Ragno a due anni dalla morte, guardando l’Europa di domani

26 Novembre 2011

Domenico Cambareri

 

Gino Ragno, a due anni dalla sua morte

Cofondatore de L’Europa della Libertà e patriota europeo, veniva a mancare due anni addietro.

 

Sin da ragazzo era stato un instancabile attivista politico il quale nessun benefico materiale trasse mai dalla politica. Patriota e idealista, neofascista, fu sempre tra le prime pagine relative alle attività della gioventù nazionale, in particolare Giovane Italia e Gioventù Mediterranea, che furono tra le sue più importanti esperienze. Riuscì a realizzare manifestazioni tra gli anni ’50 e gli anni ’60 in cui molte decine di migliaia di giovani studenti parteciparono in più momenti contro l’imperialismo sovietico, trascinando al loro seguito le piazze giovanili di tante altre città. In Italia, fu sempre in prima linea per combattere il dilagare del comunismo filo-sovietico del PCI e delle organizzazioni parallele, dando non poche preoccupazioni alle Botteghe Oscure e agli agenti stranieri che operavano in Italia.
Al di fuori e al di sopra delle proprie personali idee politiche e delle organizzazioni di sua militanza, Ragno anticipò e realizzò la solidarietà europea in Italia, diventando uno dei più importanti e attivi supporter degli esuli ungheresi nel 1956, offrendo aiuto ai patrioti di Budapest in fuga senza mai chiedere della loro militanza politica.  Lo stesso fece anni dopo, durante l’invasione di Praga e della Cecoslovacchia (Gino Ragno si trovava proprio a Praga durante l’inizio dell’invasione della capitale cecoslovacca), sempre da parte dell’Unione Sovietica e degli eserciti satelliti del Patto di Varsavia, per spegnere il primo e unico, utopico tentativo di realizzare un comunismo dal volto umano, come fu detto, allora, ovvero di un socialismo sul modello euro-occidentale che però confermava la sua fedeltà a Mosca. La primavera di Praga non fu una coraggiosa ed eroica resistenza armata come era stata quella dei gloriosi e tragici giorni di Budapest, fu per volontaria decisone del governo Dubcek una resistenza passiva e pacifica. Essa si chiuse con altre, come era accaduto in Ungheria undici anni prima, mattanze durate mesi e anni nelle carceri, con  assassini sistematici e torture di uomini di cultura, politici, militari che non si piegarono al tradimento, e studenti. Fu anche la prima testimonianza europea delle torce umane, con i giovani studenti che con Jan Palach si diedero fuoco per denunciare una protesta estrema contro la l’invasione sovietica che riduceva le libertà degli uomini e dei popoli a una condizione di assoluta insignificanza. Tra gli esuli ungheresi e cecoslovacchi e le rappresentanze diplomatiche di queste Nazioni a Roma vi fu sempre sincera e affettuosa amicizia con Ragno, sino alla morte di parte dei diversi esuli, come ad esempio Jiri Pelikan, e infine di Gino.
Appresa la lingua tedesca, Ragno con altri amici fondava l’Associazione per l’amicizia italo-tedesca, che così tante lunghe e importanti testimonianze avrebbe lasciato nella vita della capitale, in Italia e in Germania. La sede dell’Associazione diventava un punto di riferimento della cultura italiana e della politica internazionale per oltre quattro decenni per i frequenti e interessanti incontri che in essa Ragno promuoveva, soprattutto nel coinvolgimento continuo dell’Europa mittleuropea. Con questa attività realizzava poi, la nascita di un premio, assieme a un parlamentare democristiano, il  sen. Rodolfo Tambroni, al prof. Paul Heinz Henke e allo scultore Benedetto Robazza, il Premio Capo Circeo, che sarebbe diventato uno dei premi più prestigiosi di tutta Europa. Questo Premio, nel rivendicare e riaffermare esplicitamente una sua ben precisa identità culturale e civile, ad onore dello spirito di libertà che ha sempre animato gli italiani i tedeschi e gli altri popoli europei, non eresse mai “barricate” e si rivolse ai personaggi premiati direttamente, prendendo atto del loro pensiero e della loro opera senza “scrutinare” ciò che ideologicamente sarebbe risultato non congeniale a Ragno e ai componenti della commissione del Premio. Il Capo Circeo è stato il più fecondo, duraturo e inaspettatamente ricchissimo (non in danaro…!) progetto realizzato da Gino, assieme al sodalizio italo-germanico. Egli fu non di meno, da giovane, giornalista de Il Tempo e de Lo Specchio, de Il Secolo d’Italia e amante della vita brillante e a la page e del mondo dello spettacolo, in cui intrattenne molteplici amicizie tra artisti italiani e stranieri di rinomanza internazionale che durarono per tutta la sua vita.
Gino Ragno seppe realizzare una fitta rete di contatti amichevoli con esponenti politici e intellettuali democristiani, liberali, socialdemocratici e di altre estrazioni per fare fronte comune contro il pericolo del filosovietismo, con i quali organizzò perfino dei comizi in comune. Ma la stagione degli assassinii mirati e delle stragi del terrorismo e il terrore seminato dal governo con le posizioni oltranziste, fanatiche e canagliesche imposte dall’allora ministro degli interno Taviani (un ex esaltatore delle teorie biologiche della razza sostenute dal nazismo), secondo cui vi erano una solo violenza e un solo marchio di questa violenza, quelli “fascisti”, fecero saltare queste premesse finalizzate ad erigere un argine comune contro la conquista del potere da parte del PCI.
Sempre utilizzato e forse mai amato da quanti in quegli anni svolgevano il ruolo di maggiorenti della destra sociale italiana, il MSI, non ebbe mai la concreta possibilità di diventare parlamentare, proprio perché avrebbe fatto più comodo a costoro e ai loro vassalli averlo come promotore e organizzatore dal quale attingere in ogni momento idee, energie e obiettivi da raggiungere senza neppure inserirlo negli organigrammi di vertice. Come nel caso in cui fece incontrare Giorgio Almorante e l’ammiraglio Gino Birindelli. Tra i tanti parlamentari che si succedettero nel corso dei diversi decenni che vanno dalla fine degli anni sessanta agli anni novanta, Gino rimase sempre fortemente unito in particolare a Giulio Maceratini, personaggio che si è sempre stagliato a tutto tondo per preparazione e per credibilità politica, e a cui era rimasto legato sin  dalla loro militanza giovanile.
Nel 2007, un amico che opera nel settore tipografico, pubblicava a Gino un “ricordo” degli anni tragici dell’occupazione della Cecoslovacchia, con articoli e immagini riprese da settimanale lo Specchio. Otto pagine in rosso e nero, copertina compresa, su due fogli patinati formato A3, in cui si rievocavano lacrime e sangue e fuoco di Praga sotto la mannaia sovietica. Quasi una brevissima silloge a suggello di tutta una vita, giacché già da allora Gino si sentiva scorrere sempre più velocemente tra le dita la vita e non riusciva in quello che si riprometteva da tempo e che aveva più volte promesso all’editore di “Armando Armando” Enrico Giacometti, di scrivere una suo autobiografia.
Tra gli amici che ne hanno ricordato la morte citiamo Marino Freschi, Wolfram Kraus, Domenico Cambareri (su queste pagine); Agostino Scaramuzzino, Nazzareno Mollicone.
Poiché il sito dell’Associazione per l’Amicizia Italo-germanica è stato rimosso, una mole di documenti e di riferimenti non è più rintracciabile. Si può sopperire con quanto pubblicato da agenzie di stampa, dai siti on line de L’Europa della Libertà, Parvapolis, da altri siti italiani e tedeschi e col  possibile accesso a banche dati operative di agenzie, settimanali, quotidiani, periodici cartacei e radio-televisivi (quali Adnkronos, Corriere d.s., Repubblica, Il Tempo, Il Messaggero) in  particolare italiani, tedeschi, ungheresi, cecoslovacchi.
Davvero  riprovevole, ingiustificabile e scandalosa è stata l’assenza di rappresentanti dell’Ambasciata di Germania a Roma ai funerali di Gino Ragno, a differenza di quelli  d’Ungheria e della Repbblica Ceca, presenti anche con le bandiere. La bandiera germanica, assieme a quella della madrepatria italiana, avvolgeva la bara del patriota europeo. E dire che Gino Ragno aveva dato l’anima per la fraternità dei popoli europei, in primis quelli germanico e italiano e di questi popoli vittime della sanguinosa e brutale occupazione sovietica. E che era stato nel corso degli anni sempre ricevuto da molti dei maggiori esponenti del modo politico tedesco, in particolare della CDU e della CSU, e ricevuto sempre apprezzamenti e sprone per la sua attività. Di ciò chiediamo oggi – dopo due anni di silenzio su questo avvenimento  – conto alla cancelliera Angela Merkel, con la cui sorella è stato in corrispondenza Ragno nei mesi precedenti alla sua morte e al ministro degli esteri tedesco. Lo scandaloso comportamento dell’ambasciatore di Berlino andrebbe ancora oggi censurato senza mezzi termini, come anche quello dei precedenti due ambasciatori  che agirono per emarginare l’Associazione per l’Amicizia Italo-germanica in ogni modo anziché supportarla e gratificarla. Ciò accedeva proprio quando, finiti gli anni delle lunghe lotte tra i partiti filosovietici e i servizi segreti di Mosca e stati satelliti che operavano in occidente e le organizzazioni anticomuniste che agivano al di qua e al di là della cortina di ferro, era iniziata una nuova epoca che vedeva ancora protagonista Ragno.
Gino è andato via due anni addietro con l’amarezza in  bocca. Non quella su cui non riuscì a far rimarginare la ferita per non essere mai stato eletto in Parlamento, quanto quella di non avere portato a felice compimento la realizzazione di una statua in una piazza di Berlino dedicata alla patriota europea Elena Sciascia, l’italiana morta per non essersi mai più ripresa dalle sevizie subite nelle carceri della Stasi, statua di cui lo scultore Benedetto Robazza aveva preparato il bozzetto e su cui le autorità tedesche avevano dato il loro placet. Di tutto questo cosa è mai interessato al governo Berlusconi e ai precedenti governi italiani? Con questa statua egli avrebbe voluto rendere perpetuo nella memoria dei popoli europei quanto fecero i giovani italiani del suo gruppo che allora operavano sia in Italia sia in Germania, dove alcuni di loro rimasero a vivere sino alla loro morte, come appunto Elena Sciascia e Luigi Spina e Domenico Sesta – gli autori del tunnel sotto il muro di Berlino.
Gli amici che a Roma lo affiancarono sono stati in tanti,  qui  è doveroso ricordare quanto meno Antonio Voci (deceduto), Mino Mini, Luigi Insabato, Mario Valli, Agostino Scaramuzzino, le segretarie di Assitaliagermania Eugenia Dominici e Ingrid Adlem, Ernst Nussbaum (deceduto), il maggiore Leo Palmiotti,  i giovani Enea Franza,  Marco Valerio Santonocito  e Rodolfo Dimartino.  
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Cerca nel sito sul “vallo dell’antifascismo”: domenico sesta, ellen sesta, lugi spina, elena sciascia, tunnel di berlino, il tunnel della libertà, giovani patrioti italiani a berlino, gino ragno, associazione per l’amicizia italo-germanica, assitaliagermania, muro di berlino, giovani patrioti europei, un monumento per elena sciascia, polizia segreta stasi. Le foto dei giovani italiani con la lupa di Roma sono esposte alla Casa Museo del Muro, checkpoint charlie,  Haus am Checkpoint Charlie, Mauermuseum  , sorto nel punto di “scambio di spie” tra i due settori di Berlino più famoso nel mondo.
 
 
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