Corporativismo di ieri … e corporativimo del futuro prossimo?

14 Ottobre 2012

Filippo Giannini

 

Contro l’ombra funesta del parlamentarismo partitocratico:

QUANDO L’ITALIA ERA UN ESEMPIO PER TUTTO IL MONDO

“WHAT IS THE WRONG, WITH THE MODERN WORLD?”

Una veloce rassegna dei movimenti politici europei che si ispirarono al fascismo italiano e alla sua concezione corporativa.

 

Ho avuto motivo di citare in più occasioni, anche di recente, quanto afferma un prestigioso esponente del pensiero economico inglese. Adesso vi è un ulteriore momento in cui non conviene sprecare questo richiamo per i lettori che hanno avuto modo di leggere i precedenti – ripetere giova alla memoria e alla cultura! -, e una condizione propizia per leggerlo a chi finora non gli è capitato. Un personaggio democratico inglese, ecco di chi si tratta, Michael Shanks, economista di vasta esperienza internazionale, già direttore della Commissione europea degli affari sociali, nonché presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro: “What is The Wrong, with the Moden World?” (“Cosa c’è di sbagliato nel mondo moderno?), lo Stato Corporativo di Mussolini come l’unico metodo per uscire dalla contrapposizione violenta delle parti sociali. Non c’è alternativa, ammonisce l’economista inglese: o lo Stato Corporativo o lo sfascio dello Stato. Non siamo lontani, in Italia, dalla realtà in quanto giunti alla svolta finale!
Similmente, per degli altri autori che chi mi legge con più assiduità noterà essere riportati più volte. La mia scelta, più che apologetica, ha di mira l’obiettivo di aiutare il lettore a conseguire delle condizioni di affrancamento culturale, storico, psicologico dal metodico lavaggio del cervello a cui è sottoposto dalle invenzioni spesso pseudo – storiche prodotte da interessi politici interni e internazionali in parte innominabili. Aiutare a che nomi e concetti di altri personaggi ed autori “alternativi” non cadano subito nel dimenticatoio dopo una veloce lettura di qualche articolo, possano sedimentarsi e fissarsi nella memoria e quindi essere utilizzati a livello di problematizzazione storica e di maggiore presa di coscienza.
Per iniziare, citiamo un pensiero di Benito Mussolini: < Ci sono delle ostilità semifilosofiche di coloro che si rifiutano di ammettere che l’Italia possa dare l’inizio – per la terza volta – a forme nuove di civiltà politica. Per costoro la storia è finita irrevocabilmente nell’anno 1789 (…) >. O, come attestato da un valido studioso britannico: < Il Fascismo è fenomeno prettamente italiano nella sua estrinsecazione storica, ma i suoi postulati dottrinari sono di carattere universale. Il Fascismo pone e risolve dei problemi che sono comuni a molti popoli, e precisamente a tutti i popoli che hanno vissuto e sono stanchi dei regimi demoliberali e delle menzogne convenzionali annesse > (Gli aspetti Universali del Fascismo, di James S. Barnes).
Certamente, questo è universalmente riconosciuto, salvo casi e casi: il nuovo tipo di Stato proposto dal Fascismo non può essere universale, perché non tutto quello che sorge e si confà ad una nazione, può adattarsi ad un’altra che vive in condizioni differenti, in epoche differenti. Ma tutti i più grandi Stati civili odierni hanno qualche cosa in comune, forse più di quanto generalmente si supponga.
Allora accingiamoci a vedere come il mondo – specialmente quello del lavoro – ha reagito di fronte questo nuovo fenomeno ancora palpitante e niente affatto datato.
Ci avvarremo ampiamente dell’ottimo lavoro di Manuel Negri, “I movimenti fascisti europei”, il quale, nell’Introduzione, inizia così: < Il successo e la diffusione di movimenti definiti come fascisti è stato tale da indurre a parlare di una vera e propria epoca fascista (…). D’altra parte abbiamo il fatto, che in quaranta nazioni sono esistiti movimenti e fenomeni fascisti >.
Possiamo iniziare.
IL FASCISMO TEDESCO. Lo storico Renzo De Felice attesta che fra il Fascismo italiano e il Nazionalsocialismo tedesco ci sono più differenze che affinità. Il Nazionalsocialismo, pur influenzato dalla creazione mussoliniana, rivendica una identità propria, postulati ideologici ben più radicali e differenti rispetto al Fascismo italiano, quale il problema della razza, sconosciuta nel pensiero di Mussolini (questo sino a quando, per problematiche indipendenti dalla sua volontà, non fu costretto all’alleanza con il Nazionalsocialismo tedesco.) Il movimento hitleriano ha dunque una propria visione del mondo, una propria Weltanschauung; Alfred Rosenberg, nella sua opera Der Mythus des XX Jahrunderts (Mito del XX Secolo), sottolinea il fondamentale il concetto di razza biologica e rileva l’opposizione tra religione nordica e religione cattolica. L’opposizione di Benito Mussolini a queste idee fu ben pesante; va ricordato il discorso del Duce in occasione della visita alla città di Bari nel pomeriggio del 6 settembre 1934. Dal balcone del palazzo del Governo, Mussolini, dopo aver esaltato la civiltà mediterranea, disse: < Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine di oltr’Alpe, sostenute da progenie di gente che ignorava la scrittura, con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto >.
Possiamo fissare la data della nascita del fascismo tedesco nel 1919, quando Adolf Hitler fondò il Partito Socialista Nazionale dei Lavoratori (N.S.D.A.P.). Da un punto di vista storico, il N.S.D.A.P., il 9 novembre 1923 tentò un colpo di Stato, il famoso putsch di Monaco, volendo, probabilmente, emulare la Marcia su Roma di Mussolini.
Ha osservato M. Da Silva (“Dopo Norimberga”): < Il fatto che il fascismo (quello di Mussolini, per intenderci) con i suoi anni di politica costruttiva costituisce inevitabilmente una delle calamite che attrae le masse di tutti i paesi verso quei movimenti che, in ciascuno di essi, al fascismo si richiami, costituisce una sorta di formidabile avallo alle cambiali che i movimenti stessi firmano ai popoli che intendono rivoluzionare, non infirma minimamente il valore delle caratteristiche peculiari ad ognuno dei movimenti, né della loro funzione storica riguardo al paese in cui sorgono, né dei loro successi >.
IL FASCISMO NEGLI STATI DELL’IMPERO AUSTROUNGARICO. In Austria, nel corso della storia della prima repubblica (1918-1938), sorsero e si svilupparono alcuni movimenti fascisti ispirati e probabilmente sostenuti e finanziati sia dall’Italia fascista che dalla Germania nazionalsocialista. Il fascismo austriaco, la Heimwehr, abbracciò l’idea dello Stato corporativo, elemento tipico del fascismo occidentale. Nacque pure e si sviluppò una sezione austriaca del N.S.D.A.P. hitleriano. Altri movimenti si rifacevano alla teoria dello Standestaat (Stato dei ceti e delle corporazioni) elaborata dall’esponente di spicco della cultura austriaca, il prof. Otham Spann dell’Università di Vienna, teoria divenuta obiettivo politico della Heimwehr, la cui posizione fu espressa chiaramente nel giuramento di Kornenburg che costituì la piattaforma ideologica e politica del movimento, adottata in una riunione il 18 maggio 1930: < Noi ripudiamo la democrazia parlamentare occidentale e lo Stato fondato sui partiti. Siamo decisi a sostituirli con il governo delle corporazioni (stande) costituita da dirigenti delle principali corporazioni. Noi combattiamo contro la lotta di classe di tipo marxista e il sistema economico liberal-capitalistico che seminano la sovversione nel nostro popolo >. Come si evince, si tratta di posizioni sostanzialmente affini, se non addirittura identiche, a quelle del Fascismo mussoliniano. La Heimwehr si fuse in molte zone con l’NSDAP; questa fusione non fu vista di buon occhio dal cancelliere Dollfuss e questi fu il protagonista principale degli iniziali dissidi tra Germania e Italia sul caso austriaco. Il cattolico Dollfuss, esponente del partito cristiano-sociale, divenuto cancelliere, si prodigò nel 1933 a mettere al bando il partito nazista austriaco, che considerava l’Austria e il suo popolo come parte inscindibile della stirpe e del Reich tedeschi. Una volta al potere, Dollfuss creò una organizzazione di massa, la Vaterlandische Front (Fronte Patriottico) e promulgò una costituzione basata sul corporativismo mussoliniano. Dollfuss (Niccolò Giani, “Cronache del mondo fascista, l’Austria cammina”), riporta quanto i politici austriaci hanno affermato: < Noi abbiamo preso le nostre dottrine dall’Italia e ne abbiamo tuttavia fatto quello che noi chiamiamo “fascismo austriaco” (…). Io dico”austro-fascismo” per sottolineare che la realizzazione di queste idee deve essere differente in ogni paese e rispondere al carattere particolare della sua popolazione >. Queste posizioni, contrarie a quelle nazionalsocialiste, furono la causa della fine di Dollfuss, il quale viene visto come un eroe, un martire, il cui sangue è stato versato in memoria di un’Austria che avrebbe dovuto resistere al giogo del luteranesimo prussiano.
IN UNGHERIA. Un reale tentativo di imitazione del Fascismo venne effettuato da Gombos, che, divenuto Primo Ministro, dall’ottobre 1932 all’ottobre 1936, tenterà di trasformare l’Ungheria in uno Stato fascista. Ma l’ammiraglio Horty, trovando troppo estremista il suo ex luogotenente, finirà col disapprovarlo e chiamerà al governo il banchiere Imedy.
Una forte componente popolare alimentò il più importante movimento fascista ungherese, fondato nel 1935 da un ex ufficiale, Ferenc Szalasi; le Croci Frecciate. Szalasi prese questo nome dalla sua insegna, la Croce di Santo Stefano colpita dalle frecce. Ma, con il passare del tempo, le Croci Frecciate divennero sempre più un movimento dipendente da Berlino.
IN ROMANIA. Un giovane studente, Corneliu Zelea Codreanu dette vita, insieme al suo maestro, il professor Alexander Cuza, al Partito Nazionale Cristiano, con chiare ispirazioni al fascismo italiano. Il professore, non condividendo pienamente i sistemi di condotta dei Codreanu, si allontanò da quest’ultimo, ma questi, a sua volta diede vita ad un proprio movimento politico, la Legione dell’Arcangelo Michele, i cui componenti erano particolarmente religiosi. Queste caratteristiche, a dire del Nolte, fecero della Legione < il movimento fascista più interessante e più molteplice, essendo simile a un ricco calco geologico, con caratteristiche a strati di prefascismo e di fascismo reale >. La Legione, a partire dal 1930 deteneva un proprio braccio armato, La Guardia di Ferro, composta per lo più da studenti e contadini. Ma l’attenzione di Roma fu rivolta ad altri gruppi embrionali e numericamente esigui, i quali possono di più essere accostati al Fascismo. Questo farà scrivere a Giuseppe Salvatori (“Il Fascismo in Romania”): < Il più importante e il più serio di questi gruppi è forse quello capeggiato da Pamfil Seicaru, deputato al Parlamento e direttore di uno dei più grandi giornali romeni del momento (…). Il Seicaru è venuto recentemente in Italia dove è stato ricevuto dal Duce. Nel suo giornale si parla con frequenza del Fascismo e delle realizzazioni da esso conseguite (…) >. Trattare delle vicende della Legione ci porterebbe troppo lontano; in questa sede, è opportuno ricordare che dei suoi componenti, molti vennero uccisi e più di 6.000 arrestati. Il 16 marzo 1934 Codreanu , visto che il processo contro le Guardie di Ferro era prossimo al dibattimento, si costituì. In quella occasione egli disse: < La nuova generazione si è trovata ad un bivio: Mosca o Roma; attratti dallo splendore dei risultati dell’opera di Mussolini, abbiamo scelto Roma (…) >. Il processo della gioventù romena, così definito, è un trionfo dell’idea fascista (Carlo Antonio Ferrario, “Gli avvenimenti Romeni”).
Scrive Manuel Negri, nel testo all’inizio citato: < Da allora inizia l’ennesimo calvario per la Legione, decimata da re Carol II. Migliaia di legionari vennero uccisi in circostanze poco chiare, tra cui anche il loro capitano Corneliu Zelea Codreanu (…) >.
La figura di Corneliu Zelea Codreanu verrà ricordata con rispetto e come esempio in un certo ambiente nel secondo dopoguerra.
IN SLOVACCHIA. I militanti di Padre Hlinka, fondatore del Partito Popolare Slovacco (HSLS), in conseguenza dei danni causati dalla congiuntura economica del momento, guardavano a Mussolini come un modello da imitare. La vittoria di Hitler in Germania aveva incoraggiato ulteriormente i nazionalisti slovacchi, mentre il movimento, formato principalmente da contadini, subiva gradualmente l’influenza ideologica del fascismo prima e del nazionalsocialismo poi.
< La nazione Slovacca seguiva con fiducia ed interesse la geniale attività del Duce nella sua lotta gigantesca intesa alla creazione di un nuovo mondo sulle rovine della vecchia Europa (…) > (Joseph Kubinsky, “La Slovacchia e il Patto Tripartito”).
IN BULGARIA. < Tra i movimenti filo-fascisti troviamo la “Rodna Saschtita” (Difesa Nazionale) del generale Schkoinoff, che imperniava la sua azione politica sui principi del nazionalismo, dell’antiparlamentarismo e dello Stato corporativo. Altre imitazioni del Fascismo furono attuate dalla “Nazionale Zackuga Fascisti” di Alexander Staliyski, dal “Partito Nazional-Socialista Bulgaro”, ma soprattutto dal “Movimento Social-Nazionale “ di Zankoff, ex capo del governo e responsabile della repressione contro i gruppi di sinistra negli anni ’20, il quale ebbe in seguito la via sbarrata dal colpo di Stato di re Boris del 1934 (…). Nonostante la relativa influenza ed importanza assunta da queste correnti “filo-fasciste”, in Bulgaria, si ravvivarono notevoli interessamenti culturali nei confronti del Fascismo italiano. E perciò, gli articoli, le impressioni sul Duce e sull’Italia fascista andarono man mano aumentando su tutti i principali giornali e riviste bulgare (…) > (L. Salvini, “Il Fascismo in Bulgaria”).
Inizialmente queste correnti vennero originate da piccoli nuclei di benpensanti che tentarono di opporsi al dilagare del comunismo, ispirandosi politicamente al Fascismo.
Il citato Difesa Nazionale (Rodna Saschtita) rimase, come detto, fra i più importanti movimenti, soprattutto a partire dal 1928, quando nel congresso di Pleven, adottò ufficialmente i principi del Fascismo.
Osserva D. Lisky (“La nuova Bulgaria e la dottrina fascista”): < Una ragione positiva avvicinava il popolo bulgaro a Mussolini, l’idea corporativa da lui applicata in Italia, perché il bulgaro può comprendere a fondo tale idea, avendola praticata, sia pure embrionalmente e non al tutto nello stesso senso, per secoli, sotto la dominazione turca (…). Il fascismo bulgaro combatte per raggiungere lo Stato corporativo che è l’unica forma perfettamente adatta al suo popolo (…).>.
IN SPAGNA. La storia politica spagnola è fra le più complesse e interessanti, sino a sfociare nella sanguinosa guerra civile del 1936-1939. Ha scritto S.J. Woolf (“Il Fascismo in Europa”): < La dittatura settennale del generale Primo de Rivera deve trovare un posto, per quanto non rilevante, in qualunque analisi del fascismo in Spagna. Il re Alfonso XIII parlava di lui come del “mio Mussolini” >. Il generale Primo de Rivera era attratto dalle idee che partivano da Roma, dalle quali egli trasse il progetto di una riforma corporativa anche se, però, < il saggio fascista di Primo de Rivera fu quindi qualche cosa del tutto formale ed apparente, ed in realtà contrario ed opposto negativo > ( E. Gimenez Caballero, “Ripercussioni del Fascismo in Ispana”).
Non potendo elencare tutte le vicende – spessissimo sanguinose – della storia spagnola, proponiamo, per rimanere sempre nel tema, quanto ha scritto Filispano (“Il momento politico spagnolo”): < (…). I segni della stampa quotidiana e nella pubblicazione di libri sul fascismo o di traduzioni di libri italiani fascisti, si è recentemente concretato nella fondazione di un nuovo partito chiamato “Falange Espanola” (F.E.). Ne sono principali esponenti l’avvocato J.A. Primo de Rivera, figlio del generale (…). Il novissimo ardimentoso cavaliere di ventura pieno di impeto e di cuore che risponde al nome di Ernesto Gimenez Caballero, nome simpaticamente noto fra noi per le sue frequenti visite in Italia, dove ha avuto più volte occasione di abboccarsi col Duce, e noto anche per i suoi articoli in “Gerarchia” e in “Critica Fascista”, riboccanti di simpatia per il nostro Paese, per il fascismo e per Mussolini (…) >.
Data la complessità della storia spagnola, è impossibile, anche se sarebbe necessario, addentrarci in questa sede, ma, per rimanere nel tema tratteremo gli sviluppi essenziali. < Per quanto riguarda la “Falange” >, scrive Manuel Negri < vero e proprio catalizzatore dell’idea fascista, dobbiamo far risalire la sua nascita ufficiale all’intervento tenuto a Madrid dal suo fondatore >. L’Autore si riferisce al discorso tenuto nella capitale spagnola il 29 ottobre 1933 da Josè Antonio, quando condannò il sistema democratico-liberale e quello socialista in quanto negatori della concezione spirituale della vita. Josè Antonio tracciò i contorni di una soluzione diversa, lontana dagli schemi usuali; pertanto né Destra, né Sinistra. Quindi il 13 febbraio 1934 le concezioni di Josè Antonio sfociarono nella fusione con il movimento di Ledesma Ramos, in precedenza già unitosi con quello di Ridondo. Il nuovo gruppo politico prese il nome di Falange Espanola de las Jons ed assunse il noto emblema del giogo con le cinque frecce a simboleggiare il lavoro e il potere. Si giunse così alle elezioni del 16 febbraio 1936, il preludio e la causa della guerra civile. < Josè Antonio non riuscirà, pur avendo ottenuto settemila preferenze, a conservare il suo seggio di deputato, mentre nessun altro deputato (della Falange) ad essere eletto. Il governo che uscirà da questa vittoria del “Frente Popular” comprenderà socialisti, radicali e per la prima volta anche comunisti > (E. Carbone, “Iosè Antonio e la Falange spagnola”). Da questa situazione iniziarono, le azioni repressive nei confronti della Falange, assassinando e imprigionando centinaia dei suoi militanti. Il 14 marzo venne arrestato lo stesso Josè Antonio, il quale, dopo aver subito un processo sommario avvenuto nel carcere di Alicante, fu fucilato il 20 novembre 1936. Tutto ciò produsse quel fenomeno di rivolta che conosciamo con il nome di “el Alzamiento Nacional”. La data della fucilazione di Josè Antonio, < aveva incoronato con il comando unico e incontrastato, l’uomo che impersonò il sollevamento nazionale, che lo tradusse alla vittoria e che, dopo trentanove anni da quella data di morte di Josè Antonio, si sarebbe spento definitivamente sotto le volte auree della gloria politica e militare: Francisco Franco > (F. Pilotto, “Storia della Falange spagnola”). E Fu Francisco Franco, sostenuto da Italia e Germania, a guidare le forze militari che attuarono il colpo di Stato del 1 ottobre, creando il presupposto per la guerra civile.
< Con un decreto emanato nell’aprile 1937, il Generalissimo, così la propaganda definiva Franco, fondò la “Falange Espanola Tradizionalista de las Juntas de Offensiva Nacional Sindacalista (Falange Spagnola Tradizionalista delle Giunte di Offensiva Nazional-Sindacalista). > (G. Corni, Fascismo e Fascismi). Con la vittoria nella guerra civile, i falangisti promulgarono, sulla falsariga del Fascismo italiano, la Fuero del Trabaio (Carta del Lavoro), con la quale veniva realizzato l’antico ideale di uno Stato nazional-sindacalista di stampo lavorativo. Pertanto: < Corporazione e Partito unico segnarono non soltanto il sorgere e l’affermarsi di un nuovo tipo di Stato, ma ben si può dire di una nuova forma di civiltà (…). Accolti e adattati al suo ambiente e alle sue esigenze i principi fondamentali della rivoluzione mussoliniana, anche la Spagna è uno Stato fascista (…) > (“Storia della Falange spagnola”).
La Spagna che agli inizi del XVI Secolo era un grande potenza, tale da essere considerata il più grande impero della terra, con l’inizio del successivo secolo, entrò in fase di disagio finanziario e di ristagno economico. La corruzione, l’intrigo, il brigantaggio logoravano lo Stato. Una serie di sconfitte politiche e militari aggravavano sempre più la situazione e questa si protrasse per secoli, sino all’inizio del XX secolo, che vide una ancor più grave crisi economica e sociale nel 1917. La confusione politica, gli scioperi, gli attentati, la repressione poliziesca e militare era la costante nella vita spagnola. La crisi economica del ’29 accrebbe il malcontento. La nascita della Seconda Repubblica (re Alfonso XIII aveva abbandonato la Spagna) si accompagnò a sanguinose manifestazioni di anticlericalismo popolare (maggio 1931): furono incendiati monasteri, uccisi preti, confische sommarie di terre, saccheggi, scioperi generali. L’assassinio del leader Calvo Sotello ad opera di ufficiali di polizia (13/7/1936) fu la scintilla che scatenò il pronunciamento. Possiamo fissare la fine della guerra civile spagnola con la presa da parte del generale falangista di Madrid il 5 marzo 1939. Con l’avvento di Francisco Franco al governo, la Spagna entrò in una fase di sviluppo sociale e industriale, tanto che, ad esempio il tasso d’aumento dal piano di sviluppo 1964-67 fu superato: nel 1965, il reddito nazionale aumentò dell’8,2%, il più alto in Europa. Oggi, agli inizi del XXI Secolo la Spagna, con il ritorno del sistema democratico parlamentare, è sprofondata di nuovo in una crisi economica tale da ricordare gli anni più bui della sua storia. E questo è sotto gli occhi di tutti.
IN PORTOGALLO. La storia del Portogallo è, sotto moltissimi aspetti, simile a quella della Spagna. Quindi possiamo trasferirci direttamente al XX Secolo. Anche per questo Paese l’inizio di questo secolo fu costellato di violenze di ogni tipo, tanto che le risorse economiche del paese erano talmente debilitate che non si sapeva in quale maniera si potesse giungere a ristabilire un equilibrio almeno provvisorio. Questa fu la causa della < sollevazione del 28 maggio 1928 che suscitò al momento la quasi unanimità degli ufficiali contro la corruzione e la degenerazione della repubblica parlamentare > (S.J. Woolf, “Il Fascismo in Europa”). < Gli ufficiali vittoriosi avevano, è vero, in mano la forza, ma non erano certamente in grado di restaurare l’economia del paese e le finanze dello Stato. Fu allora che apparve alla ribalta Oliveira Salazar, professore di politica finanziaria all’Università di Coimbra che, non aveva mai fino ad allora fatto della politica >. Ma fu Salazar a concepire un’organizzazione politica denominata Uniao Nacional. < Così giungiamo al 1933, all’anno XI del Fascismo: la figura di Mussolini grandeggiava nel mondo, le idee fasciste varcano i confini, invadono l’Europa. Salazar con l’intuito politico che gli è proprio comprende quale è la via, ed ecco sorgere nello spirito dell’illuminato dittatore le direttive da imprimere all’Estado Novo (…). Così nel marzo del 1933 si arriva alla votazione plebiscitaria della nuova costituzione che stabilisce il rafforzamento del potere esecutivo ed introduce esplicitamente i primi germi corporativi > (G. Valentini, “Il corporativismo in Portogallo)”. < La dicitura di “Estrado Novo” voleva sicuramente ribadire la radicale rottura con il passato ed affermare la nuova idea corporativa, pilastro del regime salazariano ad imitazione del modello mussoliniano (…) > “(I Movimenti Fascisti Europei” di Manuel Negri). La rivoluzione portoghese, partita dalle forze nazionali più vive, ha battuto quelle stesse tracce segnate dal fascismo nella lotta contro i nemici comuni: la democrazia e il bolscevismo.
Poi, sotto la spinta della vittoria nel Secondo conflitto mondiale, le potenze capitaliste ripristinarono anche in Portogallo la democrazia parlamentare e anche la drammatica situazione economica di quel Paese è sotto gli occhi di tutti!
IN FRANCIA. Certamente questo Paese non si trova attualmente nella disastrosa situazione economica in cui vivono Spagna e Portogallo, tuttavia, come ha scritto Manuel Negri: < In nessuna nazione d’Europa è esistito un così elevato numero di partiti e di movimenti fascisti, in nessun paese il fascismo è stato un “affare” degli intellettuali come in Francia. Secondo lo storico Renè Remond i vari movimenti francesi discendono da un’imitazione di mera facciata dell’esempio italiano (…) >.
Il primo vero gruppo fu fondato nel 1925 da George Valois, un dissidente dell’Action Française, quindi possiamo ricordare, sempre originato dall’Action Française, il Parti Fasciste Rivolutionnaire, movimento fortemente socialrivoluzionario. Maggior successo lo ottenne il Francisme, fondato da Marcel Bucare nel 1933, né vanno dimenticate la Croix de Feu e il Fascism Vert di Henri d’Hallouin, nel 1933. Fu il Francisme, più di altri, a propagandare l’idea di un Fascismo internazionale. (Hans Werner Neulen, “L’Eurofascismo e la seconda guerra mondial”e). Infine, ma non ultimo, l’operazione condotta dal colonnello de la Nocque che integrò il movimento con gli affiliati dei Volontaires Nationaux. < L’avvento al potere del “Fronte Popolaire” (socialcomunisti, nda) significò il fallimento di de la Nocque, e infatti, da quel momento, il suo movimento entrò nella fase discendente. Una delle prime misure adottate dal nuovo governo fu la messa al bando della “Croix de Feu”, unitamente alla “Solidaritè Française” e alle “Jeunesses Patriotes” > (S.J. Wolf, “Il Fascismo in Europa”). Nel frattempo all’orizzonte spunta un nuovo partito < fondatore è Doriot, figlio di un fabbro, uno del popolo, uno che s’è fatto da sé, e che viene dalle rive del più acceso estremismo comunista > (N.N. Doriot, “Il solco fascista”). Tra le fila del Parti Popolaire Française si annoverano numerosi intellettuali, tra i quali ricordiamo le figure di Pierre Drieu La Rochelle (suicida il 15 marzo 1945), Robert Brasillach (fucilato a guerra finita per ordine di De Gaulle), Louis-Ferdinand Cèline, Alphonse De Chateaubriand, Abel Bonnard e Lucine Rebatet.
Tutte queste organizzazioni subirono ampie trasformazioni a seguito della sconfitta francese ad opera dell’Asse e della susseguente occupazione. Da ciò venne creato il governo di Vichy, guidato dal maresciallo Henri Pétain. Scrive S.J. Woolf nell’opera citata: < (…). Agli inizi il governo di Vichy ebbe l’autentico consenso delle masse popolari, non solamente perché sembrava cosa sensata schierarsi con chi sembrava essere il vincitore, ma anche perché diffusi erano la delusione e il disgusto verso un regime, quello della terza Repubblica ritenuto responsabile della sconfitta (…) >.
IN INGHILTERRA. Fare la storia del fenomeno Fascismo in Inghilterra è fare la storia di Sir Oswald Mosley, anche se di movimenti fascisti in Gran Bretagna se ne possono annoverare diversi, tra questi si può citare il British Fascists , creato in stretta sintonia con il modello italiano. La grave crisi economica che investì il mondo alla fine degli anni ’20, non risparmiò certo l’Inghilterra. Sir Oswald Mosley, proveniva dal Partito laburista che abbandonò, nel 1930. < Dopo le sue dimissioni, Mosley fondò subito un nuovo partito, il “New Party” che all’inizio era solo una corrente all’interno del Partito Laburista > (M. Bardeche, “I Fascismi sconosciuti”). Dopo l’ottobre del 1931, il New Party cessò di esistere. Nel gennaio 1932 Mosley partì per l’Italia con l’intento di studiare il movimento fascista italiano. Al ritorno in Inghilterra < anche gli uomini della “British Union of Fascists” iniziarono ad indossare la camicia nera. Mosley aggiungeva ora le condizioni politiche che gli apparivano inseparabili per una rinascita economica nazionale, come in Italia, lo Stato corporativo > (Manuel Negri, op. cit.). Lo stesso Mosley, scrivendo sulla rivista Gerarchia, sottolineò la fondamentale influenza italiana sul fascismo inglese. < Questo miglioramento in confronto alla prima esperienza dei movimenti fascisti è dovuto in gran parte alle realizzazioni del fascismo italiano inspirato dal genio dinamico del suo capo. Voi italiani avete reso la fede fascista famosa nel mondo, e per questo il mondo vi è debitore > (Oswald Mosley, “Il fascismo come fattore universale”). Sempre nello stesso articolo, Mosley puntualizza: < Il fascismo inglese deve differire grandemente dal fascismo italiano. Il fascismo è un credo nazionale, e gli inglesi sono un popolo molto insulare. Dobbiamo creare il nostro fascismo nella profonda carne e nel sangue dell’Inghilterra (…) >. Dalla metà degli anni ’30 al 1940 Mosley sottopose tutte le sue energie nell’intento di far trionfare una politica di pace che vedesse protagonista il fascismo.
Nel maggio del 1940, poco prima che l’Italia entrasse in guerra, la British Union of Fascists fu sciolta e sir Mosley arrestato. Dopo tre anni di prigionia fu liberato a novembre 1943.
NEGLI ALTRI PAESI RUROPEI. Svizzera: il Nazionale Front dello studente Vonwyl (1930). Belgio: Naco-national corporatismo di Charles Sauville. Il movimento fascista vallone fu fondato da un giovane di nome Léon Degrelle. Olanda: l’ingegnere Adrian Anton Mussert fondò, nel 1931 il National-Socialistiche-Beveging (NSB) che aveva come modello il Partito Nazionale Fascista. Lituania: il Lituvos Aidas è il giornale più diffuso nel paese e le sue tendenze di ammirazione per il movimento fascista italiano è ampiamente dimostrato. In Svezia, in Danimarca, e in Norvegia, dove Vidkun Quisling è il personaggio più noto dei fascisti nordici, tuttavia l’idea fascista ha guadagnato terreno soprattutto attraverso l’influenza hitleriana (Vidkun Quisling, a guerra finita, a ottobre 1945, per le sue idee politiche fu fucilato). Polonia: Un movimento ideologicamente vicino al fascismo fu il Partito Nazionale, fondato da Roman Dmowski. Finlandia: l’AKS (Akateeminen Karjala-Seura fu un movimento che prendeva a modello di rigenerazione nazionale l’Italia di Mussolini.
Prima del Secondo conflitto mondiale, l’idea fascista era in netta espansione, non solo in Europa, ma nel mondo. L’elenco sarà completato in appendice in un nostro volume di imminente pubblicazione.
 
Traiamo le conclusioni, dopo la caduta dei regimi fascisti, su quanto è accaduto e su quanto sta accadendo all’insegna del supercapitalismo. Come non riconoscerne la radiografia in queste parole di Benito Mussolini: < GIUNTO A QUESTA FASE IL SUPERCAPITALISMO TRAE LA SUA ASPIRAZIONE E LA SUA GIUSTIFICAZIONE DA QUESTA UTOPIA: L’UTOPIA DEI CONSUMI ILLIMITATI. L’IDEALE DEL SUPERCAPITALISMO SAREBBE LA STANDARDIZZAZIONE DEL GENERE UMANO DALLA CULLA ALLA BARA. IL SUPERCAPITALISMO VORREBBE CHE TUTTI GLI UOMINI NASCESSERO DELLA STESSA LUNGHEZZA, IN MODO CHE SI POTESSE FARE DELLE CULLE STANDARDIZZATE; VORREBBE CHE I BAMBINI DESIDERASSERO GLI STESSI GIOCATTOLI, CHE GLI UOMINI ANDASSERO VESTITI DELLA STESSA DIVISA, CHE LEGGESSERO TUTTI LO STESSO LIBRO, CHE FOSSERO TUTTI DEGLI STESSI GUSTI AL CINEMATOGRAFO, CHE TUTTI INFINE DESIDERASSERO UNA COSIDDETTA MACCHINA UTILITARIA.
QUESTO NON E’ UN CAPRICCIO, MA E’ NELLA LOGICA DELLE COSE, PERCHE’ SOLO IN QUESTO MODO IL SUPERCAPITALISMO PUO’ FARE I SUOI PIANI. >? ( Il Popolo d’Italia – 15 novembre 1933). E come non aggiungere la postilla che, tuttavia, il supercapitalismo periodicamente, con irruzioni repentine e violente nei mercati finanziari e nei commerci, distrugge le sicurezze conquistate dalle masse dei ceti medi e del proletariato? A pro di chi e di cosa? E cosa fa, cosa può fare l’impotente e succube democrazia parlamentare di fronte al potere annichilante della finanza sporca e dei suoi trucchi nei mercati, nelle emissioni nelle aste dei titoli spazzatura e nei mercati? Cominciate a chiedervelo, per favore.