Kant. La potenza del pensiero e la libertà dell’uomo tra diritti e doveri

14 Giugno 2010

Fonte parziale: Parvapolis 05 Agosto 2004

Eulà  4 ottobre 2008

Domenico Cambareri – Gino Ragno  (+)

 

Riproponiamo ai lettori, in occasione della conferenza su I. Kant a Latina per il ciclo “I Silenzi di Dio” organizzati in  simposi rituali dalla Compagnia de’ Galantomeni e da Parvapolis, quanto pubblicato in occasione del 200° aniversario della morte del massimo filosofo dell’età moderna.

 

SEMPRE SOTTO LA RAGIONE

La potenza del pensiero. Oggi a Kaliningrad si commemora Immanuel Kant, a 200 anni dalla morte. Uno dei massimi spiriti dell’umanità

 

Oggi, cinque agosto, nella città di Kaliningrad, ultima enclave di terra germanica rimasta alla Russia – benché separata geograficamente dall’interposizione delle repubbliche baltiche – è commemorato ufficialmente dall’Associazione per l’Amicizia Italo-tedesca Immanuel Kant nel bicentenario della sua morte. La delegazione, guidata dalsegretario generale Gino Ragno, sarà costituita da cittadini italiani e tedeschi. Presenzieranno le autorità politiche russe,
compreso il sindaco, il quale per l’avvenimento ha preparato in grande ogni cosa, e gli esponenti del mondo culturale cittadino. Kaliningrad è la città di Konigsberg, centro delle operazioni avanzate dei Cavalieri Teutonici nel Medio Evo. Essa è stata la punta più orientale della Prussia e di tutto il popolo germanico. Introduzione del segretario geneale dr. Gino Ragno: “Nella trentennale fervida e ininterrotta attività dell’Associazione per l’Amicizia Italo-germanica tesa ad avvicinare i popoli italiano e tedesco sotto tutte le forme della vita culturale, sociale, industriale e politica, e quindi gli altri popoli europei aderenti all’Unione Europea o facenti parte della comune koiné, come quello russo, mai abbiamo avuto prima un momento così solenne che ci permettesse di operare una elevatissima commemorazione nell’abbraccio con tutta la nostra storia moderna e contemporanea. Siamo grati alle Autorità della Russia per averci consentito con condivisione storica e culturale questo avvenimento, e siamo in particolare grati al Presidente russo Vladmir Putin, che già nel 2002 ebbe il piacere di ricevere il prestigioso Premio Capo Circeo attribuitogli dalla Commissione del Premio da noi creato.

In qualità di segretario generale e di promotore originario dell’Associazione per l’Amicizia Italio-germanica con l’Europa, sono in modo particolare commosso e onorato, con tutti voi, nel leggere in questo momento solenne questa breve commemorazione scritta dall’ amico e filosofo Domenico Cambareri:
“Il bicentenario della morte di Immanuel Kant che oggi commemoriamo non è soltanto una delle mille date importanti o molto importanti che ricadono nel calendario celebrativo dell’anno. Esso è una data in cui simultaneamente si incrociano, si intrecciano, si esplicano e acquistano significato pieno diversi aspetti salienti della storia della filosofia, della morale, dell’estetica, della politica e delle idee in generale, ma anche degli Stati, delle società, degli scontri ideologici e delle più radicali trasformazioni dei popoli europei dall’età di Atene e di Roma e monarchiche e repubblicane, dal quel che fu ed è un “prius” temporale e genetico fondamentale. Il 1804 è stato espressione dell’apogeo della potenza francese, rivoluzionaria e napoleonica, ma è stato anche e soprattutto l’apogeo della trasformazione epocale delle istituzioni e delle società europee, trasformazione che riprese velocemente a correre dopo la Restaurazione e che, superando i molteplici intoppi nel corso della storia europea e mondiale ulteriore, si affermò definitivamente nel corso dell’ultimo novecento. Come storia di Patrie, di nazioni indipendenti, di popoli sovrani, di società e di cittadini sotto il vindice usbergo del diritto e della libertà individuale, posti a base della convivenza civile. In tutto questo irripetibile fermento sociale, ideologico e politico dell’età moderna, il ruolo dei filosofi non fu mai secondario. Esso fu un ruolo sempre assolutamente centrale, di fonte di principi e di ideali, di centro propulsivo e di scaturigini di volontà e di impeti che avrebbero immediatamente investito i decenni successivi nelle tempeste e negli assalti di quell’incontenibile sviluppo genetico in apparenza e in maniera non esaustiva e con poco felice espressione definitosi in termini antitetici, il Romanticismo. L’immensa opera e l’immenso ruolo del più maturo esponente dell’Illuminismo filosofico, Immanuel Kant, filosofo sommo dell’età moderna al quale anche Napoleone tributò onore facendogli visita, non si può assolutamente disgiungere da tutto questo. Come anche dal percorso della storia delle idee e delle teorie scientifiche, in primis quelle cosmologiche. La radicalità del pensiero metafisico di Kant va molto oltre le ardite e precedenti elaborazioni dei liberi pensatori inglesi del seicento e quindi di quelli francesi, non per il piacere di scandalizzare e di negare Dio, quanto per portare nel luogo proprio della più profonda riflessione filosofica una delle più tragicamente sentite vicende della vita di tutta la cultura occidentale. Kant, cresciuto ed educato per tanti anni in un ambiente pietista, fu infatti un filosofo particolarmente attento quanto per sua natura particolarmente sensibile alle problematiche delle origini, intese in chiave metafisica e teologica; e all’esigenza di una irrinunciabile fondazione morale della vita interiore e dell’azione individuale e collettiva degli uomini. Immanuel Kant, sommo filosofo prussiano che contende la palma della genialità filosofica tedesca a Leibniz e ai futuri filosofi dell’idealismo, operò una radicale re-impostazione delle problematiche filosofiche grazie a una metodica d’indagine e di critica che letteralmente catapultò allo zenit la maturazione gnoseologica del tempo, nata dai fermenti di circa tre secoli di scienza e di filosofia. Dall’incipit dell’età moderna, che ha i suoi mitici e storici baluginii nell’Umanesimo e nel Rinascimento italiani. Egli è stato un insuperabile creatore di vaglio finissimo, di armonica sistematicità e robustissima organicità filosofica e un irripetibile apritore di vie e di sviluppi fecondi e al tempo stesso sempre più profondi e articolati, subito allora diffusi oltre i confini germanici. Panorami e proiezioni del tutto imprevedibili in cui si coagulano il fremito del bello e il brivido del sublime. Ancora oggi è impossibile tentare una pur minima lettura della nostra storia contemporanea in filosofia, in politica, nel diritto, nelle teorie scientifiche, nell’estetica senza riferircialla loro enucleazione dal pensiero moderno e dal pensiero kantiano. Senza riferirci al superamento della scepsi, dell’ “esse est percipi”, della “tabula rasa”, del giocoso fanciullesco primaverile occasionalismo. Da quella che era una piccola capitale di un vecchio piccolo ducato, del vecchio Ducato dei Cavalieri teutonici, Königsberg, allora estrema periferia della Prussia e di tutta l’Europa nord-orientale, oggi punto di raccordo delle culture e delle economie russa e germanica e delle nazioni baltiche e, quindi, dell’Unione Europea; dalla nuova Kaliningrad, noi siamo sicuri di interpretare i più profondi moti dell’animo dei nostri popoli e di contribuire a rinvigorire il lievito sempre rinnovato della cultura filosofica che si è irradiato dalle città della Megale Hellas – della costa dell’Asia minore, della Sicilia, dell’Italia meridionale, della Grecia – e delle limitrofe regioni afro-asiatiche nel corso dei secoli in tutte le latitudini e longitudini europee, e quindi dei popoli e delle civiltà degli altri continenti. In questo processo di ininterrotta irradiazione della luce della ragion filosofica, dell’affrancamento dell’intelletto dalle brume del terrore della non conoscenza, Immanuel Kant è stato fra i massimi spiriti dell’umanità. Il nostro filosofo, volto con lo sguardo sempre alle stelle e al sole, nell’imperativo categorico seppe condensare un inno giammai musicato da uomo alcuno in cui risuonano – davvero secondo la magia di Apollo – tutti i suoni provenienti dal cosmo. Culto della ragione che non cancella l’Olimpo né Cristo, ma lascia a suo avviso aperto e non colmabile lo stretto dell’immenso pelago fra la fralezza fenomenica e l’ascosa originalità noumenica.”
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