Elezioni. Il parassitismo e l’impolitica dei partiti, la crisi, l’incertezza del domani

11 Febbraio 2012

Mino Mini

 

NESSUNO, NESSUNO, NESSUNO

PARALLELISMI

 

Quando questo scritto verrà pubblicato nella sua versione cartacea su Il Borghese, il rito elettorale sarà, ormai, concluso grazie a Dio. Sapremo finalmente di che morte, il nostro popolo inebetito dalla propaganda mediatica, avrà scelto di morire. Sarà per il parassitismo della casta di politicanti – nazionali ed europei – che si farà succhiare l’ultima goccia di sangue, alla stregua di una stremata carcassa di un povero cane infestata da pulci e zecche, oppure sarà per l’insipienza della stessa casta, per essere in toto venduto al capitale internazionale che vuole mantenere il “valore degli investimenti” finanziari impegnati in Italia?
Sembra di rivivere le vicende drammatiche della repubblica di Weimar degli anni 1930-1932 sotto il cancellierato liberista di Heinrich Brüning. La Germania fino al 1929 aveva vissuto – Die Goldener Zwanziger – i dorati anni Venti uscendo dall’incubo della Grande Inflazione (1924) e dopando l’economia con capitali esteri caricandosi il peso di interessi che andavano ad aggiungersi agli oneri delle riparazioni di guerra a seguito della sconfitta subita nella prima guerra mondiale. Allo scoppio della famosa crisi del ’2 9 – la Grande Depressione – la Germania, da un giorno all’altro, rimase a secco di capitali americani e Brüning, nominato cancelliere, si trovò nella necessità di liberare l’economia tedesca dal peso dei debiti. Da perfetto liberale propose di attuare una feroce stretta creditizia e un rollback di tutti i salari e stipendi ovvero un ritorno ad un più basso livello degli stessi. Bocciata la proposta dal Reichstag, il presidente Hindenburg, aggirando il parlamento con un decreto presidenziale – Notverordnung – mise Brüning nella condizione di attuare una forma di governo da lui stesso definita “democrazia autoritaria”. Il parallelismo fra la coppia von Hindenburg – Brüning e quella Napolitano – Monti, al di la di aspetti formali, è evidente. Altrettanto evidente risulta, nella sostanza, il parallelismo fra la “democrazia autoritaria” di Brüning e il “governo del presidente” di Monti. Sia il cancelliere tedesco che l’omologo italiano hanno perseguito la stessa politica di “austerità e rigore”, di tagli di bilancio, di deflazione, di riduzione del costo del lavoro, di salvataggio delle banche applicando la mano visibile dello Stato, di salvataggio degli interessi dei grandi investitori internazionali, ottenendo di far aumentare il numero dei disoccupati, di eliminare le imprese, di impoverire il ceto medio, di incrementare il numero dei suicidi.
Il parallelismo, però, si ferma qui.
In Italia, come è stato detto, non ci sono birrerie, come in Germania, dove arringare le folle contro il disfacimento democratico. Non c’è nemmeno la corrusca luce de la revanche.
Da noi la tragedia di Weimar, replicata un’ottantina di anni dopo, vira in farsa: un comico miliardario lascia le scene per scendere in strada a recitare da Masaniello contro la casta dei politicanti inalberando l’insegna del turpiloquio; un altro comico -miliardario anche lui – sgambetta invece sulle scene per esaltare la Costituzione che legittima l’esistenza della stessa casta.
Ma nessuno ride più : le imprese falliscono al ritmo di mille al mese ( tremila nei primi tre mesi del 2012 ); un’ondata di disperazione alimentata dal fisco si abbatte sulla nostra nazione lasciando, come residuo, sessanta suicidi nell’arco di tre mesi e la marea montante della disoccupazione (2.875.000 unità) trascina alla deriva un’altra scia di suicidi che si susseguono al ritmo di uno al giorno ( Brescia Today – Economia). La povertà dilaga, come rivela la Croce Rossa, ma l’esercito di disperati che, ridotti senza tetto si riversano nelle strade, si vergognano della loro nuova condizione, cercano di non esibirla e quindi non si ribellano. Si lasciano morire tra l’indifferenza dei cittadini come a Napoli il 22 gennaio scorso: nella centralissima galleria Umberto I° un barbone viene trovato morto sotto una coperta al ridosso di un lato del plinto che fa da base ad una colonna; dall’altro lato, ad un tavolino del caffé Vittoria, due persone indifferenti a tutto degustano una bevanda. Due aspetti del degrado urbano e4 del vivere civile plasticamente resi da una foto sul giornale: quello dell’emarginazione della persona a causa della povertà e quello dell’autoemarginazione nell’indifferenza da parte degli avventori del caffé.
La campagna elettorale che si sta chiudendo non si è interessata del degrado della vita nazionale, del degrado delle città e di quello del territorio. Si è interessata dell’IMU , della sua restituzione, della sua abolizione, della riduzione delle tasse. Abbiamo assistito ad una farsesca rincorsa a chi le sparava più grosse, a chi abbracciava teneramente cagnolini, a chi minacciava di sbranare chiunque avesse scoperchiato il vaso di Pandora del Monte dei Paschi ma NESSUNO che abbia parlato di politica economica, di come stimolare la ricerca per innovare il sistema di produzione di ricchezza mediante imprese di nuova concezione. NESSUNO che abbia illustrato un programma di rivendicazione della sovranità monetaria, politica, militare e abbia detto come riportare i nostri marò in patria riscattando la nostra dignità internazionale. NESSUNO che abbia avuto in programma di estromettere la Goldman Sachs e altre simili organizzazioni dalla nostra economia. NESSUNO, salvo CasaPound, che abbia messo in programma una politica di edilizia residenziale sociale e di infrastrutturazione del nostro territorio proiettata a rendere la nostra penisola il polo geopolitico del Mediterraneo.
NESSUNO che abbia promesso di togliersi dai cosioni.