Berlusconi e l’anatra azzoppata

02 Ottobre 2010

Domenico Cambareri

La nuova maggioranza non è l’anatra all’arancia                                                           

I limiti di un governo di fronte a cui non c’è alcuna alternativia

 

La fiducia accordata a Silvio Berlusconi, che nei numeri esce rafforzata sia pure di poco, lascia intravvedere parecchie cose. Innanzitutto che in questo momento e nei prossimi mesi una quantità minima di voti potrà essere determinante per l’ulteriore sopravvivenza o fine del governo. E poi che, oltre alle profonde crisi interne al PdL che, per i motivi che più o meno pare che tutti conosciamo – motivi non sempre esclusivamente di natura politica -, hanno portato alla fuoruscita dei parlamentari vicini a Fini raccolti in FLI, le crisi intestine non meno profonde che attraversano tutti i partiti presenti in parlamento, ad iniziare con il CCD e per finire con il PD. Il problema dei dibattiti interni e delle linee programmatiche da seguire da parte delle segreterie dei partiti è un problema generale, e di esso non è affatto escluso il PdL post uscita dei finiani. A proposito del gruppo di Fini, non è per nulla chiaro il ruolo che parlamentari come Moffa, Viespoli e Consoli stanno svolgendo e potranno svolgere davanti all’inarrestabile e dirompente ruolo di Bocchino, Granata e Briguglio, cosa che abbiamo già sottolineato e che torniamo a sottolineare ancora. La spregiudicata furbizia di Fini non potrà continuare ancora per molto nel muovere personaggi e ruoli affatto contrapposti a suo piacimento, soprattutto quei personaggi che sperano di dare effettivi e duraturi contenuti politici e un’immagine credibile del gruppo a cui appartengono. Certo è che, tornando al contesto generale, non è una cosa confortante sapere che i voti di valdostani o altoatesini o di frazioni di siciliani o campani del CCD o quelli di Lombardo potranno decidere le sorti del governo davanti alla defezione, al momento di importanti votazioni, dei finiani che proclamano fedeltà non acritica al governo. L’importante è che il percorso futuro di questo governo non si risolva in quello tipico dei fallimentari governi balneari. Ci spiace, tra le cose che è tornato a promettere Berlusconi, che dopo sedici anni dal suo ingresso nell’agone politico e alla guida di compagini governative, egli ancora non porti a termine la prioritaria riforma della separazione dei ruoli tra magistratura giudicante e magistratura inquirente. Indubbiamente anche il tema del giusto processo, giusto anche il dettato costituzionale e il suo adempimento, specie in riferimento ai tempi di durata astronomica, è una priorità, ma essi non vanno e non possono essere abbinati, pena l’immobilismo generale e il fallimento del processo riformista della giustizia. D’altronde, da parte nostra riconfermiamo che non si può andare ancora più in là nell’attribuire una più ampia sfera di non processabilità e di immunità alle alte cariche dello Stato, che torniamo a dire, dovrebbero essere esclusivamente quella del capo dello Stato e del capo dell’esecutivo. La crisi in Italia non demorde e in nuovi settori incalza. E’ il caso della cantieristica navale, ad esempio, e di quello che il governo continua a promettere e a non fare. Perché tace il ministro dell’economia, perché tace il ministro della difesa? Dove sono le nuove commesse promesse alla Fincantieri? Promesse di navi per di più indispensabili, oltre che per le maestranze, per le sorti stesse della funzionalità primaria della Marina Militare? Dove è il ministro dello sviluppo che ancora Berlusconi non porta dal capo dello Stato? Dove è il rilancio immediato della politica finanziaria in difesa dei professori delle secondarie? Dove sono gli aggiustamenti urgenti delle misure fiscali, specie quelli degli scaglioni Irpef prima della realizzazione di una tanto generale quanto fantomatica riforma fiscale? Sono domande doverose, e sono solo alcune delle domande doverose da porre al governo. Certo è che Bossi e i suoi si scompisciano dal ridere e dall’alzare il prezzo di giorno in giorno senza pensare che il loro zenit potrà subitaneamente trapassare. Siamo dunque in presenza di un esecutivo azzoppato? A dir poco. Il fatto è, soprattutto, in base alle considerazioni che abbiamo presentate, che il Paese è in uno stallo incredibile, poiché l’opposizione, non di meno della maggioranza, vive in un clima di brancolamento e di incertezze assolute. Il collante non può continuare ad essere l’antiberlusconismo. Qui Bersani sbaglia e sbaglia alla grande, surclassando la demagogia estrema di Di Pietro. Sbaglia ancora di più, Bersani, nell’inseguire la chimera del nuovo Ulivo. Contenitori vuoti e idee vuote? Altro che ridere per il baffetto elettrico di D’Alema il pugnalatore. Certo è che Bersani sta dando dimostrazione di grandi delusioni. Noi, al di sopra delle nostre posizioni politiche, avevamo – i soli – avanzato la possibilità di formare un serio governo a due con guida Berlusconi. Un governo composto esclusivamente dai primi due partiti di maggioranza e d’opposizione, per superare i tormentoni che straziano il Paese e rafforzano i ricatti e i veti incrociati. Per denunciare e rinunciare al tempo stesso alle tradizionali greppie dei loro enormi apparati clientelari. Coalizione perciò atta a promuovere la rinascita politica nazionale. Ma ci voleva e ci vuole moltissimo coraggio. E, insieme, estrema lucidità intellettuale e politica. Cose, tutte, che mancano a Berlusconi e a Bersani, purtroppo. Rimarrà dunque il dovere vedere questo governo remare a bordo di una zattera, al quale non potremo negare di necessità il consenso, ancora sempre più sottile e critico in non pochi dei punti salienti? E’ così. L’importante è che con questa zattera alla deriva non inizi solo il tanto sperato, da parte di impenitenti faziosi e fanatici, tramonto di Berlusconi, quanto e non di meno quello di Fini e di compari d’altra sponda come D’Alema e Casini. Solo con un futuro incerto anche su questo piano ci potrà essere qualcosa di più in cui sperare per spazzare l’ingovernabilità e le torme di Bossi.