Le settimane di Bunga Bunga mediatico allestito dai professionisti dell’antiberlusconismo, metà sabba orgiastico-ribaltonistico e metà Piazzale Loreto, evidenziano, ad uno sguardo sereno e freddamente tecnico, un clamoroso errore politico e di comunicazione della sinistra italiana: hanno iniziato aggredendo Silvio Berlusconi (e già questa è una strategia storicamente fallimentare), ma hanno addirittura proseguito estendendo l’anatema, la maledizione, la scomunica, all’”homo berlusconianus” in quanto tale, all’elettore-tipo di centrodestra, alle persone normali e comuni che hanno votato e votano Pdl.
Era prevedibile che la sinistra ricascasse sul solito errore, ma va detto che lo slittamento dalla campagna da “anti-Berlusconi” ad “anti-berlusconiani” è stato perfino più rapido di quanto si potesse immaginare. Il messaggio, per nulla subliminale, è passato: “Se lo sostieni ancora, se insisti a difenderlo, allora vuol dire che anche tu sei come lui, o, peggio, che vuoi vivere da servo o da complice del sultano di Arcore”. E ancora: “Che donna sei, se voti uno che usa e umilia le donne?”. Oppure: “Che figlio, che padre, che madre sei, se accetti che anche stavolta il Caimano possa passarla liscia?”. Insomma, a ben vedere, si è alzato un venticello di disprezzo sociale e perfino antropologico nei confronti di chi sta con il Premier, con annesse frasette di isolamento pronunciate nelle case, negli uffici, sugli autobus: “Ma allora con te non si può più parlare…”, “Possibile che tu non capisca o non voglia vedere…”, e via moraleggiando, catoneggiando, e rinnovando il mito della pretesa di superiorità politica, intellettuale, ma soprattutto etica, della sinistra italiana.
Ancora non hanno compreso, né a Repubblica né al Pd, che è esattamente questo il virus che ha colpito da anni la sinistra italiana e la sua possibilità di stare in comunicazione con il Paese. Come si può puntare alla maggioranza, se l’animus di uno schieramento è quello di giudicare un popolo (anziché capirlo), di volerlo educare o rieducare (anziché ascoltarlo), di dare le pagelle (anziché avanzare offerte politiche convincenti)? Luca Ricolfi glielo aveva spiegato da anni, a partire da un aureo saggio edito qualche anno fa da Longanesi (“Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori”). Poi glielo aveva rispiegato, e per almeno due volte, una porzione non piccola degli stessi elettori di sinistra: secondo il rapporto Itanes sui flussi elettorali del 2008 (edito da Il Mulino) , in quella tornata politica vi sarebbe stato lo spostamento a destra di un 3% complessivo di elettorato che alle elezioni precedenti aveva votato Ulivo (una cosa notevolissima: più di un milione di persone, circa un decimo di coloro che avevano scelto la lista unica Ds-Margherita); e un anno dopo, alle Europee del 2009, un sondaggio Ipsos-Sole 24 Ore ha compiuto un passo ulteriore nel descrivere lo “sfondamento a sinistra” del Pdl, chiarendo che quasi un operaio su due (il 43%) ha deciso di schierarsi con Berlusconi (se si considera anche la Lega, si arriva al 58%), circa il doppio (con la Lega, quasi il triplo) di quelli che invece si sono dichiarati pro-Pd.
Che altro serviva per capire? C’era stato un ultimo campanello d’allarme per la sinistra, e cioè il fatto che, alle ultime tre elezioni (2008, 2009 e 2010), i sondaggi sul Pdl fossero sensibilmente più bassi dell’effettivo risultato poi conseguito dal partito del Premier: come se una quota significativa di elettori fosse (e sia ancora, oggi più che mai!) intimidita da un certo odio sociale e quindi avesse e abbia quasi paura o comunque riluttanza a dichiarare (a confessare!) il proprio sostegno a Berlusconi, salvo poi votarlo e stravotarlo nel segreto dell’urna. Si attende che qualche mente pensante della sinistra italiana se ne accorga e ci rifletta su.