Un uomo guarda intensamente qualcosa al di là di un muretto, un lupo dopo cinque secondi si trova nel luogo esatto dove gli occhi umani si erano posati. Questo esperimento, insieme ad altri simili condotti da due ricercatori del Dipartimento di Biologia Cognitiva del Wolf Science Center dell’Università di Vienna, dimostra che l’abilità dei lupi di leggere negli occhi degli altri animali non conosce ostacoli. Perché questo animale è in grado di seguire la traiettoria dello sguardo anche oltre una barriera. Quella che sembrava una prerogativa solamente dei primati e di due specie di corvi (corvo imperiale e corvo nero), è invece, dicono Friederike Range e Zsofi Virany che hanno pubblicato su Plos One i risultati della loro ricerca, una abilità che tutti gli antenati dei cani domestici sviluppano intorno ai sei mesi di età.
Gli studiosi austriaci sono infatti riusciti a ricostruire per la prima volta, dall’osservazione di nove lupi originari del Nord America e cresciuti in cattività in Austria, l’ontogenesi della preziosa dote: l’intuito capace di scovare l’oggetto osservato da un altro animale al di là di un ostacolo non si sviluppa prima delle 16 settimane. Mentre all’età di 14 settimane i lupi sono in grado di seguire gli sguardi solo in spazi aperti a grande distanza.
E’ chiaro quindi, sostengono i biologi, che le due abilità poggiano su meccanismi cognitivi differenti, legati alla crescita dell’individuo. E se è vero, come mostrano i test condotti su lupi di differenti età, che il desiderio di saltare il muretto scatta solo con la maturità, ciò significa che le funzioni cognitive richieste per farlo sono di livello superiore rispetto a quelle necessarie per seguire chi guarda in lontananza. Inoltre, come è emerso dagli esperimenti, i lupi sono capaci sin da piccoli di interpretare gli sguardi dei loro simili, mentre solo crescendo riescono a leggere negli occhi degli umani.
Resta ancora da spiegare come mai lo stesso lupo si comporta in modo differente quando segue uno sguardo al di là di una barriera e quando invece ne ripercorre la traiettoria negli spazi aperti. Nel primo caso, infatti, se non trova nulla di interessante oltre l’ostacolo smette di reagire a nuovi segnali; quando si trova in spazi aperti, invece, ricomincia a osservare l’ambiente ogni volta che gli viene lanciata una nuova occhiata. Primati e corvidi, gli altri animali in possesso dello speciale “fiuto” per gli sguardi altrui, mostrano invece lo stesso comportamento in entrambe le circostanze, rifiutandosi di ritornare in posti già esplorati, vicini o lontani che siano.
Ci deve essere un vantaggio evolutivo nel comportamento dei lupi che evidentemente vale per animali dediti prevalentemente alla caccia, e non per chi desidera innanzitutto difendersi dai predatori. Ecco quanto azzardano i biologi di Vienna: evitare di tornare nello stesso luogo dopo poco tempo, quando le probabilità di trovarvi qualcosa di nuovo sono scarse, fa risparmiare tempo ed energie, mentre un nuovo controllo in posti lontani è sempre consigliabile, visto che tra un’occhiata e l’altra potrebbe essere accaduto di tutto.
Ma le ricerche in questo campo sono solo all’inizio, ulteriori approfondimenti potranno dirci qualcosa di più anche sui cani domestici, diretti discendenti dei lupi. Sono anche loro capaci di leggerci negli occhi? Sanno interpretare lo sguardo di altri animali? Si tratta di capire quanto resta nel migliore amico dell’uomo della preziosa abilità di intuire le mosse di una preda o di un predatore, oppure di dettare la strategia di caccia ai propri compagni con una semplice occhiata.
Riferimenti: PLoS One doi:10.1371/journal.pone.0016888