Telescopio Planck. Le ricerche spaziali approdano a conoscenze incredibili

8 Luglio 2010

Fonti: Agenzia Spaziale Ialiana (ASI) – European Space Agency (ESA)

Planck svela l’Universo: com’era e com’è

La prima mappa a tutto cielo presentata oggi a Torino

05 Lug 2010
L’intero cielo a microonde in una singola mappa. Una straordinaria fotografia del cosmo ottenuta combinando tutte e nove le frequenze alle quali sono sensibili i rivelatori a bordo del telescopio spaziale Planck. L’affresco inedito, nel quale convivono l’impronta dell’Universo primordiale e l’emissione diffusa della Via Lattea, è appena stato reso pubblico dall’ESA, l’Agenzia spaziale europea. E presentato in anteprima da Reno Mandolesi, oggi pomeriggio, al Lingotto di Torino, nell’ambito di una conferenza dell’ESOF (lo EuroScience Open Forum) dedicata all’origine dell’Universo.
                                   La radiazione cosmica di fondo e la Via Lattea: sono le due protagoniste indiscusse della mappa a tutto cielo ottenuta da Planck—il satellite dell’ESA per lo studio dell’origine dell’Universo—nel corso della sua prima survey, completata di recente. «Questo è il momento per il quale Planck è stato concepito», dichiara il direttore della sezione ESA di Scienza ed Esplorazione Robotica, David Southwood. «Non stiamo offrendo risposte. Stiamo aprendo le porte di un Eldorado in cui gli scienziati potranno andare a caccia di pepite d’oro, che li porteranno ad approfondire la nostra comprensione su come l’Universo è nato e su come funziona. L’eccezionale qualità di quest’immagine è un tributo agli ingegneri che hanno costruito e gestito Planck. Ora è il momento di dare il via al raccolto scientifico».
PORTARE ALLA LUCE IL DIPINTO NASCOSTO
La radiazione di fondo a microonde (CMB), o radiazione fossile, ci offre la più antica immagine possibile dell’Universo: appena 380mila anni dopo il Big Bang. Un’immagine che, nella mappa di Planck, appare in gran parte avvolta nella foschia introdotta dalle sorgenti diffuse della Via Lattea, polvere e gas interstellare innanzi tutto. Un’immagine nascosta nella nebbia, dunque, come spiega Jan Tauber, project scientist di Planck: «La struttura granulare della CMB si può distinguere nettamente nelle regioni ad alta latitudine della mappa, là dove l’emissione locale è più debole. Scendendo a latitudini più basse, invece, una grande porzione di cielo è dominata dal contributo della Via Lattea, che risplende con vigore sul piano galattico e si estende, seppur con minore intensità, anche al di sopra e al di sotto di esso».
 
Ma proprio come talora avviene con alcuni capolavori, celati per secoli sotto ad altri dipinti e in seguito restituiti al loro originale splendore dalla tecnologia e dalla paziente opera dei restauratori, anche la mappa dell’Universo primordiale è prossima a emergere nella sua interezza. Nel caso della mappa di Planck, la separazione delle due componenti—il fondo cosmico da una parte e le sorgenti galattiche dall’altra—è affidata a complessi software di analisi ed elaborazione delle immagini, sviluppati ad hoc dagli scienziati del team di Planck. Algoritmi resi possibili grazie alla risoluzione e alla sensibilità senza precedenti dei dati raccolti dal satellite, e in particolare grazie alla disponibilità di ben nove canali a diverse lunghezze d’onda. Proprio questo ampio spettro di frequenze—dai 30 agli 857 GHz—permette di «sollevare il dipinto» più recente (il contributo galattico, preziosissimo per gli astrofisici) senza danneggiare quello sottostante (il fondo cosmico, sul quale i cosmologi non vedono l’ora di mettere le mani). Ottenendo così due «tele» indipendenti ed entrambe di valore inestimabile.
 
«La mappa del cielo a microonde, ottenuta combinando tutte e nove le frequenze operative di Planck, fornisce i primi risultati astrofisici visivi della Via Lattea. Questo, da solo, è già un risultato sorprendente, ma non è finita qui. Se il “buon giorno si vede dal mattino”…. nel background potrebbero emergere piacevoli sorprese dalle misure di polarizzazione delle anisotropie del fondo cosmico», auspica Barbara Negri, responsabile dell’Agenzia spaziale italiana per l’Osservazione dell’Universo.
 
LA MAPPA DEL BIG BANG E L’INFLAZIONE COSMICA AL LINGOTTO DI TORINO
Di questa mappa eccezionale parlerà oggi a Torino, nel corso di una conferenza di ESOF2010 dedicata all’origine dell’Universo, Reno Mandolesi, direttore dell’INAF-IASF Bologna e responsabile dello strumento LFI a bordo di Planck. «La CMB, che riusciamo a intravedere dietro il velo di foschia della galassia, è la prima luce dell’Universo. Giunge a noi direttamente dalla sua infanzia, dopo aver viaggiato per circa 14 miliardi di anni. Le sue strutture granulari, le anisotropie, ci raccontano di una fase primordiale chiamata inflazione cosmica, che ebbe luogo una frazione di secondo dopo il Big Bang. Durante l’inflazione, il volume dell’Universo si è espanso improvvisamente di oltre 40 ordini di grandezza (dunque, non di 40 volte, bensì di un numero di volte inconcepibilmente grande: un 1 seguito da 40 zeri), “stirando” le fluttuazioni quantistiche e “traghettandole” dal regno microscopico a quello macroscopico. Quelle fluttuazioni sono esattamente ciò che vediamo nella mappa di Planck. La CMB, dunque, ci parla della fisica dei primissimi istanti dell’Universo, e di energie migliaia di miliardi di volte superiori a quelle che possono essere raggiunte dagli attuali acceleratori di particelle, come LHC. A innescare l’espansione inflazionistica è stata una “particella misteriosa”, l’inflaton: stando a numerose teorie, l’inflaton può essere collegata al meccanismo di Higgs e al relativo bosone, la cosiddetta “particella di Dio”, responsabile della creazione della materia così come la conosciamo. Credo che arrivare a esplorare i fondamenti della materia attraverso un esperimento di astrofisica, come sta facendo Planck, sia un risultato straordinario del pensiero umano», conclude Mandolesi.
Il contributo italiano a Planck
Il satellite Planck, lanciato il 14 Maggio 2009, sta osservando il cielo nelle microonde, da una remota posizione a 1.5 milioni di chilometri da terra, al riparo dai disturbi emessi dalla terra, dalla luna e dal sole. Recentemente ha completato la prima osservazione di tutto il cielo: grazie alla osservazione simultanea a ben 9 frequenze comprese tra 30 e 850 GHz, e a sofisticate tecniche di analisi dei dati, è possibile realizzare per la prima volta una mappa dettagliata di tutto il cielo (vedi figura) nella quale si separa nettamente l’ emissione del mezzo interstellare, disperso in gigantesche nuvole di gas e polveri all’ interno della galassia (in colori chiari) e quella dell’ universo primordiale (in colori più rossi). Questa separazione ha un valore immenso per i cosmologi, che sono interessati all’ emissione del plasma primordiale, visibile solo nel campo delle microonde, ma anche per gli astrofisici, che dallo studio del mezzo interstellare capiscono i meccanismi che generano le stelle. Il satellite Planck comprende un avanzato telescopio per microonde e due strumenti: lo strumento a bassa frequenza, per il quale l’ italia ha avuto la leadership (PI N. Mandolesi, IASF Bologna) e lo strumento ad alta frequenza (PI J.L. Puget, IAS Paris), al quale l’ Italia ha contribuito con hardware cruciale (i preamplificatori criogenici realizzati dal gruppo di P. de Bernardis – Sapienza, Roma). ASI ha finanziato e coordinato l’ intero contributo italiano a Planck.