04 Febbraio 2012
Fonte: Marco Du Marteau
Nota de L’Europa della Libertà
Abbiamo ricevuto da alcuni amici, in ultimo da Marco Du Marteau, il seguente documento che gira su Internet. Non abbiamo difficoltà a pubblicarlo. Ma da alcuni dei suoi contenuti prendiamo nettamente le distanze, perché a nostro avviso nella stesura del documento traspare un’eccessiva generalizzazione della “protesta popolare” basata su richieste che porterebbero semmai ad aggravare l’inefficienza e il costo sia dell’apparato politico che di quello amministrativo.
Su questi punti, ci siamo soffermati più volte nei nostri comunicati e negli editoriali, in particolare in quelli di Domenico Cambareri, che li ha affrontati in maniera diretta. Ci riferiamo in particolare: – a dispetto del richiamato confronto europeo – soprattutto quello francese e inglese – alla forte riduzione del numero dei componenti delle Camere che comporterebbe di conseguenza un drastico aumento del ruolo dell’oligarchia partitica e quindi un’accentuazione della deriva partitocratica; – all’insensatezza delle elezioni per la Camera a “collegio unico” come il Senato, che aggiungerebbe un ulteriore carico distruttivo al potere onnicomprensivo delle segreterie dei partiti; – all’abolizione delle provincie, che slargherebbe a dismisura il ruolo dei mini-stati costosissimi e parassitari quali sono le regioni, laddove invece bisogna colpire il cumulo dei poteri delle regioni e sottrarre ad esse il potere di gestione amministrativa lasciandole solo quelli normativi e di controllo. Delle regioni bisogna abbattere ancora più che del Parlamento nazionale il costo di molte centinaia di consiglieri e assessori regionali, letteralmente spaventoso, dei loro contorni e dell’apparato burocratico. Le provincie verrebbero a svolgere, quale entità intermedia, soprattutto un ruolo di amministrazione diretta del territorio. Ci meraviglia il fatto che gli estensori di questo documento non si siano accorti di come i maggiori esponenti dei partiti chiedono queste stesse cose e su come ciò non li abbia messi in allarme e portati a riflettere di più. Bisogna ancora disboscare totalmente le aziende a capitale pubblico regionali, provinciali, comunali e in misura non minore quelle “partecipate”: è nelle aziende e nei c.d.a. di esse, delle banche e di quanto rientra nei poteri delle strutture pubbliche centrali e periferiche che si annidano giardini e giungle della partitocrazia e dei suoi nepotismi, come le aziende stradali e, a livello nazionale, la rai. In merito all’aumento dell’età lavorativa, non concordiamo. La regolazione della vita lavorativa è stata uno dei cardini del benessere occidentale. Certo, oggi dei parametri fondamentali sono cambiati, anche bruscamente, a causa soprattutto dell’ingresso assurdo della Cina nel WTO. Anche su questo ci siamo espressi. La riforma improntata a fanatismo fatta – pensiamo alla delirante decisione di togliere il diritto in essere alla classe 1952 e di tramutarlo da un giorno all’altro in penalizzazione: altro che clima esaltato di ingiustizia e di inciviltà – dalla Fornero e da Monti va cambiata: essa deve avere alcuni anni di passaggio in cui vanno contemperate le novità con i diritti già esistenti e sempre più ridotti. Non condividiamo l’idea che gli uomini debbano lavorare fino a pochi mesi prima di entrare nella bara. Esigenze complessive e obiettive vanno difese con norme in grado di bilanciare, fin dove possibile, le garanzie di scelta dei singoli individui. Infatti, cosa se ne fanno un’impresa o la pubblica amministrazione di lavoratori con oltre trenta- tretancinque anni di servizio che rendono poco? E poi, non è proprio il settore privato che ha utilizzato e ancora utilizzata la “rottamazione” o la messa in mobilità dei cinquantenni, cosa fatta anche dallo Stato? Bisogna lasciare libera scelta, sia perché i criteri d’invecchiamento a partire dai cinquant’anni sono assolutamente individuali sia perché – a fortiori – la gran parte dei cittadini ha manifstato volontariamente e liberamente la scelta individuale per la prosecuzione della propria attività lavorativa. L’intervento dell’obbligo per legge è la cosa peggiore, in questa delicata materia. Inoltre, così facendo, non si blocca sine die in maniera ermetica il turn over compromettendo l’accesso anche di percentuali pur contenute di giovani nel mondo del lavoro non precario rispetto alle uscite per quiescenza? Come si vede, l’esigenza di giustizia e quella di efficienza presentano diversi aspetti. E’ meglio affrontare queste cose con il dovuto senno, con la dovuta lungimiranza e previdenza. Proprio per fare uscire dalle secche delle speculazioni politiche, sindacali e delle cointeressenze che vi girano attorno, il Paese. – Eulà
E’ IN ATTO UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE POPOLARE TRAMITE internet !!!!
FATE GIRARE, FATE GIRARE!
Cosa chiediamo a Monti?
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