10 Giugno 2012
Mario Scafidi Abbate
Tanta speme, ancora sul nostro futuro e anche per Silvio fra non pochi italiani e in Mario Scaffidi Abbate non di meno. Non sappiamo, anzi dubitiamno su Silvio, ormai tanto. Ma certo il disastro di Mario Monti è un nuovo martirologio italico, inatteso e frutto d’imprevidente sicumera, risultato infimo e deleterio prodotto di una logica economica iperclassista e fondata sul dogma di un eterico e ubiquitario liberismo speculativo, cieco trinciatore di speranza, diritti, leali concorrenze, spirito di coesione sociale, crescita ed equità, nonostante il cronico starnazzare di un onnisciente maestro della poltica dei fallimenti, quel tale Casincasotto. – Eulà. Italia Europa e Libertà.
Addio, Monti …
Addio, Monti, sorgente dall’acque
burrascose dell’italo suolo!
Quando prender lo scettro ti piacque
del Paese non eri tu solo:
fiduciosi ti accolsero tutti,
Pidielle, Casini, Pidì.
Ora, invece, si vedono i frutti:
non si può governare così.
Quanto estroso e cordiale appariva
Berlusconi, galante e cortese,
tanto sobria, impeccabile e schiva
la tua faccia sembrava al Paese.
“Questo è l’uomo mandato dal cielo!”,
cominciarono tutti a cantar.
“Viva Mario! Da tanto sfacelo
solo lui ci poteva salvar!”.
Mai si vide una luna di miele
così dolce in nessuna nazione.
“Erigiamo al Gran Mario una stele,
gli si dia la beatificazione!”.
Ti montasti la testa, sicuro
d’esser l’uomo più adatto alla crisi.
Ora ancora più fosco è il futuro
e noi siamo scornati e derisi.
Con il plauso dell’opposizione
sei salito al potere, benché
quella lì non avesse ragione
di votare convinta per te.
Le bastava far fuori il tiranno:
governassero esperti o babbei,
ne venisse al Paese un malanno,
non aveva importanza per lei.
Super Mario, acclamato dai media,
come mai prima d’ora nessuno,
dalla tua carismatica sedia
metti tutto il Paese a digiuno.
Era questa la nuova ricetta
per sanare il Bilancio Statale:
ci voleva davvero una stretta
alla cinghia. Che mente geniale!
Dei tuoi quattro obiettivi, rigore,
incremento, sviluppo, equità,
non si sente nemmeno l’odore:
solo il primo sul collo ci sta.
Il bel sogno è finito: la borsa
in discesa, lo spread in aumento,
gli esodati… Che botta, che morsa,
che follia, che morìa, che sgomento!
La benzina, le accise, gli aut aut
dei partiti: vai sempre più giù,
hai finito di fare il boy scout,
caro Monti, hai fallito anche tu.
E con te tutti quanti i ministri
del governo da te presieduto,
che con mezzi anche più che sinistri
fanno il popolo fesso e cornuto.
E ci date lezioni per giunta!
Voi non siete docenti di nulla:
con la faccia giallognola e smunta
e la voce sottile e fasulla,
maestrini voi siete, non altro.
Con il vostro dossier bocconiano
vi credete ciascuno più scaltro
del più scaltro statista italiano.
“Bamboccioni, prendete la laurea,
non pensate alla casa, per ora”,
dice l’Elsa Fornero con l’aurea
sua vocina. “Ragazzo, lavora!
Dopo, dopo, semmai, si vedrà”.
“Lavorare? Magari potessi!
Ma nun ciài niente altro da fa’?”.
Tu vuoi prenderci proprio per fessi.
Bella mia, tu sei fuori del mondo,
tu non puoi dettar legge così.
Te lo dico perciò chiaro e tondo:
fila via pure tu da costì!
Siete tutti una banda di ladri:
nell’agenda del vostro governo
non c’è un solo progetto che quadri.
Dio vi mandi al più presto all’inferno.
O speranze, o promesse tradite,
annunciate con tanto fracasso,
belli miei, dove sono finite?
Siamo ormai giunti quasi al collasso.
non c’entra Pidielle o Pidì:
è il sistema che qui non funziona:
troppi se, troppi ma, troppi ni,
si discute ma non si ragiona.
Ogni volta che salta un governo
e si nomina un nuovo padrone
gridan tutti: “Ecco l’uomo moderno,
che felice farà la nazione!”.
lì a poco si vede l’effetto.
Ve lo dico sincero sincero:
può venire qualunque capetto,
un governo val l’altro, uno zero.
I partiti son fradici, ormai,
ammuffita è la Costituzione,
cambia il mondo, l’Italia è un bonsai,
non matura, non c’è religione.
Forse ciò che in quest’ora più preme
è tornare all’antico cliché:
altra via, altro sbocco, altra speme
alla fine purtroppo non c’è.
Torni Silvio e il suo posto riprenda,
suoni trombe, fischietti e campane,
altrimenti è una brutta faccenda:
va il Paese davvero a puttane.
Caro Silvio, dovunque tu vada,
dove un po’ di buon senso ancor c’è,
in qualunque villaggio o contrada
non c’è un cuor che non batta per te.
Su, coraggio, chi ha lingua l’affili,
chi un sopruso patì lo ricordi,
noi non siamo né servi né vili:
vada via questo branco d’ingordi!
Oh, giornate del nostro riscatto!
Dal governo levate la tenda,
miei signori, è finito il ricatto:
che l’Italia il suo posto riprenda.
O, risorta con Silvio, sarà
nel consiglio d’Europa stimata,
o da Francia e Germania vedrà
la sua fama ancor più declassata.
1 comment for “La politica in versi e pollice verso per Monti. Italia, quale futuro?”