Legge di Stabilità, fra giungla fiscale e ruberie legalizzate
Nel dedalo di modifiche ad aliquote, detrazioni e deduzioni, con l’introduzione del tetto di spesa e della franchigia, i già tartassati contribuenti italiani dovranno eseguire un gravoso esercizio di ragioneria per determinare come compilare il prossimo modello “Unico” o “730” e, in particolare, quanto pagare all’erario dello Stato. Infatti il taglio delle prime due aliquote Irpef (23% e 27%) di un punto percentuale, inserito nel disegno della nuova “Legge di Stabilità”, consente uno “sconto” sull’Irpef di 280 euro a chi dichiara un reddito imponibile superiore a 28000 €, ma per chi ha un reddito inferiore a tale importo lo “sconto” sarà ridotto in proporzione. Quest’agevolazione rischia, oltretutto, di essere vanificata dalla franchigia di 250 euro (esclusa solo nel caso di redditi inferiori a 15000 €) sulla maggior parte delle detrazioni (sconto sull’imposta lorda, ad es. per spese mediche, istruzione, palestre e versamenti ONLUS) e delle deduzioni (riduzione della base imponibile in ragione degli importi versati per assicurazioni vita, pensioni integrative, quota SSN su RCA, assegni di mantenimento e, soprattutto, interessi su rate mutui). Peraltro, prevedendo la retroattività del taglio delle deduzioni fiscali, tale provvedimento viola lo Statuto del Contribuente. L’entità massima della detrazione, inoltre, avrà un tetto di 3000 €, corrispondente a una spesa massima totale inferiore ai 16.000 euro, considerando un’aliquota di detrazione pari al 19%, fatte salve le spese sanitarie e le ristrutturazioni. Se si considera anche il previsto famigerato aumento dell’IVA dal 21 al 22%, causa primaria di riduzione dei consumi, della crescita, della produzione, dell’occupazione e, in una parola, di recessione, si comprende come tale provvedimento partorito in notturna dal Consiglio dei Ministri presieduto da Monti, va a peggiorare la situazione delle famiglie meno abbienti e più numerose, come se si fosse avvertito il bisogno di limitare la crescita demografica disincentivando la natalità. Non sapendo dove prendere i 12 miliardi di euro della “manovra finanziaria” si è scelta la strada peggiore, quando ancora continuano le inchieste giudiziarie che travolgono quasi tutte le Regioni d’Italia, per ultima (solo in termini temporali) quella che ha portato all’arresto dell’assessore lombardo alle politiche abitative, “Mimmo” Domenico Zambetti del PdL, per le sue presunte collusioni con la ‘ndrangheta e voto di scambio, inducendo il Presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, all’azzeramento della giunta regionale del Pirellone. Visto anche che gli fa compagnia Filippo Penati, già Presidente della Provincia di Milano e ora consigliere regionale del PD, rinviato a giudizio per le tangenti sulla riqualificazione dell’ex Area Falck di Sesto San Giovanni (ora sono tredici fra giunta e consiglio gli indagati dall’inizio della legislatura nel 2010), ritenere la Lombardia “un modello di eccellenza in Italia”, come ha recitato Maroni, appare una frase inopportuna, specie se proveniente da quella Lega di Bossi padre e figliuolo “Trota” che qualche peccatuccio hanno da farsi perdonare. Lo dice un romano orgoglioso della sua “Romanità”, ma che prova disgusto per il fango gettato sulla Città Eterna e sul Lazio da amministratori incapaci, incompetenti, quando non anche disonesti, dai Municipi fino al massimo consesso regionale. Perché i soldi non vengono presi da chi li ha rubati? Un’intera classe politica che comprende tutti gli schieramenti, di qualsiasi colore siano, è colpevole e responsabile di questo disastro economico, sia per aver sottratto indebitamente enormi risorse finanziarie, sia per aver fornito un pessimo esempio a tutti i livelli dalle ASL, ai Comuni, alle Provincie, alle Regioni fino ai massimi ambiti istituzionali, sia per aver fatto tutto tranne che difendere i diritti e gli interessi dei milioni di cittadini che li hanno eletti, certamente non per vedersi ingannati e gabbati in questo modo. Una forte presa di coscienza e un cambio drastico di mentalità sono improrogabilmente e urgentemente necessari. Ora gli Italiani sanno, almeno, per chi non votare; possibilità alternative ci sono: basta volerle cercare e saperle costruire con onestà, dedizione e rispetto del prossimo.