Scuola e formazione: interrogativi di base di un economista

27  Novembre 2010

Enea Franza

 

La povertà di conoscenze si traduce in carriere di lavoro frammentarie, bassi salari e precarietà?

Senza tenere presenti le non meno importanti e fondanti considerazioni strettamente pedagogiche, di trasmissione di assi e di tradizioni culturali, di formazione “civica” del cittadino, di apparteneza a  percorsi e radici di civiltà, di preparazione e avvio di studi ad indirizzo specifico, muovendoci  con un approccio di natura prevalentemente socioeconomica e stimolati al tempo stesso da presupposti apprezzamenti  considerazioni e teorie etico-sociali e psicologiche e  del ruolo esteso e complessivo della definizione della  “salute” dei singoli, quali interrogativi considerazioni riflessioni possiamo formulare sul tema del ruolo della formazione scolastica e della sua qualità oggi?

 

Partiamo dall’idea che la società possa migliorare solo valorizzando il merito. Bene, sono quasi certo che non ci siano molte voci contrarie in merito se sosteniamo che a più merito, a maggiore capacità insomma , corrisponda un maggior benessere per la società. Tuttavia, va subito posta una questione: il merito, o la sua accezione totalizzante molto in voga, la c.d. “meritocrazia”, in che senso deve essere interpretato? La meritocrazia, insomma, è un mezzo per garantire la scalata sociale ai migliori a scapito dei soggetti più deboli e privi di qualità o, invece, deve essere lo strumento per assicurare a tutti la speranza di una realizzazione professionale adeguata alle proprie capacità ed alle proprie aspirazioni, anche quindi attraverso una mortificazione delle ambizioni individuali a favore del collettivo?
A ben vedere entrambe le questioni, ovvero, sia la meritocrazia come sviluppo estremo dell’individualismo che quella, invece, di mezzo per la realizzazione del gruppo, pongono al centro il benessere individuale, quella del singolo, dell’individuo. Ma mentre nel primo caso si ritiene che la società possa migliorare anche solo privilegiando i migliori e tralasciando i meno capaci, nell’altro caso dalla somma dei singoli benesseri individuali si deduce, poi, il benessere per l’intera società. Per cercare di dare una risposta convincente partiamo da lontano. Il merito le capacità si evidenziano in primo luogo come capacita di fare, ovvero abilità a svolgere determinate mansioni. L’istruzione svolge un fattore determinante sul punto d’individuare le capacità e le abilità individuali. In prima approssimazione, possiamo allora sostenere che l’istruzione generalizzata permette di individuare le abilità degli individui e dovrebbe essere capace di indirizzare ciascuno verso lo sviluppo delle abilità innate. Se riesce poi, nei fatti, a svolgere tale compito è un fatto il quale mi porterebbe molto lontano per cui mi prendo la libertà di non rispondere all’interrogativo. Riprendiamo allora il bandolo del discorso iniziato.
Tale sviluppo delle capacità deve essere neutrale o indirizzare verso le richieste del mercato del lavoro? La domanda di lavoro, infatti, molto spesso richiede professionalità diverse da quelle offerte, creando eccedenze di mano d’opera e la necessità di riqualificazione professionale. Addirittura, spesso non richiede livelli di formazione molto elevati, anzi, chiede manovali o trasportatori e non ritiene utile l’eventuale alta cultura del soggetto. Ma allora ritorniamo all’origine, ovvero, alla domanda che ci facevamo circa il come possa migliorare una società. La società migliora se creiamo una società di sapienti, ovvero, la società migliora se formiamo una società di persone abili ad essere impiegate in un lavoro?
La questione della conoscenza si tramuta, quindi, in tutt’altra questione. Non si tratta più di un sapere astratto ma della capacità a risolvere problemi concreti! Spieghiamoci meglio. Una scuola per essere utile, alla Don Milani è un modello vincente per la società ? Una scuola legata al mondo reale, che: “permetta ai suoi allievi, un domani, di capire quello che gli verrà detto da sindacalisti, politici, preti, o ciò che avviene nel mondo in cui vivono. Saper leggere i giornali ed i contratti di lavoro da firmare. Avere il coraggio di guardare in faccia e saper rispondere all’avvocato, al notaio, al dottore. Vincere la timidezza. Raggiungere la dignità, la consapevolezza di essere uomo, con diritti e doveri. E, soprattutto, poterli rivendicare”? Vista in questa ottica la formazione scolastica, si risolvono molti dei problemi che attraversa la scuola oggi. Soprattutto l’idea che essa sia un parcheggio alla disoccupazione.
Vale per ogni ordine e grado tale idea dell’istruzione ?
Uguaglianza e merito posso essere le parole base del percorso formativo di tutti, ma se l’uguaglianza è il riferimento principale della scuola dell’obbligo, per dare a tutti gli strumenti di base fondamentali necessari perché tutti possano avere le stesse opportunità di partenza, dovrà essere il merito il riferimento principale della scuola dopo l’obbligo E quindi se la scuola dell’obbligo dovrà essere gratuita (e non solo per le elementari), successivamente sarà un sistema di borse di studio, servizi e prestiti a garantire che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, abbiano diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Dando secondo il merito, l’applicazione e la costanza dell’individuo si dà a chi è capace e risponde alle sollecitazioni della scuola.
Ma in tal modo facciamo il bene del Paese?
Per rispondere a queste questioni facciamo ricorso alle più avanzate ricerche in tema di benessere umano. Anche nel rapporto della Commissione Salute dell’Osservatorio europeo su sistemi e politiche per la salute [1] (a cui partecipa il distaccamento europeo dell’OMS) è stata proposta definizione di benessere come “lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”. Come si legge nel Rapporto, tutti e cinque gli aspetti sono importanti, ma ancora più importante è che questi siano tra loro equilibrati per consentire agli individui di migliorare il loro benessere. Il concetto di benessere è una nozione in costante evoluzione: seguendo la piramide di Maslow, col passare del tempo la realizzazione dei bisogni fondamentali e di alcuni desideri considerati un tempo difficilmente raggiungibili porta alla nascita di altri bisogni e desideri. Tra il 1943 e il 1954, lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di “Hierarchy of Needs” (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954. Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo.
Questa scala è internazionalmente conosciuta come “La piramide di Maslow”. I livelli di bisogno concepiti sono: Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.); Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione; Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione); Bisogni di stima, di prestigio, di successo; Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).
Successivamente, sono giunte critiche a questa scala di identificazione, perché semplificherebbe in maniera drastica i reali bisogni dell’uomo e, soprattutto, il loro livello di “importanza”. La scala sarebbe perciò più corretta in termini prettamente funzionali alla semplice sopravvivenza dell’individuo che in termini di affermazione sociale. Si tratterebbe perciò di bisogni di tipo psicofisiologico, più che psicologico in senso stretto. Altre critiche vertono sul fatto che la successione dei livelli potrebbe non corrispondere ad uno stato oggettivo condivisibile per tutti i soggetti. Inoltre, una scala di bisogni essenziali che considera la realizzazione affettiva e la sessualità come bisogni tra i meno essenziali, nega l’evidenza che l’essere umano stesso si costituisce proprio in conseguenza della pratica della sessualità.
Ma prendiamo con buona approssimazione tale scala. Cosa possiamo dedurre da essa ai fini del nostro discorso? Anche qui (con una buona dose di fantasia e di approssimazione) possiamo ritenere che il benessere individuale possa essere raggiunto realizzando in pieno il soddisfacimento, in primo luogo, dei bisogni fisiologici e di salvezza e protezione, nonché quelli, in via successiva, di appartenenza. Tutti ruoli che la scuola di ogni ordine e grado può ben assolvere, solo che si ritrovi un indirizzo puntuale e preciso. Quindi sembrerebbe che la formazione riesce a risolvere i problemi della gente ed a migliorare i problemi di una società se riesce a fornire gli strumenti per affrontare le sfide del mondo del lavoro; viceversa, se lo Stato non sarà in grado di risolvere i problemi essenziali che sono sulla scala del benessere disegnata nella citata “piramide di Maslow”, si avrà una società di scontenti, una società di infelici, ovvero, una società triste. E un’economista che non scelga di vivere in una torre d’avorio non può non affrontare il problema!
1) Lo stesso Maslow nel libro Toward a Psychology of Being del 1968 aggiungerà alcuni livelli che aveva inizialmente ignorato.