abacus ereditata con l’acquisto di una partecipazione nella olandese Abn Amro nel 2007.  
Anche la Germania di Angela Merkel vuole vederci chiaro. Un portavoce (Ulrich Wilhelm) della cancelleria ha reso noto domenica che l’organismo di controllo dei mercati ha già chiesto dettagli alla Sec. Anche il governo tedesco ha un conto in sospeso con la vicenda Abacus. Secondo la Sec, infatti, Goldman Sachs ha fuorviato gli investitori di IKB Deutsche Industrie bank sul ruolo che l’hedge Paulson aveva nella collocazione dei collaterali di Abacus. Con i quali IKB perse circa 150 milioni di dollari, parte dei quali andò all’hedge che, scommettendo contro il «veicolo», raccolse in totale un miliardo di dollari di profitti. Per non far fallire IKB – la banca di sviluppo statale tedesca – fu necessaria una iniezione di liquidità di 10 miliardi di euro nel 2008.
Forse è l’occasione per una resa dei conti tra la Presidenza Obama e i repubblicani ancora restii ad appoggiare il suo progetto di riforma delle regola della finanza ?  Eppoi, per molti governi del vecchio continente,  è forse un’occasione unica per presentare il conto di molte operazioni sporche passate. Ricordiamolo. Goldman inventò lo Swap che aiutò la Grecia ad aggirare le regole Eurostat  e adesso a specularci contro è la Goldman, in prima fila tra coloro che speculano sui Futures ed i Derivati sulle materie prime facendo schizzare in alto il prezzo del petrolio e di altre materie prime.