Dichiarazione di Voto del Gruppo Popolo e Territorio
L’intervento di Silvano Moffa
Signor Presidente e signora Ministro, noi oggi ci troviamo in una condizione singolare. Dopo avere in qualche modo, con l’intervento dei tecnici, commissariato il Governo, in qualche misura stiamo sottilmente commissariando anche il Parlamento. Lo dico un po’ con il sorriso sulle labbra, perché prima di entrare nel merito del provvedimento mi consentirà, signora Ministro, di fare qualche considerazione di ordine politico. Vede, oggi il Parlamento si trova in quella singolare e non prevedibile situazione di dover esprimere una sorta di silenzio assenso rispetto a questo provvedimento. Allora, le dirò con grande franchezza: l’assenso, almeno per quanto riguarda il gruppo di Popolo e Territorio, è dovuto. È dovuto, dopo l’intervento del Presidente del Consiglio di ieri che, in maniera molto chiara e molto limpida, ha rappresentato alle Camere l’importanza fondamentale di questo appuntamento del 28 e 29 giugno a Bruxelles. E, quindi, rispetto alla necessità di andare lì, con il titolo di una riforma nelle mani, non potevamo che dire sì e, in qualche modo, mettere anche in subordine, pur con tutti i limiti che noi individuiamo in questo provvedimento, la scelta che è stata adoperata, cioè quella di non far pronunciare sostanzialmente la Camera dei deputati nei termini di una possibile modifica, anche migliorativa, rispetto al testo del Senato.Ma se l’assenso è dovuto, il silenzio no: su quello, noi non ci stiamo. Ecco perché le diciamo con grande franchezza, signor Ministro, che ci aspettavamo una riforma di tipo molto diverso da quella che oggi approviamo: perché c’è molta delusione intorno ad una riforma che, forse, definirla tale significa usare un termine eccessivamente ambizioso. Diciamolo con franchezza: una riforma vera del mercato del lavoro, che fosse proiettata, così come è detto nel titolo, a creare condizioni di sviluppo, avrebbe dovuto seguire una politica di sviluppo, non anticiparla. Vi è una sorta di inversione che non aiuta a comprendere quale sia la strategia migliorativa e il disegno complessivo che noi vogliamo perseguire come sistema-Paese per rispondere alla grave crisi del momento, ma anche per delineare quel modello di regolamentazione che aiuta la crescita delle imprese e che apre nuove prospettive occupazionali. La preoccupazione che ci tormenta in queste ore è che da questa riforma, che noi consideriamo deludente, si possano, invece, aprire prospettive di ulteriore pesantezza per i livelli occupazionali. Signora Ministro, se avessimo, in qualche modo, tenuto fede a quello che ci chiedeva la BCE, forse, saremmo stati anche più coerenti con l’impostazione di questo provvedimento. Infatti, la BCE, nella famosa lettera in cui chiedeva di fare i
compiti alle tante nazioni che erano insolventi sotto il profilo della riforma del lavoro, e, quindi, all’Italia, ha evidenziato « l’esigenza » – leggo testualmente – « di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi a livello di impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione (…). La lettera richiamava, poi, la necessità – leggo sempre tra virgolette – di »un’accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro, che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”. Si può dire, con tutta franchezza, che il testo trasmessoci dal Senato, che ci accingiamo a votare, risponde a queste richieste, oppure che abbiamo costruito un sistema che rende ancora più rigido il mercato del lavoro ? Abbiamo ridotto in maniera eccessiva quell’area della flessibilità in entrata, che – voglio ricordarlo ai colleghi – è stata l’unica occasione, prima ancora che scoppiasse la crisi del 2008, per immettere nel mondo del lavoro tante giovani energie. Ricordiamo quali erano i tassi di occupazione nel momento in cui fu varato quel provvedimento: si trattava delle famose leggi Biagi e Treu, che aprivano ai cosiddetti contratti atipici, che non possono essere giudicati soltanto sotto il profilo di chi, abusandone, ha creato un precariato di lungo tempo. Infatti, la verità è che soprattutto in un momento di crisi, quale è quella che stiamo attraversando, con le imprese che chiudono i battenti, con una recessione in atto, che è la più grave dal 1929 a colpire l’Europa e il nostro Paese, non si può
chiedere alle imprese di essere ancora obbligate ad occupare, quando, invece, non hanno la possibilità di disporre di una flessibilità di entrata degna di questo nome e di questa aspirazione. Ma come si fa a prevedere una maggiore occupabilità, se quell’area viene ristretta e se non si va incontro all’esigenza reale delle imprese ? Ci rendiamo conto che soltanto il fatto di avere annunciato questo restringimento ha già messo le imprese nelle condizioni di non rinnovare i contratti co.co.co. e i contratti a progetto (Applausi del deputato Brunetta) ? Questo è il dato che deve far riflettere, e sul quale noi vogliamo che si torni a discutere in quest’ Aula, forti dell’impegno che ha assunto il Presidente del Consiglio quando ha detto che questa riforma va approvata, ma il giorno dopo dobbiamo metterci già nelle condizioni di poter migliorare laddove il testo è migliorabile, e rispondere a quelle domande che sono venute dal mondo produttivo e dal mondo del lavoro. Voglio ricordare a me stesso e ai colleghi che, tra le tante cose che avremmo dovuto inserire in questa riforma del mercato del lavoro, vi era il tema relativo ai servizi pubblici e privati per l’impiego. Come si fa a concepire – anche se vi è una
delega al Governo ancora non esercitata in materia – una riforma organica del mercato del lavoro senza mettere mano ai servizi per l’impiego pubblici e privati ? Questo è un passaggio fondamentale, che andava inserito da subito in questo contesto ed in questo provvedimento. Come si fa a non capire che aver introdotto elementi che non chiariscano esattamente quale deve essere l’articolazione nuova dell’articolo 18 – perdonatemi il bisticcio di parole – provocherà soltanto un profluvio di contenziosità, perché andremo ancora a porre nelle mani del giudice quello che doveva essere lasciato alla libera interpretazione delle parti sociali ? Qui si misura la differenza di approccio culturale fondamentale, sul quale, onorevole Ministro, dovremo tornare a discutere con grande chiarezza e con grande franchezza. Vi è chi pensa che il mercato del lavoro debba essere enormemente imbrigliato da un profluvio di regole stringenti che impediscono all’impresa di essere effettivamente libera, e al giovane di poter aspirare anche ad un’occupazione per poi inserirsi a tempo indeterminato in quel processo produttivo; ma mi domando come sia possibile che tutto questo possa avvenire
se non attraverso un disegno organico e complessivo, e attraverso anche delle semplificazioni che debbono essere assolutamente fatte. Voglio ricordare che, tra i temi che esploderanno da qui a qualche settimana per effetto di questo decreto, vi è anche il tema delle partite IVA. Si tratta di un tema importante, rispetto al quale, se è giusto intervenire in maniera correttiva in termini di controllo per evitare gli abusi, è anche assolutamente inaccettabile che la determinazione di una qualifica di attività professionale sia ancorata ad un livello reddituale, che è una vera e propria infamia nei confronti di quell’autonomia professionale che deve essere spesa e valorizzata. Concludo, onorevole Presidente, dicendo che questa è una riforma assolutamente perfettibile, rispetto alla quale, signor Ministro, la prego di guardare con attenzione quello che è stato il frutto delle audizioni che abbiamo svolto in Commissione lavoro e di non fare accadere quello che purtroppo è già accaduto con gli esodati. Ci vuole un atto di coraggio: il Parlamento la sua responsabilità la dà, il Ministro dimostri coraggio !