Lo spread è di nuovo al punto di prima ? Lo spread tra i btp e i bund tedeschi, ha aperto il 9 luglio 2012 a 468,90 punti, dopo pochi attimi supera i 480 punti, e raggiunge i 480,83 punti.
Ma l’Europa, o almeno la moneta che la rappresenta, è finita? Bene, o, meglio, male, proprio male: sembra questa la realtà, visionando le pagine economiche dei giornali e quelle web dei tanti information provider. Eppure è passata solo una settimana da quando le decisioni del vertice europeo del 28 giugno erano state fastosamente celebrate da tanta stampa italiana come uno straordinario passo avanti nella risoluzione della crisi dell’euro, perché in grado di fronteggiare la pressione speculativa dei mercati.
Che fine ha fatto il tanto decantato marchingegno anti-spread? Ecco che il differenziale tra Btp e bund tedeschi è tornato a quota 470 punti. Dopo che soltanto lunedì 2 luglio, in corso di giornata, era sceso a 404 facendo illudere che la curva dei tassi stesse imboccando una strada in discesa in modo stabile, se non irreversibile.
Non mancano le ragioni per rispondere positivamente a tale domanda. Vorrei riassumere in poche fondamentali ragioni questa affermazione, facendo un parallelismo tra quello che sono oggi gli Stati Uniti d’America e quello che è, invece, l’Unione Europea.
Cosi facendo, spero che risulti a tutti, con immediata evidenza, la ragione per cui il dollaro è da sempre considerato un bene rifugio, mentre l’Euro rischia di sparire come moneta unica di 12 Stati, magari riducendosi a divisa dei soli paesi dell’ex area del marco.
Bene, vediamo la prima fondamentale ragione. Se uno Stato degli USA, poniamo il Minnesota, attraversa una crisi economica congiunturale, magari connessa ad un problema finanziario e quindi temporaneo e tale situazione pone in quella regione un problema di disoccupazione, nulla impedisce a Washington di intervenire direttamente attraverso sussidi di disoccupazione o investimenti ad hoc in quella regione. Questo non è possibile fare, invece, nell’Europa dell’Euro. Così se la crisi colpisce (come ha colpito) la Grecia, ed i disoccupati superano la soglia del 20% della popolazione, l’Europa non può pompare denaro in quella regione, se non dopo una lunghissima mediazione e magari attraverso l’intervento del FMI.
Seconda ragione. In presenza di una crisi strutturale gli americani, che sono un popolo con una sola lingua, possono spostarsi da una regione ad un’altra con relativa facilità.
E noto che spostarsi sul territorio europeo non è, invece, altrettanto facile per gli europei, ed il motivo è tanto semplice da comprendere quanto difficile da superare: la questione linguistica. Attualmente le lingue ufficiali dell’Unione Europea sono 23, in rappresentanza di 27 Stati membri. Una babele di lingue, a cui corrisponde anche una babele di ordinamenti statuali e di discipline proprie, anche nei delicatissimi settori del lavoro, che rendono a dire poco insormontabili i problemi di un trasferimento, e su cui l’Europa non interviene.
Terza fondamentale ragione. Se uno Stato fa bancarotta, la Fed statunitense può agire direttamente rilevando, senza particolari complicazioni, il debito dello Stato moroso.
Un esempio per tutti: il non fallimento del Minnesota. Ripercorriamone la storia. E’ il 3 luglio 2011, in cassa non ci sono soldi ed il governatore, il democratico Mark Dayton, prende atto della realtà annuncia il default, dopo che repubblicani e democratici non sono riusciti a trovare un accordo sulla finanziaria per il nuovo anno fiscale. In particolare, la questione era relativa ad una soluzione al deficit di budget di oltre 3,6 miliardi di dollari, che vedeva il governatore democratico dello stato chiedere un aumento delle tasse ai cittadini più abbienti e una riduzione della spesa pubblica, mentre i repubblicani opporsi all’aumento delle tasse. Non è la prima volta che il piccolo stato del Midwest deve chiudere le attività statali. L’ultima volta fu nel 2005 e la paralisi durò otto giorni. All’epoca, il governatore era l’attuale candidato alle presidenziali 2012, Tim Pawlenty.
Bene, a tre settimane dalla data di fallimento, i deputati del Minnesota hanno approvato un nuovo accordo sul bilancio. Senza l’accordo gli effetti sarebbero stati devastanti: 24 mila dipendenti pubblici a casa, parchi pubblici chiusi e stop alla realizzazione delle infrastrutture. Tuttavia, per le attività considerate essenziali per garantire la sicurezza dei cittadini nulla quaestio e cosi per le università ed gli altri servizi. Come si vede, un fallimento a metà, ed in ombra c’era sempre la possibilità che il debito fosse rilevato dalla Fed.
Nell’Unione Europea questo è di fatto impossibile. La nostra banca centrale, la Banca centrale Europea, ha un fine ben limitato che è la salvaguardia del valore dell’Euro, ed un sistema di garanzia più esteso e robusto non è stato previsto. Esso sarebbe venuto a ledere le sovranità nazionali dietro cui si nascondono spesso le persistenti azioni centrifughe messe in atto da singoli governi e parlamenti. L’euro, insomma, risente, della fragilità dovuta al quadro statuale entro cui è nato, cioè quello che priva l’Unione Europea di un’effettiva unità economico – finanziaria e di un’unità fiscale e, quindi e soprattutto, di una sfera di decisionalità politica a livello centrale. In tutti questi drammatici mesi, cioé, continuiamo a pagare per la limitatezza delle scelte che stanno alla base dell’odierna Unione Europea: scelte che determinano in maniera inevitabile fragilità pericolose, scelte che indicano la debolezza intrinseca dell’inadeguata unione monetaria e che andrebbero superate una volta per tutte. Anche la Germania sembre finalmente orientarsi in questa direzione?
Conclusione. Anche se il nostro Paese ha sempre adempiuto ai suoi obblighi ed ha sempre onorato il pagamento dei prestiti, rimane una Nazione fortissimamente indebitata: a tutto ciò non basta una garanzia neppure nominale della formidabile potenza germanica, come essa non basta a rassicurare per i casi estremi e meno estremi di Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Belgio. Consideriamo quindi per un attimo il punto di vista degli investitori internazionali in riferimento al “sistema Europa”. Quale investitore dovrebbe scommetter i propri denari su una realtà dove, quando le cose vanno male, non esiste alcuna garanzia? Finché le cose sono andate bene, il sistema ha retto egregiamente e l’Euro ha avuto non pochi successi, ma adesso, che si è rotta la prolungata illusione e si è aperto il vaso di pandora, chi potrà convincere i mercati che le cose vanno e andranno bene bene?