Governo. Pensioni e sacconi di lupi mannari. Tre mesi dopo sono cambiati solo i nomi

24 Settembre 2011

riproposto il 09 Dicembre 2011

Domenico Cambareri

 

La destra verace non è morta, alla faccia di Finfinito e degli scendiletto di SivioAudi – Non un soldo di più dai pensionandi fino a che non sarà attuata e compiuta la grande battaglia del recupero della grande esportazione di capitali e della grande evasione fiscale – L’Italia aggiorni, completi, attui  gli accordi antievasione e di trasparenza con la Svizzera – Nuovi poteri investigativi alla Guardia di Finanza  – Addio grande miraggio e grande balla della grande riforma fiscale: rimanogo le ineguaglianze più accentuate grazie a DaBaBe, Prodi-Visco e… SilviAudi&Giulio Tremonti. – Addio riforma della dirigenza che Silvio promise dal 2002 – Nulla è cambiato in meglio, tutto è peggiorato, compresa la bastosta sull’energia nucleare prodotta da insipineti e inetti!

 

Siamo ancora per il Popolo della Libertà, non per il Partito della Libidine fiscale.

 

Che il fondatore Berlusca bandana ramazzottimista raccontatore di frottole continui a tradire impegni e doveri poco ci importa, sbarreremo la strada: a lui e ai Sacconi e ai Lupi e fauna consimile buona per ogni stagione e per ogni padrone. Li strizzeremo secondo le regole dello strizzatoio degli economisti ultralibertisti, ma applicate alla rovescia. – I “diritti” acquisiti dei pensionandi sono stati stracciati decine di volte, quelli delle pensioni baby hanno barriere d’oro? Bisogna abbatterle subito, come i “diritti acquisiti” della classe politica su cui il PD ha assunto una storica svolta – Berlusconi non può tacere e deve rilanciare includendovi i grandi boiardi di Stato – ad iniziare dai “tutti presidenti” della partitocratica Corte Costituzionale – delle regioni, delle società partecipate e la Rai.

 

Mentre le parole del presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, lasciano un sorriso amaro in bocca in riferimento all’ennesima riforma delle pensioni da attuare subito come misura urgente ed estrema per salvare l’Italia. Mentre esse non sfuggono per l’ennesima volta all’ipocrisia che ha guidato su questo tema per decenni la linea della Confindustria, rimaniamo completamente di stucco per l’ostinata, acritica e ottusa perseveranza di chi si diverte a calcare i prosceni della politica quotidianamente. Come Sacconi e Lupi, due dei dilettevoli protagonisti della macelleria sociale e della monomaniacale fissa dell’ennesima riforma delle pensioni.

Premesso che purtroppo questa gente non può essere mandata a casa subito, e che se, così dovesse accadere, saremmo di fronte a non minori rischi, con un più che probabile polo contrario vincitore sotto le cui bandiere accadrebbero cose non meno irrazionali, grottesche e impietose, perché verrebbero adottate scelte del tutto estreme e opposte come linee di conduzione politica. Che certo non sanerebbero le odierne lacerazioni ma le rinfocolerebbero.

Premesso che perciò bisogna continuare a guerreggiare senza tregua da impari cercando nella virtù della ragione e nella coerenza delle idee volte al superamento dei problemi generali secondo condizioni di equo e proporzionale concorso di tutti i cittadini, cioè dimostrando che la democrazia oggi – per quanto essa è un modello eticamente neutro e non un intrinseco valore, visto che è terreno d’incontro e scontro anche e soprattutto per chi pensa al soddisfacimento dei propri fini perseguiti, individualmente o in misura numericamente ristretta, ad iniziare da quelli che sono costituiti dai “vantaggi economici” – può ancora consentire margini di equilibrato recupero della dialettica e delle definitive decisioni improntate all’equilibrio fra le parti in campo.

C’è da dire che di riforma delle pensioni non si può e non si deve parlare affatto, adempiendo perciò quanto già governi e parlamenti hanno deciso nel corso degli ultimi due lustri.

Non serve affatto arrampicarsi sugli specchi invocando la necessità estrema di ulteriori riforme a causa della crisi e delle speculazioni finanziarie. Le riforme attuate sono state e sono ancora riforme aperte, cioè in itinere, con anticipazioni temporali di attuazione rilevanti già avviate e in parte già realizzate. Esse per di più hanno stravolto i diritti minimali dei lavoratori di poter andare in pensione fra i 34 e i 35 anni di anzianità di lavoro acquisita e impongono in maniera brutale scelte e misure unilaterali e violente. Si, perché costituisce violenza morale e politica inconcludente e cieca non fare andare in pensione chi vuole uscire dal ciclo lavorativo dopo gli oltre 30 anni di lavoro, disconoscendo che in questa materia finalmente in ambito legislativo dovrebbero essere assunti riconoscimenti dell’invecchiamento individuali e non quello meramente anagrafico; e al tempo stesso vietare ai lavoratori che vorrebbero continuare a lavorare oltre i quaranta anni di anzianità di poterlo fare. Vietare di creare barriere aperte: contraddizione logica e politica scandalosa insieme che non ha finora dato alcuna risposta.

Non risulta che questa fauna di predoni ciechi e inconcludenti che calca il proscenio politico e le aule legislative in cui vivrebbe perennemente felice abbia mai detto di voler considerare a cosa serve far lavorare una persona il cui rendimento sul luogo del lavoro va in forte decrescita e viene a rappresentare perciò un problema e non una fonte di efficienza e di profitto.

Le masnade e i sacconi di lupi mannari che infieriscono su questi delicatissimi temi continuano al contempo a nascondersi nel fitto sottobosco dei silenzi complici della degenerazione politica di cui sono al tempo stesso espressione e interpreti. Infatti continuano a non fare cenno alcuno al solo aspetto su cui si dovrebbe d’imperio agire con immediatezza. Quello del godimento in essere da decenni delle pensioni baby.

Le pensioni baby e i diritti acquisiti? Non fateci piangere di ilarità, canaglie della politica!

L’avvio in grande stile di una battaglia contro la grande evasione e contro l’esportazione di capitali dovrebbe essere la misura prioritaria da assumere subito su cui la Guardia di Finanza dovrebbe disporre al contempo di nuove possibilità d’intervento e di “spionaggio”. Immediate disposizioni normative dovrebbero garantire queste procedure e immediati aggiornamenti dei codici dovrebbero recepire l’eccezionalità delle condizioni.

Se non si dà dimostrazione concreta della lotta alla grande evasione, come potrà avere successo la contemporanea lotta alla piccola evasione fiscale?

Ulteriore elemento di fondo dovrebbe essere costituito dalla promulgazione di una patrimoniale. Benestanti e ricchi, oramai quasi tutti, riconoscono che questa è una strada obbligata. Prima che Silvio faccia saltare tutto. Non con i botti di natale o i suoi dobloni d’oro esplosivo, ma con la sua geniale, faconda, gioiosa, super certa ottusità di un vincitore che si è condannato da solo al tramonto mediatico e politico e che non si rassegna nel  voler rovinare l’Italia.

Agite subito su questo piano e rendete giustizia alla stragrande maggioranza dei cittadini di tutte le età, di tutte le fasce sociali ed economiche, ad iniziare dai giovani su cui maldestramente e cinicamente speculate senza avere mai fatto nulla. Anzi ricordate che con l’allungare l’età pensionabile, affondate ancora di più il cuneo della rovina dei quarantenni e dei trentenni rimasti a lavorare in condizioni di precarietà e di sfruttamento.

Ultime cose. Amici del PdL hanno plaudito su come il giovane Alfano abbia stracciato, in televisione qualche giorno addietro, Bersani. Non è proprio così. Chi è stato stracciato è Angelino, allorché, menando vanto della manovra del governo (lui … piccolo bugiardino che aveva plaudito alla precedente “mutante” manovra che distruggeva i diritti di riscatto della laurea e del servizio militare …!), ha dichiarato che venivano finalmente colpiti con grande decisione i percettori di tanti inutili aiuti inseriti nel capitolo delle detrazioni fiscali. Idiozia inaudita, che ha consentito proprio a Bersani di dimostrare come lo sfascio delle misure del welfare venga a colpire sempre più le fasce deboli, in cui sono stabilmente collocate, aggiungiamo noi, le più numerose platee del ceto medio “dipendente”, libero professionista e dell’artigianato.

Silvio non ha più motivo di far mollare a Giulio Tremonti. Tutti e due devono restare insieme, attori principi, fino al termine del governo. Tutti e due servi di Bossi e servi dei grandi evasori. Di questo devono rispondere insieme al Popolo della Libertà e a tutti gli italiani. Punto per punto.

Questa non è una condanna unilaterale ed esclusiva, perché in essa sono inseriti, a nostro giudizio, anche Bersani e i suoi, che hanno precluso ogni via d’uscita alla crisi di governo e reso ingestibile – salvo il ricorso allo strumento partitocratico e pericolosissimo del governo tecnico – la Nazione. Alla faccia di un sistema bipolare imbalsamato e di una democrazia del maggioritario e dell’alternanza non realizzati per la presenza dei reciproci veti e per il potere di veto esclusivo che così viene ad essere posto in maniera permanente solo da uno degli attori, per di più minore, la Lega di Bossi, che marcia in direzione del disfacimento e non del miglioramento del sistema – Paese.

Nel momento in cui Silvio lascerà il premiariato, si ricordi – da buon guascone – di andare non a baciare  le mani ma a leccare le scarpe di uno dei “poteri forti” del Paese. I professori delle superiori. Con Tremonti e le accolite dei “dirigenti” a ruolo unico trasformisti adulatori e senza titoli ereditati da D’Alema-Bassanini-Berlinguer e da tutta la sacra famiglia della partitocrazia italiana e dalle sue appendici burocratiche. Ad onta del tanto declamato, scimmiottato, tradito “modello USA” e della più vicina e ignorata realtà della burocrazia europea!