21 settembre 1990. In ricordo di un giovane magistrato assassinato

25  Settembre 2012

Ennio Di Francesco  www.enniodifrancesco.it

 

Rosario Livatino, giovane giudice immortalato con il piombo

All’inizio di una coraggiosa carriera stroncata con la violenza, “martire della giustizia e della fede”

 

Dal 1979 al 1989 sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e poi ivi giudice dedito della Sezione misure di prevenzione, infligge con la sua azione giudiziaria duri colpi, anche attraverso lo strumento della confisca dei beni, alle cosche mafiose in quella che sarebbe poi esplosa come la Tangentopoli Siciliana. Il mattino del 21 settembre 1990 mentre percorre senza scorta la SS 640 Agrigento-Caltanissetta a bordo della sua Ford Fiesta rossa sicari mafiosi speronano l’auto, gli sparano, lo inseguono mentre cerca di porsi in salvo nei campi, lo finiscono spietatamente. Verosimilmente a lui si riferiva Francesco Cossiga, che in verità smentì ciò in una lettera ai genitori, quando si espresse così:..”Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga..”. Magistrato schivo e riservato alla profonda cultura giuridica e sociale univa una grande fede cristiana. “Quando moriremo, ci sarà chiesto non quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili” fu trovato scritto in un suo appunto. “Martire di giustizia e indirettamente di fede” lo definì papa Giovanni Paolo II nel 1993 andando a visitarne i genitori durante il viaggio in Sicilia in cui lanciò dalla valle dei Templi di Agrigento il suo tremendo monito contro la mafia.
Accanto a Rosario Livatino, deve essere ricordato anche Antonino Saetta, magistrato giudicante, presidente della Corte d’assise di Palermo, ucciso il 25 settembre 1988, mentre viaggiava con auto e senza scorta unitamente con l’infelice figlio Stefano, sulla stessa strada a poca distanza da dove verrà due anni dopo ucciso Rosario Livatino. Si era occupato a Caltanisetta e a Palermo di importanti processi di mafia e doveva qui presiedere il Collegio di appello del maxi processo. Paradossale tragica conferma della ferocia della mafia contro magistrati inflessibili e determinati, al di là della loro età e funzione. “Resta l’infinita domanda per tutti: “Quanto ha perso la collettività e l’umanità con la caina uccisione di questi eroi che con tanti altri martiri di giustizia e legalità sarebbero sempre stati in prima linea contro l’illegalità, la corruzione, il degrado morale di questo tormentato Paese?”. Che ogni coscienza sappia rispondere.