06 Febbraio 2012
Domenico Cambareri
Alfonso, ti scrivo soltanto adesso. Sei troppo affaccendato? Leggimi quando puoi
Aveva raggiunto l’apice della magistratura in qualità di presidente di sezione della Cassazione senza mai abbandonare un modello di vita semplice e un rapporto diretto e immediato con le persone. – Fu sempre mosso da interessi plurimi e la sua effervescenza e creatività culturali si riversarono nei campi dell’arte con una produzione originale, anche qui senza mai cercare certe “vie maestre” per conseguire la strada della notorietà e del successo. – Ininterrotte anche le sue ricerche sino alla fine e la sua promozione dello sperimentalismo poetico.
Caro Alfonso,
non so se, a distanza di trenta giorni, i tuoi figli abbiano disattivato o meno la tua posta elettronica. Tuttavia, ad ogni buon conto, provvedo ad inoltrarti egualmente via e-mail questa mia lettera e a pubblicarla, sicuro che tu mi ascolti indipendentemente dalla copia telematica e da quelle cartacee. Oltre la soglia della teoria del cenere muto.
Ho saputo della tua dipartita alcuni giorni dopo, da un comune amico, Tony, il quale lo aveva appreso per puro caso leggendo un manifesto mortuario. Dopo due settimane circa, ho avuto l’opportunità di parlare con Rino, il quale mi ha informato sugli ultimi giorni di questa tua vita terrena e su una tua importante affermazione.
Mi sono ripromesso più e più volte di scriverti, ma tutto un insieme di faccende che impegnano spesso la vita quotidiana ( mi accorgo che essa mi vola in un battibaleno, come mai prima) non me l’hanno consentito; o meglio, non mi hanno lasciato la possibilità di godere di alcuni attimi di sospensione, di distacco per farlo così con la dovuta serenità d’animo.
Ciò mi era accaduto anche prima della tua dipartita, quando, dopo il nostro ultimo colloquio telefonico della seconda metà di novembre, ti avevo richiamato, solo a dicembre inoltrato, senza successo.
Se lo ricordi, la nostra telefonata ci aveva visto anche parlare su parte di quanto mi avevi scritto come tuo riscontro all’invio del mio ultimo e-mail, con cui ti informavo che la Commissione Medica militare di 2^ istanza mi aveva collocato a riposo per la MCS il 29 ottobre 2012 e che in precedenza nella causa che mi oppone formalmente all’istituzione in cui ho lavorato ma sostanzialmente all’individuo che la legge consente di schermarcisi dietro, il medico CTU del giudice del lavoro aveva accolto nella perizia tutte le mie richieste.
Ricordi cosa mi avevi scritto all’inizio della tua, nell’apprendere queste positive e importanti novità per me: << innanzitutto gioire!!! Gioire col senso pieno della vittoria e senza cedimenti, perdoni, ecc. Io sono per la vendetta intellettuale in tutti i sensi. >> Si, giacché tu avevi seguito quasi passo passo la vergogna delle vicende in cui mi ero venuto a trovare coinvolto per le mene di un tristo e losco individuo che aveva tentato di tutto pur di rovinarmi. E ciò, soltanto perché non gli avevo consentito di abusare delle leggi, del suo ruolo e di angheriare a dritta e manca quei professionisti pubblici che osavano opporsi ai suoi metodi e al suo “relazionarsi”. Il mio agire, come sai, lo avevo anche in questi casi improntato alla più completa aderenza e alla sintonia interiore con Socrate e con Kant. Il senso del dovere inteso quale demarcazione netta nell’agire e quale insopprimibile fonte di civile coscienza e di libertà.
In riferimento a tutte queste vicissitudini che hanno costellato la mia vita per tutto il 2011 e il 2012 in modo martellante,come ben ricordavi nelle poche occasioni in cui ci siamo parlati, dopo diversi mesi di rinvii, la scorsa settimana mi sono deciso a presentare la richiesta del casellario giudiziario e dei carichi pendenti, certificati che proprio oggi ho ritirato. Non risulta alcunché. Ciò significa che le procure di Roma e di Latina hanno archiviato la denuncia per diffamazione intentata dal tristo individuo e la trasmissione degli atti per avere io utilizzato lunghi periodi di malattia per causa di servizio (!) ? Pare di no, tu insegni ad un ignorantone come me in queste cose: ci possono essere ancora indagini in corso e cartelle aperte. Ma che finalmente si decidano gli interessati ad arrivare a conclusioni e a non lasciare appesi alla parete o impilati tra centinaia di altri dossier questi procedimenti. D’altronde, su questa presunzione di essersi sostituito con insuperabile arroganza e senso di impunità alle autorità mediche competenti, il tristo individuo spero che abbia a pagare il fio della giustizia in un futuro non lontano, assieme alle nefandezze morali e professionali contestuali, antecedenti e successive da lui compiute con un grado di sistematicità incredibile, che dà l’indice di quanto degradato se non aberrante fosse l’abuso perpetrato nel tempo a danno dell’Istituzione che rappresentava, dello Stato e delle persone che ne sono state vittime. Ben hai conosciuto gli uomini e l’animo umano rispetto a me e ben sai come simile progenie di individui abbia anche la peculiarità di essere insuperabile adulatrice e di non avere riserve di ordine morale, men che mai di coltivare rimorsi di ordine morale.
Non mi dilungo sui silenzi e sulle sottaciute e più che presumibili coperture dell’apparato burocratico. Silenzi e coperture che proprio darebbero il senso di una condizione di scellerata complicità nell’amorale adagio del lasciar fare con il far finta di non sentire, non leggere e non sapere e poi per di più destreggiarsi nell’equivocare e nell’omettere. E nel chiudere i cassetti, indifferenti alla ricerca della verità dei fatti e dei danni che sotto le più diverse forme si procuravano ad altri, abusando, se non sbaglio, delle proprie funzioni e delle responsabilità che ne discendono, nell’altrettanta scellerata convinzione che poi con il tempo tutto si lascia cadere in preda all’oblio. E sulla valutazione che consegue su tutto ciò. Alla faccia di una parola-guida irrisa e mortificata: deontologia. E nel pieno dileggio delle leggi che si dovrebbero garantire con le corrette applicazioni, verifiche, ispezioni.
Di una cosa sono certo, e cioè che giammai questo tristo individuo, chi pascendo ha voluto soggiacergli pretermettendo la propria deontologia e la propria coscienza tanto da articolare un quadro di connivenza quantomeno morale, e chi dell’apparato burocratico lo avrebbe coperto potranno mai ridarmi i giorni e i mesi che in maniera così vigliacca mi hanno sottratto.
Torniamo però più da presso a noi, al di là delle tantissime diversità che ci caratterizzavano nell’ambito delle valutazioni delle ideologie, del politico e della storia contemporanea italiana, cose che di fronte a quelle di cui andremo adesso a discorrere hanno pochissimo rilievo.
Mi avevi riconfermato la gravità del tuo quadro clinico, accentuata in parte dall’età; non di meno, coglievo immediatamente come la tua voglia di vivere, la vividezza dei tuoi interessi e delle tue passioni negli studi (in ultimo, su Quintiliano) e in ogni altro campo non scemassero e volessero dare buon filo da torcere alle inappellabili leggi della biologia.
Adesso, anche se come coscienza in un corpo vivente non sei più, possiamo tornare ad affrontare in modo sereno e non pressati dalle circostanze opprimenti della quotidianità a cui sei stato del tutto sottratto, delle considerazioni su cui più volte ci eravamo soffermati a dibattere. In questo dialogo, posso parlare solo io, ma sono convinto che mi ascolti e che starai formulando le tue risposte, forse non più le tue obiezioni, in un tuo più ricco e originale intreccio discorsivo. A meno che tu al momento non sia già troppo impegnato in altre ben più pressanti cose “da fare”.
Infatti, spero anche che in questi frangenti del percorso del post mortem tu abbia superato o stia superando via via le “prove”, i cimenti di cui ci parlano remoti retaggi tradizionali, come il Bardo Thodol tibetano e il libro egizio dei morti. Che tu le superi, ne ho contezza, al di là dalla speranza. E che oltre la soglia della vita vi sia qualcosa di molto diverso rispetto alle rappresentazioni fissate dal folklore religioso delle più diverse eredità cultuali, non lo posso mettere in dubbio. Quantomeno perché questa realtà rappresenta una condizione di superamento delle molteplici, sterminate contraddizioni dei retaggi fideistici.
Esse, queste due opere, sono l‘esplicazione, più che di credenze (questo aspetto è solo la parte relativa alla trasmissione meramente ricettiva all’interno del serbatoio fideistico -temporale, ossia religioso, dei più), di contenuti conoscitivi ed “esperenziali” ancora più antichi di individui particolari e di condizioni non meno particolari – quantomeno riferite all’oggi delle età storiche -, che la dicono lunga sulla reale complessità della natura della psiche e dell’intelletto umani. E non solo sulla natura degli uomini. Non so se e dove potrà giungere lo sviluppo della scienza nell’esplorare e diradare in queste direzioni (temporalmente, anche quelle antiche e remote) le ombre che ci sovrastano sulla natura e la funzione del cervello in tutte le sue parti, e non di meno di quelle del cuore, e su come esse si siano potute trasformare in archi temporale per noi difficilmente concepibili e su cosa esse significhino al quid che vi si cela.
Ovviamente, come non più qui e nelle ordinarie condizioni dei viventi di questa umanità, tu oggi hai possibilità radicalmente diverse per depurare e sublimizzare i contenuti più avvertiti dalla tua coscienza in merito a questi problemi liminali che condensavi nella definizione che davi di te stesso: << scettico illuminato >>.
Spero che ti ricorderai che ebbi a dirti come uno degli intellettuali d’area anglosassone di rinomanza internazionale, Artur Koestler (particolari più precisi: per i franchisti, fu un agente segreto comunista agli ordini di Mosca nella guerra di Spagna, era ungherese di nascita e ebreo per parte di padre e di madre; dopo la crisi interiore scatenata dalle purghe staliniane – il romanzo “Buio a mezzogiorno “ ne segnò indicativamente il momento – scelse definitivamente l’Occidente in cui già viveva e lavorava dopo la prima esperienza sionista in Palestina, e si trasferì da Parigi a Londra sino alla drammatica morte che si dette con la terza moglie nel 1983 a causa delle inguaribili malattie, era anche sostenitore dell’eutanasia) abbia avuto modo di approfondire con altri illustri esponenti della cultura inglese questi temi, strettamente connessi a quelli della realtà dei fenomeni delle percezioni extrasensoriali, per tanti anni, con un’apertura di orizzonti e un apparato filosofico e scientifico davvero inimitabili. Non di meno, sempre nel mondo culturale inglese, soprattutto in riferimento alla civiltà classica, questi temi sono stati affrontati con sagacia e finezza esemplari da Eric R. Dodds (da me citato nella mia recensione al tuo “Serveto”). Non di meno, ha affrontato temi di tale natura in importanti opere un grande studioso francese di origine israelitica come Koestler, il francese J. P. Vernant. In ultimo, tra i tantissimi nomi che si potrebbero qui citare, un italiano, anch’egli di origini israelitiche, Mario Pincherle, che ti ha preceduto di circa due mesi nel transito dalla vita terrena, ha fornito prospezioni non solo di natura interpretativa nel campo archeologico, religioso e filosofico e sui temi di cui stiamo discorrendo che lasciano disorientati, perplessi o ancora … più prevenuti molti esponenti della cultura “accademicamente” accreditata.
La cultura laica, dunque, con i semplici riferimenti appena addotti, ha dato dimostrazione ad abundantiam di come aspetti così centrali nella realtà della natura umana siano stati affrontati nei nostri giorni senza prevenzioni e senza se. La cultura, la grande cultura, anzi, ha sviluppato modelli di analisi della comprensione dei problemi davvero importanti, e dimostra che non abbandona la ricerca e non lascia il campo alle interpretazioni teologiche di questa o di quest’altra fede. Davanti a tutto ciò, il materialismo e l’ateo-materialismo in qualsiasi salsa e versione raffinata degli ultimi tre secoli della cultura occidentale risultano qualcosa non di infantile ma di rozzo, una “fede” superstiziosa spesso frutto di prevenzione del tutto irrazionale. Le fedi religiose occidentali (non nelle loro origini) istituzionalizzate invece rappresentano solo un aspetto di sopravvivenza superstiziosa quale espressione di un perdurante blocco spirituale che non riesce ad estrinsecarsi se non secondo moduli e concezioni che ne marcano in modo netto l’arresto allo sviluppo psicologico tipico dell’infanzia. Una ragione e uno spirito di civiltà per lunghi secoli quasi interamente circuiti da cliché indissolubili di devozionalità emozionale e dalla permanente paura indotta dal promiscuo modello catartico escatologico in cui le punizioni del padre, che appellano allo stesso tempo infinito amore i cristiani e legge gli israeliti, rivestono un ruolo assolutamente centrale. Su ciò a me pare comunque che si sia davanti a una costante storica e metastorica, giacché le religioni condensano con un linguaggio esemplificato ed emozionalmente accessibile e “gratificante”, in virtù degli archetipi che ci fanno vivere ed operare, le vie aperte dall’attività del logos.
In questo contesto, nella sua amplificazione filosofica, non posso che constatare con grande interesse come il maggiore filosofo italiano, Emanuele Severino, sia passato dall’interpretazione nichilistica della cultura indoeuropea ad una prospettiva di convinta e conclusiva affermazione dell’immortalità dell’essenza delle cose. Senza nessun ritorno di fiamma alla concezione fideistica cattolica e nel proseguimento, così assolutamente rinnovato, dell’indistruttibile eredità ellenica.
Non posso anche e doverosamente constatare come perduri immensa la distanza che ci separa dalla sapienza orientale, e di come nulla faccia l’alta e al tempo stesso tarda e immatura cultura occidentale contemporanea (totalmente inclusa sino ad oggi tra Eraclito, pitagorici, Parmenide, Socrate, Platone, Aristotele, Plotino) per cercare di abbeverarsi alla lettura di Buddha, il quale ci rivela universi di pensiero affatto inimmaginabili. Ci sono sì degli eccezionali punti di rottura, come ebbi a dirti, come ad esempio quello costituito dal pensiero leibniziano, che in questa direzione pare che sia stato poco compreso. E cadono nel nulla le sciocchezze della più crassa contraddizione di una stolta apologetica come ad esempio quella di Blais Pascal, a proposito della “scommessa”.
Non so, non sappiamo quale sia l’eventuale strutturazione e quali siano quindi i livelli e le articolazioni di questo o di questi oltre mondo, che siamo soliti chiamare paradiso, secondo una definizione più generica che generale e inadeguatamente onnicomprensiva, derivata da un termine persiano e indoeuropeo, come l’archetipo delle ali degli angeli. E non sappiamo perché le esperienze di chi è caduto in stati di morte apparente, pre morte, n.d.e. (near death experience),e le prove riscontrate in ambito parapsicologico o dell’ e.s.p. possano indurci a crederle e a recepirle acriticamente, vista la loro eccezionale, incontenibile potenza plastica, che agisce in maniera fulminea nella nostra sfera cosciente e nel nostro subcosciente, ad eccezione – forse, ma proprio forse – di quelle di chi manifesta una coriacea posizione di scetticismo illuminato. Esse d’altronde costituiscono un insieme di “materiali di riferimento” ineliminabili, insottacibili di fronte a cui ci dovremo porre innanzitutto in maniera sempre più adeguata, fin dove risulterà possibile alle nostre capacità. Esse, compresi i molteplici riferimenti antichi e meno antichi hanno un concentrato concettuale portentoso e di enorme potenza iconica nei quadri in apparenza enigmatici ma al tempo stesso maieutici, di pedagogia dell’anima, di Jeronymus Bosch, in particolare quello del tunnel di luce entro cui vengono fatte passare le anime accompagnate da angeli psicopompi.
Tu intorno a queste cose potresti dirmi e dirci forse già molto di più, con le tue prime esperienze del post mortem in cui stai a vivere. Lì, in questa realtà, non so se già avrai incontrato intelletti con cui confrontarti e più o meno definitivamente arricchirti, rendendo ancora più traslucido l’illuminismo scettico che ti ha nutrito e che ambiva conoscere oltre il limite dell’orto dell’albero e della mela. Avrai forse potuto comprendere il significato dell’esperienza di pre morte avuta dal neurochirurgo Eben Alexander e da altre persone, e quanto ad esempio il cardiologo Pim Van Lommel è venuto a raccogliere di dati e su come li ha interpretati. Noi, qui, rimaniamo sempre al di qua della faccia dello specchio, parafrasando il geniale fondatore dell’etologia K.Lorenz, tu ora sei al di là: l’al di là che sta a base della stessa realtà della nostra biologia e della natura che nel suo grado più generale chiamiamo fisica (beneficamente dissezionata già da un secolo dagli empirocriticisti e convenzionalisti, ma quanto è gramo e irrisolutivo ogni passo, ogni conquista, per quanto geniale! ). Avrai, soprattutto, forse avuto i primi barlumi di conoscenza su ciò che qui chiamiamo dio e dei, e che con il pensiero rettificato dall’inesausta ma non autodistruttiva ricerca tendiamo poi ad appellare principio primo o dio dei filosofi. Il principio che pure unifica esperienze linguaggi e prospettive apparentemente diverse, che i mistici ad esempio vengono a “sperimentare” entro modelli che presentano “strane” corrispondenze: il loro estraniamento, il loro spaesamento, il loro particolare incantamento tuttavia rimangono affatto diversi dalle fallaci e “cliniche” corrispondenze con gli stati psicopatologici. Un contesto siffatto tuttavia presenta snodi e vicoli ciechi da parte nostra non esplorabili, visto che anche in esso sono accaduti fenomeni e fatti dalle conseguenze distruttive, sin da prima dei tempi delle pitonesse elleniche e delle legioni dei profeti giudei sulla falsariga dei sovrani mesopotamici ed egizi, o dei sacerdoti maghi di Persia e d’India.
Sui sogni. Tralasciamo l’immensa mole di testimonianze antiche e i riferimenti a Freud e Jung. A differenza di Roger Caillois, che ritenne che i sogni siano mero caos e decostruzione integrale della realtà, io penso che vi siano non solo diverse tipologie di sogno, compresa quella che lui assolutizza, e che vi sono quelli in cui, all’estremo opposto, una lucida attività razionale si prolunga dallo stato di veglia in un apposito e talora ricercato “spazio” tra sonno e sogno. Vi sono altri sogni in cui il corpo o un suo organo, in particolare il cuore, si manifesta con linguaggi estremamente diversi, da quelli in apparenza e simbolici e da decriptare (è spesso il corpo a fornire all’improvviso la chiave) a quelli che si dispiegano con ragionamenti e vere e proprie strutture razionali complesse per comunicare alla mente suoi stati particolari, ad esempio di sofferenza e di dolore; e altre tipologie ancora. Vi sono ancora stati particolari di sogni, eccezionalmente sospesi e liberatori, con cui si realizza l’esperienza e la coscienza del volo da parte della psiche (o di essa con il corpo astrale) e della sua separazione dal corpo e il ritorno in esso. Di questi sogni, io ho avuto ripetute condizioni di diretta, “lucida” (a posteriori) e confermativa esperienza nel corso della mia vita, ma mai li ho trascritti, anche per mezzo di ricostruzioni parziali, perché nel momento in cui cercavo di farlo … immediatamente mi si dileguavano le immagini, i ragionamenti nel loro intricato sviluppo logico e i contesti che ancora conservavo in maniera parzialmente cosciente nella mente. I sogni e i sognatori che giocano i numeri le parole e le immagini da tempi immemorabili attraverso codificati “traduttori” non mi sono mai interessati, tuttavia anche essi costituiscono dei punti di riferimento non ignorabili per un a ricerca senza prevenzioni. I sogni così testimoniano come moltitudini incalcolabili di esseri umani nel passato e nel presente sono vissute e vivono seguendo un vero e proprio calendario onirico con tutti i cifrari ad esso connessi, spesso regolandovi anche la vita quotidiana. Un aspetto di rilevantissima importanza in tutto ciò è dato dal fatto, clamoroso quanto usuale, che molte di queste persone cultrici dei sogni e dei loro significati collegano direttamente l’attività onirica spesso appositamente cercata e stimolata al culto dei morti e all’attesa di comunicazioni (attese richieste, invocate) da parte di essi. Tutto un insieme di altri e diversi e spesso connessi riferimenti che ci porterebbe più lontano, verso forme più evanescenti di riferimenti, come le evocazioni e lo spiritismo, il mesmerismo etc. Quanto dunque è inesauribile questo contenitore delle molteplici stanze e degli sterminati riferimenti! E quanto vi è di vero in esso?! In tal senso, tu starai già usufruendo o per usufruire di condizioni affatto diverse da quelle della vita terrena, biopsichica, spazio-temporale e pertanto potresti essere in grado di dire di quali conoscenze è venuta a capo la ricerca di uno scettico illuminato. Non dico che avrai la possibilità (peraltro, se dipenderà da una sfera volitiva ancora attiva nella sua autonoma) di potermi comunicare qualcosa nel merito.
Posso avanzare, in riferimento a questo tuo stato del primo post mortem che non sarà quello del cenere muto, l’analogia con l’incessante, strabiliante, inesauribile ricchezza che ci dischiudono le ricerche in campo microbiologico, astronomico e nucleare. Le fantasmagorie della conoscenza ti si dipanano sotto nuova luce e con incommensurabili proporzioni? Quanto esse ti stimolano ancora di più nel porre domande per ulteriori indicibili appagamenti? Quanto la luce della rosa mistica irraggerà la tua mente e come farà volgere le cifre invisibili del karma?
Certo, hai ormai un vantaggio oggettivo, come i sapienti hanno sempre sostenuto. Stai nelle condizioni in cui i limiti non sussistono più, mentre io qui permango ancora con gli altri nel discorrere e nel porre interrogativi su certezze che si possono solo presagire e agognare o sottoporre a corretta critica, attenta e indefessa. Su queste cose intorno alle quali non potremo direttamente più conversare. Spero che tu ben accolga questo mio invito a un’ulteriore discussione, pur rendendomi conto di quanto tu adesso mi stia ascoltando, senza che, da caro amico, possano le mie orecchie udire ciò che non possono udire e senza poter superare i limiti a cui la colomba kantiana soggiace nel suo volo. Salvo, chissà, qualche cifrato messaggio onirico.
Per intanto e per sempre, buon viaggio di conoscenze, di pace e di realizzazione, Alfonso, nella felicità condivisa con Quintiliano e le sue declamazioni, ultimo tuo lavoro che mi manca, immortali le sue parole di saggezza. Buon viaggio in ciò che chiamiamo le Valli celesti, oltre gli iperspazi delle realtà fisiche.
Tu giocosamente tante vote ci scherzavi su nei tuoi motteggi, eppure con i tre punti pitagorici desidero salutarti. Spero che adesso lietamente tu ne convenga. Chissà se anche su questo e sul suono cosmico avrai qualcosa da potere non allusivamente farmi avere qualche messaggio. Anche attraverso le vette dell’Himalaya. Ultima cosa. Se dovessi ivi incontrare Alexandra David-Néel, Mircea Eliade, Georges Dumézil, salutali caramente. Come gli altri personaggi su cui ci siamo trovati più volte a discorrere.
Nico.
Alfonso
domenica 4 dicembre 2011 12.28
Carissimo NIco
Ho letto la tua impegnatissima e profonda recensione. Partendo da Serveto hai messo a punto buona parte della mia poesia. Ho apprezzato molto la sincerità e l’acume di certi spunti, senza remore, anche per quanto concerne il mio “ateismo”. Ma devo dirti che questa è una parola di comodo nei confronti dei credenti che definiscono ateo anche chi dubita. In effetti la mia posizione di fronte ai problemi della trascendenza è quello di uno scettico illuminato che rimane atterrito al cospetto del mistero dell’universo. Non affermo e non nego nulla di certo, eccetto che scienza (cioè ragione) e fede sono irrimediabilmente inconciliabili. Quindi non posso essere definito dogmatico.
Con profonda ammirazione per le tue capacità di muoverti nella “cultura”, ti ringrazio di cuore e ti auguro il massimo miglioramento possibile quanto alla tua allergia.
A presto
Alfonso