Africa del mio futuro. Minerali rari, tecnologie e dipendenza europea

15 Febbraio 2011

Fonte: Gazzettino europeo on line, www.gazzettinoeuropeo.it

 

Congo, Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), Sudafrica e Ruanda al centro dell’attenzione

L’UE GUARDA ALLE MINIERE D’AFRICA PER SOSTENERE L’INDUSTRIA HI-TECH EUROPEA

 

Le cosiddette “Terre rare” sono un gruppo di 17 elementi della tavola periodica (tra cui scandio, ittrio e i lantanoidi), contenuti in diversi minerali estratti dalla terra, che rivestono ormai una crescente importanza strategica per l’industria europea. Sono indispensabili per la produzione di molti prodotti tecnologici, come iPad e auto ibride. Ecco perché quando la Cina, la maggiore produttrice di questi elementi, ha deciso di limitare le proprie esportazioni, l’Europa è andata nel panico. Forse una prima soluzione c’è: riciclare montagne di dispositivi elettronici potrebbe alleggerire notevolmente la pressione sulle risorse limitate estratte dalla terra, come sostiene l’europarlamentare verde tedesco Reinhard Bütikofer, nel corso di un’audizione pubblica dell’emiciclo di Bruxelles sul tema degli approvigionamenti di materie prime. “Bisogna iniziare a riciclare e aumentare l’efficienza energetica delle risorse. Per questo serve una strategia ambiziosa per innovare”, ha spiegato Bütikofer. Ma per risolvere il problema occorre guardarsi intorno e trovare ulteriori soluzioni. Riciclare è utile, ma indispensabile è anche un buon rapporto di cooperazione con i paesi ricchi di risorse. Fare la voce grossa non serve, meglio intessere rapporti duraturi e amichevoli, per non restare un giorno senza scorte. E i rapporti con la Cina costituiscono un nodo abbastanza importante del problema, aggiunge Bütikofer, dal momento che qui viene estratto oltre il 90% di minerali da cui provengono le terre rare. “Nel lungo termine non dobbiamo però diventare dipendenti da un singolo paese”, precisa il relatore. Congo, Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), Sudafrica e Ruanda. Su questi quattro Paesi sembra si concentreranno nei prossimi anni le attenzioni delle industrie europee dei settori dell’informatica, della telefonia e delle energie rinnovabili. Il via libera è arrivato direttamente dalla Commissione industria e sviluppo dell’Unione europea che, dopo aver analizzato e monitorato il mercato delle forniture di alcuni minerali, è arrivata a una conclusione: se l’Ue vuole continuare a essere leader nei settori ad alta tecnologia, deve pensare a come procurarsi questi minerali. Pena l’esclusione dal mercato delle sue industrie. Se il Nord Africa è andato in tilt anche a causa del calo della produzione mondiale di grano, è probabile che aziende del calibro di Nokia e Siemens possano finire vittima della speculazione di alcuni minerali che l’Europa non possiede e che deve necessariamente importare. I “preziosi” in questione sono 14, tutti già listati dal gruppo Ue, che in una relazione ha evidenziato come la maggior parte dei giacimenti si trovi in un numero ristretto di Paesi.Purtroppo la Cina, da sola, controlla il patrimonio geologico di minerali come antimonio, fluorite, gallio, germanio, grafite,indio, magnesio e tungsteno. Alla Russia spetta il primato estrattivo dei derivati del platino, al Brasile quello del niobio, gli Stati Uniti vanno forte con il bedrillio, e l’Africa si difende con le miniere di cobalto e tantalio in ex Zaire, Congo e Ruanda e di platino nel Sud Africa. Un po’ di grafite è estratta in India, altro cobalto proviene dal Canada, fluorite dal Messico e ancora tantalio dall’Australia. Il mercato di questi elementi dai nomi astrusi e difficili da ricordare può pregiudicare la produzione di oggetti di consumo quotidiano come telefoni cellulari, pannelli fotovoltaici, batterie agli ioni di litio o marmitte catalitiche. Secondo uno studio della Ue il prezzo di questi minerali è destinato a triplicarsi entro il 2030, per via dell’aumento della domanda di tecnologia dei Paesi emergenti. Oggi il mondo consuma qualche tonnellata di derivati del platino all’anno per produrre marmitte catalitiche, tra 20 anni ne serviranno 300. Gli ordinativi del tantalio, altro ‘sorvegliato speciale’ della Ue, indispensabile per costruire computer, smartphone e camere digitali, superano già le 500 tonnellate, nel 2030 toccheranno le 1.500. Le richieste di cobalto, usato nelle turbine dei motori degli aerei e in alcune batterie al litio, passeranno da 13 a 26 mila tonnellate. In questo scenario geopolitico si muove anche la ‘povera’ Europa che sta lavorando per mettere le mani sulle miniere africane. La Banca europea per gli investimenti e, tramiteessa, un gruppo di società private, vuole portare soldi alle società minerarie africane. Mentre gli organismi della diplomazia si stanno muovendo per ridurre le restrizioni all’export dei Paesi produttori. Da anni l’Ue sta spedendo i suoi commissari in giro per l’Africa a convincere i governi a usare le proprie miniere come arma di sviluppo economico e di riduzione della povertà. Il punto di arrivo di questa moral suasion è l’EUAfrica joint strategy 2011-2013, un accordo che mette nero su bianco gli ambiti di cooperazione nel settore estrattivo: dagli investimenti alle infrastrutture, dalla ricerca agli scambi di know-how fino alla gestione. Quando i soldi della Bei e delle multinazionali arriveranno in Africa, la sfida dei diplomatici e degli imprenditori sarà quella di mettere il naso nelle guerre dei minerali che si combattono tra ex Zaire, Congo e Ruanda, dove i miliziani locali controllano le miniere e il commercio dei preziosi.