07 Febbraio 2012
Fonte: Galileo on line
Francesco Toti
Riparare il cuore con la seta
Il cuore, se subisce un infarto, non è capace di ripararsi da solo: le cellule cardiache, cioè, non si rigenerano. Né, allo stato attuale, è possibile far crescere sulle cicatrici nuove cellule trapiantate, perché queste non sono in grado di “attecchire”. I ricercatori del Max Planck Institute for Heart and Lung Research, però, hanno appena trovato un materiale che potrebbe permettere di bypassare – è il caso di dirlo – questo problema: la seta Tasar prodotta dalla farfalla tropicale Antheraea mylitta. Il metodo, per ora testato con cellule murine, è pubblicato su Biomaterials.
Coltivate in laboratorio, le cellule cardiache da trapiantare devono potersi aggrappare a una struttura di sostegno. Purtroppo, naturali o artificiali che fossero, tutte le fibre testate sino ad ora avevano gravi difetti, come ha spiegato Felix Engel, autore principale della ricerca: “O erano troppo fragili, o venivano aggredite dal sistema immunitario, oppure non permettevano alle cellule muscolari del cuore di colonizzare correttamente l’impianto”.
Il problema sembra ora essere risolto grazie all’intuizione di un ricercatore indiano, Chinmoy Patra, secondo cui la fibra prodotta da Antheraea mylitta, il baco tropicale dal cui bozzolo si ricava la seta Tasar, sarebbe il materiale di sostegno ideale. Il segreto della sua perfetta adesione con le cellule muscolari cardiache sarebbe dovuto al tipo di struttura proteica e alla superficie ruvida di questo materiale. Per testarlo, i ricercatori hanno creato dei cerotti – dischi della grandezza di una moneta – e hanno dimostrato che su di essi le cellule cardiache sono in grado di comunicare e sincronizzarsi, fino a pulsare in contemporanea per un periodo di 20 giorni, proprio come avviene nel muscolo cardiaco.
I cerotti di seta Tasar hanno superato per il momento solo test con cellule di ratto. Prima di vederli in sala operatoria si dovrà anche studiare un modo per ottenere un numero sufficiente di cellule umane da cui partire per il trapianto. Si ipotizza che basti un campione di cellule staminali del paziente da coltivare in laboratorio, ma anche in questo campo si è ancora a una fase di studio preliminare.