Architettura dell’assurdo e commedia degli equivoci
Era di maggio quando il TG3 regionale rispolverò la notizia, vecchia di almeno cinque anni, della prossima edificazione del grattacielo residenziale di Franco Purini all’EUR. Operazione sfacciatamente pubblicitaria che venne poi seguita, su scala nazionale, dalla campagna a mezza pagina su il Giornale ( e presumo su altri quotidiani ) con la pubblicazione della riproduzione eseguita al computer dell’Eurosky tower.
La denominazione in anglo-americano, che riafferma il carattere provinciale della nostra cultura ufficiale, serve ovviamente a vendere meglio un edificio che, per ora, è tutto sulla carta.
Trattandosi di una banale operazione commerciale circoscritta all’ambito romano, perché trattarne su un mensile come il Borghese che si rivolge ad un pubblico di lettori diffuso su scala nazionale? La risposta va ricercata nell’impegno che il direttore assunse di affrontare il problema delle periferie per la sua valenza universale. Dicemmo, a più riprese, come sia coscienza diffusa che la nuova frontiera della civiltà occidentale attraversi il territorio della periferia della città ed ogni esperienza che si ponga in termini di soluzione del problema della marginalità urbana – le periferie, appunto – sia di interesse generale. L’Eurosky tower rientra in questa categoria perché fa parte di una delle diciotto centralità che costituiscono il nuovo modello di organizzazione territoriale del nuovo piano regolatore di Roma mediante il quale avviare la qualificazione della sterminata periferia romana.
Avremo, allora, due argomenti da trattare: la centralità ed il grattacielo. La campagna pubblicitaria dell’Eurosky, ancora in corso mentre stiamo scrivendo, offre l’occasione per esaminare una di queste centralità: l’Eur Castellaccio altrimenti nominato – tanto per non smentire la sottomissione linguistica all’anglo-americano – Bussiness Park Europarco.
Secondo il nuovo piano regolatore di Roma il ruolo delle centralità doveva essere quello di qualificare gli ambiti periferici di pertinenza introducendo, negli stessi, il cosiddetto mix funzionale, ovvero la multifunzionalità costituita da “flessibilità” delle funzioni residenziali e terziarie (direzionale pubblico e privato; università; ricerca; grande distribuzione; ricettività; residenza). Logico, quindi, pensare che una centralità dovesse situarsi dove la monofunzionalità residenziale costringe gli abitanti a trascorrere la loro esistenza in movimento per soddisfare le altre esigenze della vita di relazione. A voler seguire le teorie del Newurbanisme formulate da Peter Calthorpe, di cui trattammo nel numero di giugno, una centralità dovrebbe essere, inoltre, un ambiente a misura di pedone, ovvero raggiungibile dalla distanza massima di 2000 piedi pari a 609 metri circa.
Ebbene l’Eur Castellaccio non ha alcuna di queste caratteristiche. Vediamo di illustrare, a coloro che non vivono a Roma, la situazione.
Chi si è, qualche volta, interessato a Roma non ne conosce, forse, lo sviluppo sterminato dei suoi quartieri – periferici o meno – ma di sicuro conosce l’Eur per averlo visto al cinema o in qualche filmato pubblicitario alla televisione. Si sa che questo quartiere è attraversato da un asse viario – la via Cristoforo Colombo – che nascendo come continuazione, oltre la cinta delle mura urbiche, del viale delle Terme di Caracalla costituisce il più suggestivo percorso della espansione romana. Arrivato al laghetto artificiale, l’asse si biforca contornando sui lati il palazzo dello Sport per ricostituirsi dopo lo stesso e proiettarsi verso il mare.
Se chi ci legge ci seguisse consultando una mappa di Roma o, mediante internet, consultasse la visione satellitare della città, capirebbe assai più che tramite la nostra descrizione.
Il quartiere dell’Eur finisce 500 metri dopo il palazzo dello Sport, dove i viali degli oceani, confluendo a punta di freccia sulla via C. Colombo, delimitano la prestigiosa zona edificata a ville. Dalla congiunzione, sul lato destro della Colombo e per una lunghezza di 1100 metri circa, contornato dalle due arterie separatrici – via C. Colombo e viale Oceano Pacifico – e dal fosso di Decima, si estende per 63 ettari la centralità di Eur Castellaccio. Dalla Colombo alla via del Mare – via Ostiense si estendono, fino al Raccordo Anulare, i quartieri del Torrino e di Mostacciano a prevalente edilizia residenziale che hanno, come asse portante, il viale della Grande Muraglia anch’esso separatrice. Questo ultimo asse continua dentro L’Eur come viale della Tecnica.
Prima di spiegare l’assurdità della collocazione di una centralità a ridosso di un quartiere come l’Eur che più “centrale” non si può, occorre chiarire i termini urbanistici che si stanno impiegando. Cosa significa, riferita ad una strada, la definizione di separatrice? Significa che la strada è impermeabile alla penetrazione nella zona attraversata se non per punti predeterminati. E’ una strada specializzata solo in senso veicolare ma non residenziale. Lungo i suoi bordi, in sostanza, non prospettano edifici con accesso diretto dalla strada, ma la stessa separa – appunto – un quartiere o parte di esso da un altro.
Se il fine della centralità, come si è ricordato, è quello di qualificare gli ambiti periferici introducendo il mix funzionale, nel caso degli ambiti Torrino e Mostacciano la centralità avrebbe dovuto situarsi nel “cuore” di tali quartieri e non lontano dagli stessi in un’area che non è nemmeno marginale ai suddetti ambiti. Ed ancora: quale rapporto potrà instaurarsi tra Torrino-Mostacciano ed Eur Castellaccio quando quest’ultimo risulta circoscritto da strade separatrici e non ha una continuità permeabile con i quartieri da qualificare?
Un’altra considerazione: all’Eur Castellaccio si entra solo in automobile per cui occorre domandarsi quale particolare vantaggio possa ottenere un abitante del Torrino o di Mostacciano nel recarvisi quando, dovendo comunque percorrere viale della Grande Muraglia, può continuare lungo lo stesso ed entrare all’Eur dove può fruire della maggiore disponibilità di servizi di un riconosciuto polo urbano.
Potremmo continuare a lungo, ma al dunque emerge, almeno nel caso di Eur Castellaccio, che la centralità è tutta una gigantesca commedia degli equivoci.
Il famoso mix funzionale viene sì realizzato, ma non nell’ambito periferico da qualificare, di cui non sembra fregare nulla a nessuno, bensì concentrato all’interno del Bussiness Park Europarco. Del mix fa parte, in maniera rilevante, il “megaipercentrocommerciale” Euroma 2, inaugurato il 23 giugno 2008, che con i suoi 60mila metri quadri (sei ettari) su tre piani più due piani interrati con 3500 posti auto ed una ulteriore disponibilità di 65mila metri quadri di posteggi a raso non nasce certo per i soli ambiti periferici di Torrino e Mostacciano. Dal momento che a servizio del Bussiness Park Europarco viene realizzato un tunnel che sottopassa le quattro corsie della Colombo è ovvio che la struttura sia pensata per attrarre consumatori provenienti da più ambiti periferici. Primo fra questi – l’insediamento a sinistra della strada suddetta e quello di Spinaceto. Ne consegue che l’abitante delle periferie – il borderer – non avrà alcuna opportunità di cambiare in meglio il suo modo di vita. Semmai nella sua vita di motorizzato cronico dovrà ritagliare un ulteriore spazio temporale se vorrà aggiungere ai suoi spostamenti il nuovo percorso che lo porterà a godere dello spettacolo commerciale dei 240 negozi, a sollazzarsi nei 40 punti di ristoro interni a Euroma 2 continuando a vivere la vita di sempre ma – perbacco! – “qualificato” a norma di piano regolatore.
In progetto, oltre all’Euroma 2, sparati davanti ed oltre lo stesso per 504 metri circa, si allineano cinque edifici direzionali a corte aperta a forma di C rivolti verso il fronte dell’ “ipercentrocommerciale”. A 84 metri dal lato chiuso delle corti allineate e parallelamente allo stesso sorgerà un edificio lungo 420 metri circa. Lo spazio intermedio fra questo edificio ed il prospetto di chiusura delle corti a C verrà chiuso dal prolungamento di due edifici ricavando uno spazio lungo 247 metri circa per 84 metri. Al centro di entrambi i lati corti di chiusura sorgeranno due grattacieli alti 120 metri: l’Eurosky e un altro.
Su questa commedia degli equivoci, come l’abbiamo definita, che favorisce solo fenomeni di bassa speculazione gabellati per interventi salvifici e qualificanti, non si basa solo la realizzazione della centralità di Eur Castellaccio con i suoi 800mila metri cubi, ma tutto il piano regolatore di Roma ereditato acriticamente dalla giunta Alemanno. Nel numero di giugno de il Borghese, come si ricorderà, demmo una relazione del workshop “Nuovi modelli di trasformazione urbana” criticando il modello di “assetto policentrico” di Roma al quale contrapponemmo l’organismo urbano multipolare. Ancorchè il Bussiness Park si autodefinisca “polo” direzionale, esso non ha alcuna delle caratteristiche della polarità urbana né la sua adiacenza al vero polo dell’Eur gli conferisce alcun carattere dello stesso.
Non bastassero gli equivoci connessi al concetto di centralità, la vicenda del Bussiness Park Europarco ha scoperchiato il vaso di Pandora di quello che John Silber, autore di Architetture dell’assurdo, chiamerebbe il teorichese , ovvero l’insieme delle assurdità, appunto, con cui gli architetti ufficiali spiegano le ispirazioni o le motivazioni che hanno guidato la progettazione delle loro opere.
Raccolgo dalla stampa ciò che Franco Purini affermò a proposito dell’enorme spazio -trentaduemila metri quadri- dove sorgeranno i due grattacieli: Creeremo una sorta di piazza Navona all’Eur. L’area avrà la stessa forma allungata ma un diametro (sic) più grande e sono già previste sculture. Sarà un luogo molto accogliente.
“Explicatio non petita, impotentia manifesta” si potrebbe dire parafrasando un celebre detto medioevale. Sorvolando sulla scivolata relativa al “diametro” di una piazza che non sarà circolare, ma rettangolare, sembra infatti affiorare dall’inconscio il complesso che l’architetto moderno prova nei confronti dell’architettura ed urbanistica del passato.
Facciamo luce.
Piazza Navona nacque da un tessuto urbano denso di architetture straordinarie che si andò formando nel tempo intorno al circo di Domiziano. Il tessuto urbano – spieghiamo – è dato dall’ordito e dalla trama delle strade su cui prospettano gli edifici. Su piazza Navona prospettano, oggi, S. Agnese in Agone dei Rainaldi e del Borromini; palazzo Panphili, sempre del Rainaldi, già casa della Pimpaccia o della “Olim Pia” cognata intima di Innocenzo X; vi si affacciano, sul lato breve, la parte posteriore di palazzo Braschi di Cosimo Morelli, l’ultimo palazzo “nepotista”, e palazzo Lancellotti di Pirro Ligorio; ancora sull’altro lato lungo, S. Giacomo degli Spagnoli, forse di Giacomo Della Porta, per non parlare del resto. Celebri le fontane dei Fiumi, del Nettuno e del Moro che raccontano anche loro, come i palazzi, le vicende e l’orgoglio del potere e con esse le fasi di formazione della piazza. Ci dispiace dirlo, ma non si crea ex nihilo una piazza Navona e neanche una specie della stessa in un luogo privo di tessuto urbano con il quale rapportarla. Nemmeno se si è un professore di composizione architettonica e urbana dotato della fantastica abilità grafica e sensibilità formale per la quale va giustamente famoso. Il tessuto è la causa, la piazza è l’effetto. Prendere a prestito quest’ultimo come modello di riferimento per realizzare un luogo molto accogliente, ci pare assai illogico e poco architettonico se l’architettura è, ancora, l’arte di rendere concreta – in una piazza, nel caso specifico – la civiltà dell’abitare.
E veniamo al grattacielo Eurosky tower.
Ci siamo mangiati tutto lo spazio con la centralità del Bussiness Park Europarco e non vogliamo ridurre l’argomento grattacielo, che merita tutta la nostra attenzione, alle poche frasi di chiusura. Sarà materia di dissertazione del prossimo articolo. Al momento ci limitiamo al commento del solito teorichese con il quale Franco Purini, riconosciuto maestro del genere, ha spiegato la sua ipertecnologica torre ecologicamente consapevole i cui sette pregi sono elencati dall’ufficio pubblicitario ingaggiato dalla Parsitalia nel box pubblicato sui quotidiani.
Il valore del progetto è nella sua immagine molto forte, chiara, autorevole dice Purini, poi spara: vuole rappresentare l’idea di un presente duraturo.
Oddio! Davanti ad un presente duraturo chi scrive rimane irretito ed ammirato per la capacità funambolica di mettere insieme le parole. Ma Purini, stavolta, strafà ed allorché afferma che il suo grattacielo è ispirato all’architettura romana, per esempio,alla Torre delle Milizie, semplice ed enigmatica, presso i Mercati di Traiano, basta uno sguardo al disegno di questa specie di gigantesco favo industriale a celle quadre dalle quali sgorgano piante verdi anziché miele e l’irretimento del presente duraturo svanisce. A leggere, infine, che dialoga con il paesaggio urbano di Roma ed, a suo dire, propone un nuovo tipo di abitazione metropolitana in verticale dapprima ritorna alla memoria la Vita delle api di Maurice Maeterlink che si leggeva da ragazzi poi, quando un collega, anch’egli docente, sbavando ammirato davanti al progetto, pronostica che sarà bello, un Corviale in verticale, a quel ricordo si sovrappone quello dell’ ”ingegnere dell’anima “ di staliniana memoria e ti senti preso per i fondelli.
Non sappiamo se è attribuibile sempre a Purini o all’ufficio di pubblicità di Parsitalia il proposito di fare dell’Eurosky il simbolo architettonico verticale di Roma
Viene spontaneo domandarsi: di quale Roma stanno parlando?
Quella che l’immaginario collettivo identifica come tale è meno del 6% dell’intero edificato e, a parte i complessi d’inferiorità che genera, quali traspaiono dalle dichiarazioni riportate, ha già un simbolo verticale che la esprime: la cupola di Michelangelo. Con i suoi 136 metri di altezza dista, in linea d’aria, dal luogo dove deve sorgere il futuro simbolo architettonico verticale, circa nove chilometri e mezzo più a sud sullo stesso meridiano – cento metri più, cento metri meno; in termini di tempo dista circa mezzo millennio – decennio più, decennio meno; in termini di concezione dista uno spazio siderale profondo anni luce – parsec più, parsec meno. Bisognerebbe aggiungere la distanza che separa l’orgoglio dei centomila abitanti della Roma michelangiolesca, che costruirono per il mondo un simbolo universale, dalla miserabilità cui sono destinati duemilioni e ottocentomila abitanti di questa città che dovrebbero guardare il mondo, come dice la pubblicità, dai centoventi metri di altezza di un alveare residenziale e nello stesso dovrebbero riconoscersi.
Allora ripetiamo: di quale Roma stanno parlando?
Quella di un tempo era tanto grande in termini urbanistici ed architettonici che dei centoventi metri strombazzati non si sarebbe nemmeno accorta.
Ci fermiamo qui. Gli dei permettendo, riprenderemo l’argomento con il prossimo articolo sviscerando le polemiche circa l’opportunità o meno di edificare grattacieli.