Monti e le impervie strade dello sviluppo

08 Gennaio 2012

Fonti;  Alberto Savastano,  alberto.savastano@libero.it ;  Libero;

Sviluppo e Territorio – Il Sole 24 ore

 

L’origine delle malversazioni, degli sciupii, dei clientelismi sfrenati, delle giungle selvagge e degli altri mali  va indietro negli anni. Essi sono stati camuffati da governi e parlamenti non tanto ingoranti quanto colpevoli e fonti di ogni sorta di collusioni ed espressione della tipica  “politologica” degenerazione del sistema politico italiano nella sua interezza. Oggi, con le incalzanti speculazioni del mercato finanziario che “chiede garanzie” (!) e che mette al muro l’Italia con l’intera Europa dell’euro, ci si accorge come si è volutamente pestata l’acqua e di come si rischia ancora di continuare a pestare l’acqua. Su ciò, vi sono stati apporti non superficiali nella stampa italiana, quale quello di Claudio Antonelli. Monti comincia forse a capire che la logica delle metolologie aziendalistiche produrrebbe più che aria fritta soltanto rovine? Lo speriamo, anche se abbiamo le nostre riserve. Per intanto, prendiamo atto che ha chiesto di allargare l’analisi da cui discendono gli indici valutativi della credibilità e delle garanzie dei sistemi politici ed economici nazionali da qulli dapprima meramente debitori o meno dei bilanci statali e poi a quelli includenti le condizioni del rapporto fra ricchezza e indebitamento privato  ottenuto in ambito UE da Berlusconi e da Tremonti, a quello che include le condizioni di stabilità e solvibilità in proiezione temporale e nelle peculiari caratteristiche di copertura propri ai sistemi previdenziali dei singoli Paesi europei. Sono passi in avanti. Ci riseerviamo di scrivere prossimamente su questi passetti in  avanti di Monti, compresa la recalcitrante, paurosa e malvoluta “apertura” alla tassazione delle transazioni finanziarie; e a tante altre apparenti quisquilie, come  la non formalizzata richiesta al Parlamento nazionale di abbattere ex abrupto leggi di una assurdità e collusività totali quale ad esempio è quella sul “manageriato” dei dirigenti scolastici e di buttare per aria i progetti di piccole cricche che operano nei settori più disparati dell’ambito pubblico e di quello privato. Nel primo caso, per rimanere nel tema, quella di certi onnovori, megalomani, tracotanti direttori didattici, polvere della partitocrazia più becera di cui i ministri di D’Alema, Belusconi e Prodi sono stati gli incredibili mallevadori, realizzando un sistema totalmente perverso ed eversivo rispetto alle tradizioni normative nazionali precedenti e a quanto accade nella quasi  totalità degli Stati dell’UE. Tornando ai temi della crescita, per additare nei modi più diretti e concreti ai lettori come nulla  o quasi i governi hanno voluto fare in termini di razionale e incisiva innovazione, riproponiamo un contributo dell’esperto dela redditività Alberto Savastano. Dove e quando è stata mai varata una legislazione sullo sviluppo? Quando mai sono stati adottati gli ipotetici criteri di coerenza valutativa e di aggiustamento del poterei di decisionalità politica? Quando si è drasticamente ridotto lo sperpero per finanziamenti del tutto improduttivi? Quando e quanto si è operato per scremare in maniera valida ciò che rientra nella sfera della crescita della ricchezza prodotta? Quando il project financing ha cessato di essere un mero slogan?  E guardando al presente e al futuro, cosa intende perseguire e con quali metodologie il governo Monti in materia di sviluppo e di crescita strutturali, e non tanto nel focalizzare le energie su aspetti-principi che tali non sono ma che rappresentano meri corollari, quali quelli dei tassissti e dei farmacisti e della microevasione fiscale dei pensionati? Questi ultimi temi  vanno certamente affrontati nei loro specifici contesti, senza campeggiare in prima pagina su quotidiani e Tg quali punti prioritari dello sviluppo e della crescita del Paese, su cui incidono marginalmente e in maniera incomparabilmente inferiore rispetto alla grande evasione fiscale, all’esportazione illecita di capitali e alla loro non tassazione  – Monti ha fatto crescere la riduzione dello scudo fiscale dello 0,4 per mille –  e alla detassazione delle transazioni finanziarie. – Eulà.

 

 

  

Politica,  Claudio Antonelli

La scoperta di Monti e Passera. Questa Ue ci porta al crac

Da libero del 7/01/2012 – ” Il governo sembrava l’emissario dei burocrati di Bruxelles: ma anche i prof si accorgono che l’Europa di Merkel ci lascia nello stallo”.

 

“…In sostanza Mario Monti che di solito fa il poliziotto cattivo in Italia e quello buono in Europa (a differenza di Corrado Passera che veste le uniformi contrarie) ha indossato da ieri i panni berlusconiani di chi è pronto a mandare al diavolo l’Europa formato Merkel. Sfruttando le divisioni sempre più forti sull’asse franco-tedesco per tentare di portare a casa una serie di risultati concreti per l’Italia. In primis, la possibilità di mettere debito per finanziare la crescita senza che le cifre debbano essere inserite nel calcolo di deficit e debito pubblico.”

 

All’ argomento il Dott. Alberto Savastano, di cui “L’ Europa della Libertà” ha pubblicato diverse analisi economiche sullo Sviluppo, consacrò un articolo che fu pubblicato,il 28 Settembre 2002, dalla Rivista de “Il Sole 24 Ore”: “Edilizia e territorio” e che volentieri riproponiamo qui di seguito.

 

Italia credibile sulla golden rule solo se “scopre” la redditività

 

da “Edilizia e Territorio” Settimana del 23 – 28 Settembre 2002: Il Patto di Stabilità conferma l’esigenza di dotarsi definitivamente di una moderna Legislazione organica dello Sviluppo.

 

La razionalizzazione della spesa pubblica in conto capitale e la qualificazione degli investimenti pubblici e privati più che le “grandi manovre” per forzare il Patto di Stabilità consentiranno al Paese di raggiungere alti livelli di sviluppo nonché di rispettare i – sia pur perfettibili – parametri di Maastricht.
“Il Governo italiano punterebbe a non far considerare nel calcolo del deficit le spese in infrastrutture che abbiano superato test di profittabilità”.
Questa espressione, attribuita al Sottosegretario all’Economia Vito Tanzi, già direttore del Dipartimento fiscale del Fondo Monetario Internazionale, ci offre l’occasione per fare il punto della situazione in materia di sviluppo e progettualità e capire meglio perché le progettazioni rallentano, le opere pubbliche ristagnano, il Project financing non va avanti, la Legge 488/92 non consente di misurare l’incremento di valore aggiunto – finanziario e sociale – atteso ed il rilancio degli investimenti, praticamente, non decolla.
Finalmente la parola giusta! Una parola semplice, ancora vaga, proferita in sordina e senza commenti: Profittabilità; il termine tecnico più appropriato è, comunque, Redditività.
Una parola semplice ma efficacissima per via dei poderosi effetti che è in grado di produrre: dalla conciliazione delle divergenti tesi che hanno animato l’infuocato tormentone giornalistico di agosto su debito pubblico, investimenti e patto di stabilità alla capacità di indicare la via per dischiudere, in termini concreti, le porte dello sviluppo reale del Paese.
Il riferimento alla redditività dei progetti costituisce l’indicazione di una direzione giusta da prendere, ma per poterla seguire sarà necessario che il nostro Paese conquisti molta credibilità.
La redditività è il risultato di un particolare processo di analisi tecnico-economica degli investimenti fulcro dell’Economia dello Sviluppo (Programmazione per progetti e Analisi costi/benefici, metodologie che con un acronimo denomineremo Tecniche innovative della progettualità).
In una logica di minimizzazione dei costi e massimizzazione dei benefici, la redditività consente di accertare, preventivamente, se un progetto d’investimento sia capace o meno – e nel caso affermativo, in quale misura (Tassi di redditività finanziario ed economico-sociale) – di produrre autonomamente valore aggiunto sia in termini di maggiore ricchezza che di soddisfacenti benefici sociali.
L’impiego di questa metodologia consente altresì di verificare, sempre in via preventiva, se l’entità delle risorse finanziarie programmate sia realmente sufficiente a coprire, durante l’intero arco di vita del progetto, il fabbisogno finanziario totale dello stesso.
Le Tecniche innovative della progettualità si applicano ai progetti produttivi, alle opere pubbliche e alle opere pubbliche a carattere economico; queste ultime molto in auge da alcuni anni, soprattutto, in relazione al project financing.
In questo contesto, l’accertamento ex ante della redditività rappresenta la regola tecnica che i Centri di ricerca economica, le Organizzazioni e gli Organismi finanziari internazionali hanno, fin dagli anni’50, elaborato e suggerito come elemento di difesa da sprechi e perdite di risorse finanziarie destinate sia all’investimento che alla gestione.
Far riferimento quindi alla redditività degli investimenti come argomentazione principe per far scattare la regola d’oro del patto di stabilità che consente di non computare gli investimenti nel deficit quando il PIL diminuisce di un punto rispetto alle previsioni, rappresenta un vero colpo da maestro che, però, molto difficilmente l’Italia potrà mettere a segno.
Per poter avanzare e sostenere una tale proposta, infatti, è necessario disporre di una consistente credibilità: dimostrare il pieno dominio delle Tecniche innovative della progettualità, della capacità, cioè, di formulare e gestire, in conformità degli indirizzi dell’Economia dello Sviluppo, studi di fattibilità finalizzati alla costituzione di portafogli di progetti produttivi, economici e sociali “incontestabilmente redditivi”
Il debito pubblico italiano non è stato alimentato esclusivamente da eccessi di ingiustificata spesa corrente ma anche di quella in conto capitale (investimenti). Non si possono minimizzare, infatti, le disastrose ricadute sul deficit e sul debito pubblico prodotte dalle politiche di sviluppo passate e recenti quali, ad esempio, Cassa per il Mezzogiorno e Legge sulla chimica, realizzazione di investimenti come Gioia Tauro, ospedali fantasma e svariate cattedrali nel deserto, criteri di ripianamento dei debiti dell’IRI, ecc..).
Poiché nel nostro caso, il deficit e l’indebitamento per gli investimenti costituiscono il riferimento d’obbligo della ventilata proposta di discussione sul patto di stabilità, la mancanza di un adeguato know how in tema di redditività penalizza inevitabilmente il nostro Paese e rende temeraria la domanda stessa.
E’ vero che alle gestioni economiche del passato sono da imputare l’eccesso del debito pubblico e le carenze culturali e professionali in materia di progettualità , è vero altresì che ad estrema necessità, estremi rimedi ivi compreso il tentativo di forzare i parametri di Maastricht, ma se a discussione del patto di stabilità bisognerà giungere, è necessario che l’Italia vi pervenga dignitosamente e carenata di argomentazioni valide.
Il Governo si presenti, dunque, non solo con buone intenzioni ma con convincenti argomentazioni e documentazioni vincolanti (ad esempio, la proposta di un apposito progetto di legge) per dimostrare alle Autorità politiche e monetarie dell’UE la sua ferma intenzione di voler dotare il Paese di una vera e propria legislazione organica dello sviluppo, razionale e tecnicamente conforme ai principi, modelli e metodologie di standard internazionale, dell’Economia dello Sviluppo.
Il Governo si liberi definitivamente dei lacci e lacciuoli che hanno da sempre frenato la crescita economica del Paese: norme e processi decisionali impropri in materia di Sviluppo.
Il Governo smantelli, infine, il vigente improduttivo quadro istituzionale e funzionale della gestione della spesa pubblica in conto capitale, introducendo senza indugio e diffondendo con determinazione, a livello centrale e periferico, sia nel settore pubblico che privato, le “buone pratiche” dello Sviluppo, cioè le Tecniche innovative della progettualità e riuscirà, certamente, a discutere, qualificatamente, sul patto di stabilità non per tentare di sfruttarne surrettiziamente le clausole ma per beneficiarne in pieno e contribuire, nel contempo, ad arricchirlo e migliorarlo ulteriormente rispetto a quanto già di buono esso possiede.
Solo operando in questa direzione si potrà attuare il sogno più volte vagheggiato dal Presidente del Consiglio: realizzare il cambiamento del Paese e creare i presupposti solidi e duraturi per assicurare una reale crescita economica e sociale con la partecipazione di tutti i cittadini e di tutte la categorie sociali al processo di sviluppo nazionale regionale e locale.