Bunga sinistra bunga tra (pseudo)valori e strumentalità

31 Gennaio 2011

Fonte: Taccuino politico on line

Jim Wormold

 

 Libertà, se la criminalizzazione del sesso ci riporta cinquant’anni indietro

Questo non è un articolo su Silvio Berlusconi e sul cosiddetto “caso Ruby”. Chi scrive è convinto che quella vicenda sia solo un ulteriore capitolo dell’ormai quindicennale aggressione mediatica e giudiziaria contro il Primo Ministro italiano, che, alla fine della fiera, si ritorcerà contro i suoi odiatori professionali, interni ed esterni ai palazzi della politica. Anzi: dimentichiamo un istante questa storia e le opinioni politiche di ciascuno, e concentriamoci su un aspetto di fondo, che ha a che fare con il modo in cui la cronaca, i media, i commentatori mainstream o presunti tali, interferiscono (o almeno cercano di farlo) con il costume della nostra società e del nostro tempo.
La mia impressione è che ci sia un’arietta molto ipocrita e molto poco rassicurante di criminalizzazione del sesso e della sessualità in quanto tali. E’ come se, in una costante “sineddoche mentale”, in una confusione permanente tra la “parte” e il “tutto”, la sfera sessuale stesse diventando l’unico parametro per la valutazione della dimensione morale di una persona. E, a ben vedere, proprio tutti cadono nell’equivoco. Ci cadono le più alte gerarchie ecclesiastiche, a cui nessuno può chiedere – ovviamente – di fare spot per il libero amore, ma che sembrano comunque anteporre una sorta di precettistica moral-sessuale allo stesso tema della fede e di quelle verità rivelate che dovrebbero essere il fondamento essenziale di un’identità religiosa. Ci cadono, inutile dirlo, i grandi media, tutti protesi a guardare dal buco della serratura, come se la nostra società fosse ancora ferma all’Italietta degli anni Cinquanta, e non vivesse, nelle case di ognuno, una vita sessuale più evoluta, con l’inevitabile e umanissimo mix di confusioni e consapevolezze, di consumo di sé e ricerca creativa. Ci cade (ovviamente) la sinistra più vecchia del mondo, con il povero Bersani che si propone come reperto vivente dell’Unità di Pajetta e Ingrao: quella che dedicava paginate fiammeggianti al caso Montesi e ai fatti di Capocotta. E ci cadono anche alcuni spezzoni di una destra mai abbastanza liberale: quella che un anno fa ha attaccato Marrazzo più per i trans che per il possibile (e, se fosse confermato, assolutamente ingiustificabile e sanzionabile) uso del denaro pubblico a fini privati, e quella che oggi pensa di colpire la Boccassini ripescando suoi baci veri o presunti del 1982.
Va bene, gli scandali sessuali sono un classico della politica occidentale. Ed è prevedibile, anzi addirittura scontato, che partano le accuse incrociate più facili. “Ma come – si dice da destra – voi di sinistra fate tanto i libertari, e poi vorreste attaccare le abitudini private di un vostro avversario?”. “Ma come – si risponde da sinistra – voi sareste il partito dei valori, quello del Family Day, e poi a casa vostra fate l’opposto?”. E in effetti c’è del vero, e i due maggiori schieramenti hanno, com’è evidente, le loro incongruenze e il loro doppiopesismo. Ma, pagata la tassa alla propaganda, resta la questione di fondo. Come mai, un po’ da tutte le parti, è così difficile pronunciare la parola “libertà”? Dove sta scritto che la castità o la rinuncia a una dimensione sessuale più libera siano di per sé indice di una moralità superiore? Non sarà che, ancora una volta, magari senza volerlo o addirittura controvoglia, forse pagando un prezzo personale elevatissimo, sarà proprio Silvio Berlusconi a contribuire alla laicizzazione e alla modernizzazione del Paese?