Spezzare le reni … non solo alla Grecia?

16 Febbraio 2012

riproposto il 21 Febbraio 2012

Enea Franza

 

Un’Unione Europea che non è in grado di ingaggiare una battaglia contro il ricatto dei “rating” potrebbe autodistruggersi

La linea di estrema intransigenza all’interno dell’UE a che cosa potrebbe condurre?

Angela Merkel sbaglia obiettivo nel continuare ad esporre la Germania da un lato e i Paesi deboli dall’altro a condizioni di grave logoramento all’interno dell’UE. Si potrebbero non capire più le ragioni di ciascuno e le ragioni di tutti, a vantaggio ancora di più degli speculatori della finanza – Non dimentichiamo che gli analisti finanziari prendono molto delle loro informazioni dalla grande stampa, magari economica, ma non solo. Normalmente non vivono nel Paese ed il più delle volte non approfondiscono. Non hanno tempo. L’effetto “gregge” è inevitabile! – L’Unione Europea ha bisogno più che mai in questo momento di coesione e di adeguare le misure alle possibilità reali di ciascuno: ogni  singola sconfitta sarebbe la sconfitta di tutti e soprattutto dell’export e della “locomotiva” germanici necessari  a tutti e non solo ai tedeschi. La Merkel non può porre a rischio i livelli di crescita e di export tedeschi e deve preservare la coesione intraeuropea. In ogni caso, tutto ciò  costituirebbe un ulteriore rafforzamento dell’impunità internazionale del detestabilissimo potere delle agenzie di rating di valutare e al tempo stesso “consigliare” e sfruttare le finanze degli Stati  – I downgrading e l’addizionale dei circoli viziosi del rating: un declassamento comporta l’ulteriore declassamento per avere avuto il declassamento. Logica apparentemente sopraffine ma pazzesca degli “outlook” impudici degli spremitori di Stati e di popoli.

 

Siamo due giorni dopo la festa dedicata a San Valentino e abbiamo appena assistito come gli uomini di Moody’s (e le donne) sono insensibile all’amore. Anzi, su come senza alcuna pietà hanno tagliato il rating sovrano di sei Paesi dell’Eurozona: Italia, Spagna, Portogallo, Malta (il che significa, ce lo si consenta come poco colorita digressione e forse strano a dirsi per una parte dei lettori, una utilizzazione pleonastica dell’Italia attraverso una sua appendice sia etnico-territoriale poco gentilmente camuffata dal governo di sua maestà britannica come repubblica del Commonwealth, sia economica), Slovacchia e Slovenia (in parte, ulteriore appendice sia italiana sia austriaca anche economica, nel debordare fulmineo, storicamente non colorito e non sciovinista dalle questioni finanziarie ed economiche sul tappeto e nel rispetto delle odierne sovranità). La causa, o meglio, la motivazione addotta dalla società di rating è nelle incertezze sulle prospettive dell’area della moneta unica. Il provvedimento ha anche ritoccato l’outlook di Austria, Francia e Gran Bretagna, aggiustandolo in negativo.
L’effetto sui mercati, tuttavia, a giudicare dalle notizie della stampa economica del successivo 15 febbraio, è praticamente nullo. Il mercato di borsa, ed in particolare quello dei titoli pubblici, non ha praticamente reagito. Una cosa ben diversa accadde lo scorso anno. Nel periodo compreso tra il 19 settembre 2011 ed il 7 ottobre 2011, le 3 principali agenzie di rating hanno ridotto il rating sul debito sovrano italiano (S&P e Fitch di un livello o notch, Moody’s di 3 notches). Tali downgrading erano stati preceduti, nel caso di S&P e Moody’s, da precedenti giudizi, diffusi rispettivamente il 20 maggio 2011 e il 17 giugno 2011, con cui l’outlook fu modificato in negativo (S&P), o il rating è stato messo in revisione per un possibile downgrading (Moody’s).
Le motivazioni poste dalle suddette agenzie alla base delle decisioni di declassamento non presentarono sostanziali differenze. In definitiva, la combinazione di fattori economici (soprattutto l’elevato livello di debito pubblico, che secondo le agenzie di rating potrebbe determinare nel futuro un maggiore costo e rischio di funding per l’Italia, e le scarse prospettive di crescita dell’economia italiana, che possono a loro volta riverberarsi sul livello di debito) e di fattori “politici” (essenzialmente, il fatto che i contrasti nella maggioranza di Governo possano determinare incertezze e ritardi nell’adottare misure di stimolo alla crescita economica e misure strutturali finalizzate alla riduzione del debito pubblico nel medio e lungo termine).
Ed anche quest’ultimo giudizio di Moody’s non si discosta dall’analisi fatta allora. L’esame degli effetti dei suddetti giudizi di rating sul mercato azionario e su alcuni ulteriori indicatori del rischio di credito appare evidenziare – pur con alcuni caveat legati alla possibile presenza di ulteriori fattori che possono aver inciso sugli andamenti di mercato ed a una situazione di complessiva incertezza che ha determinato cali significativi degli indici considerati anche in altre giornate oltre a quelle esaminate– alcuni aspetti rilevanti: gli effetti negativi sul mercato azionario, anche a confronto con gli altri principali mercati europei, si sono verificati esclusivamente per i giudizi di rating iniziali, con cui S&P e Moody’s hanno rispettivamente ridotto l’outlook a negativo e messo il rating dell’Italia sotto revisione. I successivi downgrading non hanno invece generato effetti negativi sugli indici. Ciò sembra mostrare che, per il mercato azionario, tali declassamenti fossero in buona parte scontati, mentre maggior effetto sembrano aver avuto i giudizi iniziali. Gli effetti negativi sui CDS e sullo spread BTP-Bund si sono verificati soprattutto per i giudizi emessi temporalmente dalla prima agenzia (S&P), sia per quanto riguarda l’abbassamento di outlook che per quanto riguarda l’abbassamento di rating. I giudizi delle agenzie che hanno “seguito” hanno avuto effetti molto più ridotti se non nulli.
Appare, quindi, da un lato che il mercato attribuisca maggiore importanza ai giudizi emessi temporalmente dalla prima agenzia, sulla base della convinzione che prima o poi le altre in qualche modo seguiranno, dall’altro che non venga attribuita una sostanziale differenza a giudizi che abbiano ad oggetto variazioni di rating rispetto a quelli aventi ad oggetto l’outlook o il credit watch (anzi, come detto, i secondi, in quanti precedono, hanno spesso un effetto più rilevante).
Quest’ultimo aspetto risulta di particolare rilievo in quanto appare costituire un ulteriore elemento a supporto della posizione, recentemente adottata dalle varie Autorità competenti europee nell’ambito del processo di registrazione delle agenzie di rating e fortemente supportata dalla Consob, che gli outlook e i credit watch, per via del loro contenuto molto simile (se non identico) a quello delle variazioni di rating, e del loro forte impatto sul mercato, debbano essere soggetti a regole e procedure, in materia di disclosure, elaborazione degli stessi, conflitti di interessi, etc., altrettanto stringenti di quelle applicate alle variazioni di rating.
Per quanto riferito, l’azione di Moody’s non ha colto nessuno di sorpresa, considerando che la mossa della notte segue i diversi declassamenti operati delle altre due società del settore, Fitch e Standard & Poor’s nei mesi scorsi. Inoltre, Moody’s già lo scorso anno, aveva dichiarato che avrebbe rivisto le valutazioni dei Paesi europei, anche di quelli esterni all’area della moneta unica.
Come si diceva, l’agenzia ha rivisto al ribasso il rating di Italia da “A2” ad “A3” con outlook negativo, Portogallo, da “Ba2” a “Ba3” con outlook negativo, Slovacchia e Slovenia, entrambe da A1 a A2, sempre con outlook negativo, Malta, da A2 a A3, con outlook negativo, e quello della Spagna, passato da A1 ad A3, con outlook negativo. Come per le altre due società di rating, anche Moody’s nel comunicato ha citato le preoccupazioni legate all’attuale crisi del debito, le modalità con cui e’ stata affrontata e l’impatto sulle economia dell’area. Moody’s ha anche notato la fragilità dei mercati finanziari europei e la possibilità che di shock futuri dovuti all’attuale crisi del debito. In particolare, il taglio dell’outlook sul rating sovrano tripla A della Gran Bretagna riflette la convinzione di Moody’s sulle serie conseguenze che la crisi dell’Eurozona sta avendo anche sui Paesi fuori dall’Eurozona. Quanto all’Italia, Moody’s ha rivisto al ribasso il rating del Paese citando tra le cause l’alto debito e la volatilità registrata nei costi di rifinanziamento che il Paese sostiene.
Ma le società di rating cosa si aspettano che i governi facciano ? O meglio, detto in altri termini, a quali condizioni la finanza internazionale sarebbe disposta a ridare ossigeno ai Paesi in difficoltà ? Si dirà che la questione è semplicemente quella di dare all’investitore la certezza del rientro dal proprio debito e che questo permette di rassicurare chi il denaro lo ha e convincerlo a prestarli. Conseguito tale obiettivo, il denaro scorrerà a fiumi verso i rendimenti più redditizi a tassi, ad esempio, in linea con quelli della Germania, o addirittura più bassi.
Se le cose stanno effettivamente in questo modo, la faccenda si sposta nella più complessa questione di cosa fare, adesso, per dare la certezza agli investitori che non vi è pericolo alcuno al puntuale rientro del loro credito?
Rispondiamo per l’Italia, dove la questione non appare al momento cosi grave come, invece, lo è per la Grecia. Il cianciare di questi anni ha prodotto nei partner esteri (dove il Paese trova problema a trovare gli investitori) l’idea di un Paese estremamente in difficoltà. I punti su cui agire e quindi l’agenda che hanno davanti gli investitori stranieri in realtà l’abbiamo dettata noi stessa. Basterebbe, infatti, ripercorrere le tappe della lunga vicenda estiva ed, in particolare, la lettera inviata dalla Commissione Europea al Governo il 26 ottobre u.s., che facendo seguito ad una relazione mandata dal Governo italiano agli uffici della Commissione, chiedeva risposte ad un impressionante numero di domande, che facevano il punto sugli interventi programmati e sugli interventi ritenuti non più procrastinabili e quindi necessari. Vediamoli in dettaglio, perché è difficile non trovare tante di quelle questioni che hanno appassionato la stampa italiana negli ultimi anni.
Nella lettera, si chiedeva, in primo luogo, che venissero indicati “… le cifre stimate per ciascuna misura di intervento, la conferma del governo al consolidamento fiscale ed il riconoscimento della necessità di misure correttive”. Nella nota la Commissione stimava che nell’attuale contesto economico la strategia fiscale, come presentata dal Governo Italiano , “… non assicurava un pareggio di bilancio nel 2013”. Ciò premesso, la Commissione stimava “… che saranno necessarie misure nel 2012 e nel 2013” e, pertanto, si chiedeva “… di spiegare dettagliatamente il piano di vendita del patrimonio immobiliare (che prevedeva un ricavato di 5 milardi di euro l’anno per tre anni) nonché l’eventuali ulteriori misure che verranno intraprese.
Anche sugli interventi previsti in materia di pensioni Bruxelles ha da fare osservazioni. Partendo dalla descrizione dell’impatto dell’attuale legislazione pensionistica, inclusa la decisione di anticipare l’applicazione del link automatico all’aspettativa di vita ed al graduale adeguamento per le donne nel settore privato, che dovrebbe portare all’età di 67 anni entro il 2026, a Bruxelles rilevano: “l’età di pensionamento delle donne rimarrà inferiore a quella degli uomini per molti anni a venire (a differenza di quanto avviene nel settore pubblico). In più, le regole che governano le pensioni di anzianità, permettono ancora di andare in pensione relativamente giovani. Per sistemare tutto ciò, il Governo sta pensando a criteri più restrittivi sulle pensioni di anzianità (se non ad abolirle del tutto) e a una transizione più veloce per equiparare l’età standard di pensionamento fra sessi?” . Circa l’ambizione di introdurre il pareggio di bilancio in costituzione, la Commissione considera che: “… non c’è riferimento alle legiferazioni secondarie richieste per far diventare questa regola operativa e consistente con il bilancio europeo. Quali sono i tempi per questa legiferazioni secondarie e come si assicurerà la loro coerenza con la nuova struttura del bilancio europeo? In particolare: il governo considera l’approccio asimmetrico in relazione ai cicli (deviazioni dal bilancio consentite solo in fasi negative) attualmente proposto nell’emendamento costituzionale all’articolo 81 a proposito del bilancio statale, per essere sempre coerenti con i criteri di debito stabiliti dall’Unione Europea e il raggiungimento dell’MTO (Medium Term Objective)? Ci sarà, in questa connessione, un fondo di regolazione (”control account”) per tener conto di eventuali variazioni ex-post, con provvedimenti chiari per far fronte a queste variazioni in prestabiliti periodi di tempo? E’ prevista una regola di spesa che integri operativamente il requisito del pareggio di bilancio? Come sarà implementata la regola del pareggio di bilancio a livello locale? Che meccanismi di controllo o istituzioni sono previste? Ed ancora. Con la riforma di tasse e assistenza sociale, come intende, il Governo, trasferire la tassazione dal lavoro al consumo e alla proprietà immobiliare? Il Governo intende reintrodurre l’ICI?”.
La lettera continua, quindi con una serie incalzante di domande di dettaglio:” … Come intende l’Italia accelerare l’assorbimento dei fondi UE? In particolare, che misure verranno varate per aumentare la capacità amministrativa nella propria Regione di Convergenza (le Regioni di Convergenza sono le macroaree in cui è stata divisa l’Unione Europea per la distribuzione dei fondi strutturali). In che modo il Governo intende aiutare pianificare l’aiuto a quelle regioni che recentemente hanno subito la sospensione dei finanziamenti europei per inadempienza degli impegni presi? Il Governo sta prevedendo di concentrare la spesa dei fondi dell’Unione Europea per finanziare l’educazione, la banda larga, le ferrovie? In quali aree il Governo intende ridurre il finanziamento per compensare questa spesa e quali saranno le implicazioni per il bilancio dello stato della revisione strategica dei programmi cofinanziati dai fondi strutturale europei per il 2007-2013? Qual’è il tasso di riduzione del cofinanziamento nazionale previsto dal Governo? Il Governo può fornirci più dettagli sul programma Eurosud per lo sviluppo del Mezzogiorno? Quali sono le garanzie messe in atto per assicurare che i fondi vengano utilizzati in maniera appropriata e conforme alle intenzioni politiche?”.
Altre questioni, per il vero, lasciano allibiti. In particolare, quando dalla Commissione arrivano richiami anche su: “… quali saranno le caratteristiche del programma di revisione delle scuole che non hanno ottenuto risultati soddisfacenti al test INVALSI? E, quando, si chiede come il “ … Governo come intende valorizzare il ruolo degli insegnanti nelle scuole? Quali tipi di incentivi intende mettere in atto?” O addirittura, quando, si chiede:” … Il Governo ci può fornire più dettagli a proposito dei piani per l crescita dell’economia e della competitività fra le università? Cosa significa, in pratica, e cosa implica la «maggior libertà nello stabilire le tasse universitarie»?”. Non solo, le osservazioni riguardano anche le politiche giovanili: “… Quali misure concrete sta prendendo in considerazione il Governo per promuovere l’occupazione delle donne e dei giovani? Il Governo sta prendendo in considerazione la possibilità di intervenire nell’ambito degli accordi e dei contratti esistenti, o sta pianificando di introdurne di nuovi? In questo caso, che tipi di accordi e contratti sono previsti? Come funzionerà il «credito fiscale per le imprese che offrono lavoro nelle aree svantaggiate»? Chi ne avrà diritto? Sarà una misura temporanea? O permanente?”
Ma non c.d. c’è solo la fuffa. Ecco che la Commissione – dopo aver preso le difese di giovani ed Università – ritorna sulle questioni fondamentali del costo del lavoro e della concorrenza. Infatti è possibile leggere: “… A proposito delle previste nuove norme di licenziamento per ragioni economiche nei contratti a tempo indeterminato, esse interesserebbero le leggi che riguardano i licenziamenti individuali o collettivi? Quali parti delle leggi pensa di modificare, il Governo, e in quale modo? In che modo concreto la nuova legiferazione contribuirà ad affrontare la segmentazione del mercato del lavoro fra i lavoratori a tempo indeterminato, molto protetti, e i lavoratori precari? Ed a proposito di ciò, c’è un piano per ridurre l’alto numero (46) di tipologie di contratto di lavoro attualmente esistenti? La prevista applicazione di norme più rigide per l’uso di contratti parasubordinati implica cambiamenti dei tassi di contribuzione per l’assistenza socio-sanitaria? O anche alle leggi sul lavoro? Se sono previsti anche cambiamenti alle leggi sul lavoro, saranno graditi dettagli sulle norme e modifiche che il Governo intende introdurre.” Ed ancora: “Nella dichiarazione dell’incontro fra i Paesi membri dell’Euro (26 ottobre 2011) si parla di «impegno […] a rivedere il sistema dei sussidi di disoccupazione, attualmente molto frammentato, entro la fine del 2011, prendendo in considerazione i vincoli di budget. Ma questo non è incluso nella lettera. Quali sono le intenzioni del Governo italiano in merito? Come intende il Governo rafforzare gli strumenti dell’intervento dell’authority per la concorrenza (Antitrust) con l’obiettivo di evitare la mancanza di coerenza fra la promozione di un condizione di concorrenza paritaria e le regolamentazioni a livello regionale e locale? A proposito della legge annuale sulla concorrenza, la lettera sottolinea che verranno prese delle misure a proposito del settore della distribuzione dei carburanti e dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli. Misure diverse dall’adozione di questa legge annuale. Questo significa che la legge annuale sulla concorrenza stessa, che riguarda anche i servizi postali e di trasporto (treni passeggeri, autostrade, aeroporti) e la distribuzione dell’energia, non sarà adottata? Ancora, circa le «misure di rafforzamento dell’apertura delle professioni e dei servizi pubblici locali». Il governo ci può fornire ulteriori dettagli a proposito del contenuto di queste misure e dei relativi settori d’applicazione? In aggiunta, all’incontro dei paesi membri dell’euro (26 ottobre 2011) si è detto che l’Italia sta per «abolire le tariffe minime dei servizi professionali», ma questo non è incluso nella lettera. Quali sono le intenzioni dell’Italia in merito? Si possono avere ulteriori informazioni che spieghino quali riforme sono previste nel settore dell’acqua, malgrado i risultati del recente referendum?”resa e ovazione
Il martellamento della Commissione non lascia tregua e prosegue: “Quali misure intende attuare il Governo per promuovere la capitalizzazione delle imprese? Se abbiamo capito bene, il governo sta prendendo in considerazione l’introduzione dell’allowance for corporate Equity (ovvero la deducibilità di una quota dell’interesse nominale sul capitale investito), giusto? Se è così, sarà limitata ai soli nuovi investimenti? Come si tradurrà, in misure concrete, l’ambizione del Governo di “trasformare in aree di sviluppo (quelle che oggi) sono aree in crisi”? Possiamo avere maggiori informazioni su quali dovrebbero essere le misure concrete finalizzate a stimolare le attività di Ricerca e Sviluppo delle Piccole e Medie Imprese, incluso il loro previsto impatto sul bilancio? Possiamo avere maggiori informazioni sulle misure concrete di semplificazione legislativa (in particolare, a proposito delle Piccole e Medie Imprese) che sono state previste per individuare e quindi rimuovere le normative legislative e i regolamenti amministrativi ridondanti, e sulle modalità concrete con cui si intende migliorare qualitativamente l’esistente legislazione e regolamentazione? Quale sarà esattamente il ruolo dell’U.L.G. – Ufficio Locale dei Governi?”.
Bene, facciamo ora un passo indietro. Perché prendere a riferimento una lettera scritta dalla Commissione cosi tanto tempo fa che sembra, alla luce di quello che è accaduto subito dopo, un’eternità ?
Riflettiamo un poco su quello che si è letto, e poniamoci subito una domanda: quali e quante richieste serie e capaci davvero di risollevare l’economia di un Paese grande e complesso come l’Italia ci sono in quelle osservazioni? A freddo, mi verrebbe da dire due, forse tre. Bene, andiamo avanti con le nostre pacate riflessioni.
Siamo certi che gli analisti internazionali che si dedicano seriamente all’Italia abbiano letto la lettera e senza andare per il sottile (viste le tante domande che la Commissione pone al Governo italiano) e abbiano preferito dirottare le loro attenzioni altrove e andare a finanziare altri debiti in scadenza. Naturalmente parlo di gestori in buona fede, che nell’indirizzare i loro investimenti non fossero legati ad eventuali scelte estranee dall’interesse a far fare un investimento trasparente e buono ai loro clienti.
Il cambio di Governo e le iniziative intraprese da Monti hanno dato in pasto agli analisti ciò che loro volevano: gli animi quindi sembrano rasserenati. Ma attenzione: il denaro affluirà alle casse dello Stato italiano solo nella misura in cui la “voce” che sarà condivisa nel Paese (e dalla stampa internazionale) è che “in Italia si stanno mettendo le cose a posto”. Nulla di più e nulla di meno che questo.
Tanto per fare un esempio, se al mercato sembrerà domani o dopodomani (non so dire per quale particolare convinzione) necessaria anche per l’Italia, come ora per la Grecia e prima ancora per l’Estonia, una politica di riduzione delle retribuzioni degli stipendi, salari, ecc. questo dovrà essere fatto a prescindere. E dovrà essere di fatto ubbidendo e di corsa!
Una follia collettiva, da spezzare prima che ci porti alla rovina ?
Traiamo una prima conclusione. E’ sempre inutile ed è sempre troppo tardi intervenire quando un Paese è sotto il fuoco nemico – soprattutto quando, come in questi casi, le decisioni non sono prese in un campo di battaglia reale.
Seconda considerazione. Gli analisti finanziari prendono molto delle loro informazioni dalla grande stampa, magari economica ma non solo. Normalmente non vivono nel Paese ed il più delle volte non approfondiscono. Non hanno tempo. L’effetto “gregge” è inevitabile! Terza ma non ultima questione. E’ importantissima l’immagine che il Paese dà di sé all’esterno. La Germania, per riunificare il Paese ha prodotto Miliardi di Euro di debito e lo ha scaricato sull’Europa, facendolo pagare ai sui partner. Nessuno si è scandalizzato e l’Europa ha sopportato anche il deficit eccessivo della Germania, non pretendendo per questo Paese l’applicazioni di sanzioni. Eppure l’immagine della Germania come di un paese virtuoso non è stato assolutamente scalfita. Anzi !