Le prime misure da rendere note sono quelle che riguardano i palazzi dei mille poteri – Che fine hanno fatto le pensioni baby? – Buffett lo straricco e i buffetti a Silvio lo straricco che versa in uno stato comatoso di incomprensione politica – Patrimoniale: se Silvio farà cadere il governo, Monti lascerà da galantuomo ma lui sarà consegnato alla damnatio memoriae – Insistere sull’imposizione indiretta e utilizzare la GdF nei confronti dei grandi recidivi di esportazione di capitali e di evasione per sistematici controlli – Pensioni e nuovi tagli lineari – Garantire la fruizione del TFS agli aventi diritto, aumentare la durata delle finestre d’uscita, aumentare i posti di lavoro da rendere disponibili per i giovani, subito – Riforme costituzionali e miglioramento degli apparati rappresentativi e legislativi – Dimezzare il numero dei parlamentari? Fumo negli occhi per non individuare e colpire le cause dei mali vecchi e nuovi della democrazia italiana.
Le voci che giungono al di fuori dal palazzo del governo, anche se solo voci, risultano sempre più preoccupanti. Ci limitiamo ad osservare che il rigore con cui il governo deve operare deve essere finalizzato alla salvaguardia del bene comune, della coesione sociale e dei diritti negati. Solo con l’armonico accordo con queste voci sarà a nostro avviso consentito al governo decidere sulla natura e sulla congruità dei provvedimenti da prendere.
Ci limitiamo a ridire quanto abbiamo già espresso, in più occasioni, al precedente esecutivo:
– è assurdo, moralmente disonesto e politicamente irricevibile parlare del passaggio repentino e generale dal trattamento di TFS al trattamento di TFR per i lavoratori che stanno per andare in pensione o che ci andranno nei prossimi anni, e annullare anche per gli altri quanto i diversi interventi legislativi avevano consentito di conservare in misura sempre più marginale; non di meno e in pari modo, tutto ciò vale, parola per parola, per l’ipotetico l’abbattimento delle ultime finestre. E’ inutile nascondersi dietro sipari insignificanti: qui si tratta, prof. Monti, di ulteriori tagli lineari, dopo i ripetuti tagli operati dal ragazzotto dei numeri, il prof. Tremonti: di super tagli lineari che colpiscono in particolare quei lavoratori che hanno avuto il rinnovo dei contratti bloccato, che hanno avuto il blocco delle anzianità o quel che resta di questa anzianità bloccate fino al 2016 e, nei tagli lineari operati antecedentemente con gli accordi famigerati del 1973 e del 1993, dal prof. Amato e da altri prof. dei numeri, tutti insuperabili esperti in economia; questi lavoratori hanno avuto una vita di rinnovi contrattuali sempre a perdere, contribuendo in misura moltiplicata alla leva dello Stato di cui nel frattempo tanti governi dilapidavano le risorse aumentando a dismisura gli emolumenti a taluni e aumentando a dismisura l’indebitamento pubblico non certo cresciuto per colpa di queste vittime della nequizie clientelare e sindacal-mafiosa;
– è assurdo e propagandisticamente scandaloso affermare che per rendere più sicuro il miglioramento delle future pensioni degli attuali trentenni bisogna procedere al passaggio generalizzato al TFR senza fare il minimo accenno che, preliminarmente e obbligatoriamente, compito del governo è far realizzare interventi migliorativi urgenti in riferimento alle garanzie contrattuali di cui godono in maniera molto precaria, sia in riferimento al miglioramento delle condizioni retributive, sia in relazione all’aumento dei posti di lavoro da rendere disponibili. Quest’ultimo punto richiama e implica subito quello relativo all’uscita dal lavoro di un maggior numero possibile di quanti hanno maturato o stanno maturando, con le finestre, il diritto al pensionamento. Non si scappa da questa situazione, non vi sono vie di fuga. Anzi, andrebbe rafforzato lo strumento delle finestre almeno sino al 2018, appunto per rendere disponibili, anche in presenza dei famosi meccanismi di ridotta assunzione nel pubblico impiego, un maggior numero di posti di lavoro. E al contempo garantire quanto abbiamo sempre detto: consentire di lavorare oltre i 40 anni di servizio per chi lo vuole, salvaguardare l’uscita dal lavoro per chi ha compiuto almeno 35 anni di attività lavorativa, comprensiva degli eventuali riscatti di servizio di leva e di università per i lavoratori interessati;
– se non si vuole aumentare la già enorme platea dei sotto proletarizzati e aumentare le tabelle dei “gradienti dell’ingiustizia” in modo macroscopico, bisogna salvaguardare con qualsiasi strumento i calcoli già rettificati per la buonuscita (comprensivi di riscatto di leva, di laurea, di anni di servizio pre-ruolo) e bisogna salvaguardare in qualsiasi modo le pensioni che al netto, in parole crude e chiare per tutti, si collocano al di sotto dei 2.200 euro per chi si accinge a lasciare il mondo del lavoro;
– che fine hanno fatto le misure da adottare nei confronti dei percettori delle pensioni baby (al di sotto dei 19 anni di lavoro nel settore pubblico), in base al reale reddito annuo di costoro, a partire, orientativamente, da oltre 45 – 50 mila euro lordi?
– è necessaria e insostituibile la leva dell’imposizione indiretta, anche con l’ulteriore aumento delle aliquote IVA in base ai prodotti da acquistare, fatti salvi i beni primari il cui elenco va rivisto e allungato; bisogna insistere su questa strada per evitare di produrre altra macelleria sociale;
– è inutile rassicurare Silvio Berlusconi, che è piombato da tempo in una condizione di irricevibile ottusità di comprensione e di giudizio politici: la patrimoniale, con tutti i distinguo che si vogliono, s’ha da fare il prima possibile. D’altronde, a Silvio, emulo e adulatore acritico dei modelli d’oltre oceano “made in USA” (…lui… sarebbe un socialista?), i buffetti sulle guance orami insensibili per i troppi baci e i troppi sganassoni ricevuti (anche da noi nostro “assoluto” malgrado in qualità di sostenitori del PdL e del “partito dell’amore” non hippy), glieli ha dati già molte volte proprio dagli USA un altro strariccone, mister Buffet, con il dire che è giusto che i ricchi, gli straricchi, paghino molto di più in quanto in realtà pagano, perché pagano meno di tanti lavoratori a reddito fisso. Capito professor Monti, capito presidente del consiglio Monti? Con tutta la sobrietà che con cui ci è possibile esprimerci qui, al di là dai toni coloriti, non c’è a scherzare: non si faccia bardare da nessuno men che mai da Silvio, il quale tra gli straricchi del bel Paese è oramai un isolati, visto che anche costoro riconoscono la necessità di adottare lo strumento della patrimoniale. Se Silvio – l’imprenditore mai vinto e il premier megalomane e inetto, che stranamente ci rimane ancora simpatico – oserà su questo punto far cadere il suo governo, lei ne uscirà da gran galantuomo e il suo nome passerà alla storia, quello di Silvio alla lista più nera degli inverecondi avidi profittatori. Inoltre, consideri che anche all’interno della piramide Pdl, dalla base popolare e impiegatizia sino a tanti dei parlamentari, moltissimi accetteranno positivamente l’applicazione di una patrimoniale solo che … chi dà l’imprimatur delle idee e delle decisioni, con il contorno dei suoi accoliti, afferma quel che vuole;
– le misure anti crisi da rendere per prime note dovrebbero essere, devono per noi essere quelle che riguardano i “palazzi” dei mille poteri: – quella dei parlamentari, ad iniziare dai presidenti ed ex presidenti delle due camere – capito, Fini e Schifani? – , dei paraparlamentari e degli assessori regionali (decidere d’imperio, apertamente violando gli statuti fasulli delle autonomie che tutto distruggono, a garanzia immediata dei diritti sovrani dello Stato e degli interessi generali che esso adesso deve salvaguardare con rigore), dei vertici dei diversi apparati ad iniziare da quelli della corte costituzionale, da quelli dei burosauri di Stato, regioni, autority, agenzie, “aziende”, enti, presidenti di Istituti con cariche vitalizie, etc… (l’ottimo Antonio Catricalà su questo sa tutto in maniera insuperabile, anche perché gode di questi emolumenti non certo per colpa sua).
Infine, a margine di una inossidabile maggioranza bulgara, super qualificata che vede uniti tutti, da Bersani a Bossi a Berlusconi, con Fincasotti compresi, si insiste affinché nell’ambito delle riforme costituzionali vengano ridotti i numeri dei parlamentari. Noi diciamo fermamente di no.
L’Europa della Libertà è una vox clamantis in deserto? Ne prendiamo atto ma non ci dispiace. E invitiamo Monti e il su esecutivo a riflettere a lungo e a prendere decisioni nell’interesse degli italiani e della salvaguardia di uno degli aspetti più qualificanti e più vivi dello spirito costituzionale, qualora dovessero muoversi anche in siffatta direzione. La richiesta di diminuire e perfino dimezzare il numero dei parlamentari per rendere più efficiente il lavoro delle due camere e per ridurre le spese parlamentari è un effettivo controsenso, se non proprio una contraddizione in termini. Una gravissima contraddizione, del tutto irricevibile sotto il profilo dell’esercizio della rappresentatività degli elettori e della sua reale salvaguardia, una vita demagogia che accomuna questi partiti e questi uomini così tanto ammalati da avere l’animo e gli umori politici putridi. Non si tratta di mancanza di rispetto delle idee altri, non si tratta di arrogante sicumera, ma di elementare constatazione come per il medico che sente il rantolare di un moribondo. E di come tutto ciò con cocciuta mendacia venga negato.
A tutta prima, con fallace e addomesticato istinto, si dovrebbe condivider questa scellerata e al tempo stesso molto allettante proposta. Ma perché non condividerla? Innanzitutto,in riferimento alle spese. Non è detto che esse diminuiranno in misura macroscopica o quantomeno proporzionale, con una tale riforma, se innanzitutto non si metterà freno alla licenza e all’arbitrio consentiti da una norma costituzionale che affranca le due camere in toto dal controllo delle spese. Poi, non è detto che, diminuito il numero, non saranno aumentati ulteriormente retribuzioni e appannaggi ai componenti delle due camere tosate nella composizione. Elementi di maggiore peso sono soprattutto i seguenti: l’attuale corpo rappresentativo di già è un organismo “oligarchico” nel rapporto tra il numero complessivo di deputati e senatori e popolazione nazionale. Una riduzione del suo numero di pari accentuerà il già elevatissimo rapporto tra eletti e elettori, di modo che i primi risulteranno ancora più irraggiungibili da parte degli elettori. E’ riprovevole perciò, sotto questo aspetto, voler percorrere questa strada. Inoltre, un’immediata comparazione di dati, conferma che vi è una congrua corrispondenza fra il numero dei rappresentanti delle due camere francesi, quelli della camera bassa inglese e quelli delle due camere italiane, che diventa ancora più acconcio nell’esempio in presenza di popolazioni equivalenti.
Ancora, in riferimento alla popolazione: come mai ridurre il numero dei parlamentari se la curva della popolazione ha segnato nel corso dei decenni una ininterrotta crescita e non decrescita, con un aumento prossimo ai venti milioni di abitati? E’ sconsiderato e privo di coerenza logica appellarsi al fatto che la nostra società, in teme di comunicazione e di informazione, è radicalmente cambiata: tutto ciò non inerisce al tema e, se dovesse proprio essere preso in considerazione, sarebbe prova contraria, in quanto dimostrerebbe come l’elettorato attivo ha il diritto di vedere e di verificare con maggiore affidabilità e puntualità che le esigenze della società vengano rappresentate discusse e difese con maggiore coerenza ed efficacia dal corpo rappresentativo. E avere maggiore possibilità di esprimere dissenso, protesta, dissociazione da quanto il corpo legislativo delibera e rispetto a quanto e a come l’esecutivo agisce. Come poi farebbero delle camere così ridotte di numero ad espletare i tanti compiti? Dovrebbero essere ridotte le commissioni in cui articolano, ciascuna di esse andrebbe dimezzata nella composizione, come andrebbero formate le commissioni speciali bicamerali, quando andrebbero in visita i parlamentari negli ospedali nelle carceri nelle scuole nelle caserme nelle industrie, quando andrebbero negli organismi interparlamentari internazionali e negli organismi sovranazionali? Quando incontrerebbero i loro concittadini nei collegi e nelle circoscrizioni d’elezione? Quanto più facilmente desisterebbero davanti alle pressioni e ai ricatti delle segreterie dei partiti di appartenenza?
Il problema del malfunzionamento delle camere è quindi diverso ed è da imputare a cause differenti e non, in maniera greve quanto superficiale, al numero. A quelle cause che in sintesi, correttamente, riassumiamo in partitocrazia. Ma che parimenti possiamo indicare nella non valida e non oculata scelta dei candidati, nel pessimo esempio che gli eletti riscontrano nei loro principali referenti istituzionali e di partito nei continui ricatti a cui sono costretti a soggiacere, nelle garanzie di cui godono davanti alla loro inettitudine gli inetti al loro assenteismo i parlamentari fantasma alla loro incapacità gli incapaci al loro disfattismo i disfattisti ai loro magheggi i farabutti, senza che mai siano state approntate adeguate misure e adeguati codici interni atti a far decadere dal loro ruolo di elettori passivi tutti costoro. Nell’ultra garantismo più sordo e più cieco.
E’ negli ingranaggi che hanno garantito e garantiscono ancora oggi questa degenerazione della macchina parlamentare e di quella “privatistica” dei partiti, è nella discrasia funzionale e cronica del sistema rappresentativo e legislativo, nell’assurdità formale e funzionale di avere due camere con l’una doppione dell’altra – il bicameralismo perfetto – in un’idea assolutamente inadeguata alla realizzazione e all’articolazione operativa della democrazia rappresentativa: è in questo che vanno ricercate e individuate le cause maggiori dei mali della democrazia rappresentativa italiana. Tutto ciò cosa ha a che vedere con la riduzione del numero dei parlamentari? Solo per mire e finalità estrinseche e strumentali, per accentuare il dato dell’oligarchia e dell’onnipotenza delle segreterie dei partiti davanti al parlamentare rappresentante degli elettori. Per i progetti e le ambizioni di quegli uomini che, a guida dei partiti, vogliono vita natural durante decidere tutto su tutto nell’ambito di una ristrettissima assemblea plenaria in cui possono di fatto esercitare il loro completo signoraggio. E che ci hanno portati allo stato delle cose che abbiamo davanti agli occhi.
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