Riprendiamo il nostro impegno volto alla elaborazione di proposte, in prospettiva futura, per un “radicale cambiamento istituzionale e costituzionale” che ci ha portati verso la formulazione, su queste pagine, del Magister urbis (Febbraio 2011) e del Magister territorii (Dicembre 2012) nonché a perorare le Ragioni contro le Regioni ( Novembre 2012). Questa volta si tratta di un invito a ragionare su una proposta riguardante una magistratura delle opere pubbliche (OO.PP. in sigla). A scanso equivoci, abbiamo utilizzato un’antica denominazione latina del 367 a.c.- aediles curules – per far capire come la struttura che ci accingiamo a presentare nulla abbia a che fare con ciò che si intende, oggi, per magistratura.
Da dove nasce l’esigenza di dar vita ad una magistratura delle OO.PP.? Dal fatto che lo Stato, nelle sue espressioni locali, si rivela incapace di controllare che il flusso di denaro dei cittadini stanziato per le OO.PP. si concretizzi effettivamente in edifici, ponti, strade, bonifiche etc. etc. rispondenti, in termini di efficacia e di benefici, alle esigenze di chi paga per averle.
Un esempio recentissimo illumina, meglio di ogni dissertazione, il problema dell’incapacità denunciata: i tram di Palermo – diciotto vagoni Bombardier del costo di 21 milioni di euro – acquistati e “messi in naftalina” perché non possono circolare per mancanza di binari. La vicenda è surreale. Con i finanziamenti dello Stato, della Regione e dei fondi europei erano stati appaltati dal Comune, attraverso l’Amat – azienda municipalizzata dei trasporti – lavori per la realizzazione di tre linee tranviarie di trasporto urbano per un importo lavori di 216 milioni di euro. Messi in opera i due terzi dei binari, i lavori si sono fermati perché la progettazione era incompleta. Addirittura era stata “dimenticata”, tra le altre cose, l’esistenza del fiume-fogna Oreto di cui avrebbe dovuto essere progettato l’attraversamento mediante un ponte.
Con la solita prassi truffaldina, è stata elaborata una variante in corso d’opera che il Comune ha accettato, senza prima farsi autorizzare dalla Corte dei Conti l’impegno finanziario relativo che ammonta – per ora – a 89 milioni.
Poniamoci, a questo punto, qualche domanda: è possibile che una municipalizzata, quindi tecnicamente caratterizzata, “dimentichi” l’esistenza di un fiume sul percorso del sistema di trasporti urbani? Una qualsiasi cartina da Pagine Gialle ne riporta, sicuramente, l’esistenza mentre la progettazione richiede, quale supporto informativo, lo sviluppo del progetto su planimetrie catastali in scala 1:2000/, 1:1000, /1:500, se non superiori per i dettagli delle fermate e per i particolari esecutivi; per non parlare del piano idrogeologico dei terreni interessati ed il progetto delle fondazioni che richiede uno studio approfondito degli stessi sotto il profilo geotecnico e strutturale.
La risposta è scontata: NON è possibile. A meno di volerci far credere che una città di 656.829 abitanti con un’area metropolitana di 1.041.314 abitanti sia priva di un banalissimo ufficio tecnico comunale da mettere a disposizione dell’Amat. Figurarsi!
Poniamoci un’altra domanda: posto che i lavori devono essere stati appaltati ai sensi del D. Leg.vo 12 aprile 2006, n. 163 – il cosiddetto Codice dei contratti pubblici o, comunemente Codice degli Appalti – come mai il Responsabile del procedimento (RdP in sigla) cui spettava la cura di ciascuna fase di attuazione dell’intervento non ha rilevato le carenze progettuali? Ed ancora: come mai l’impresa appaltatrice ha fatto un’offerta di 216 milioni senza fare una ricognizione , progetto alla mano, del percorso delle linee che avrebbe permesso di rilevare l’insufficienza progettuale e la non rispondenza dell’oggetto dell’appalto alla realtà ambientale?
Potremmo continuare a lungo a porre domande, ma fermiamoci qui. Il copione dello svolgimento di questo appalto è lo stesso recitato in altri teatri di operazione della nostra disgraziata penisola con corredo di isole grandi e piccole. Non a caso l’Italia è costellata di opere iniziate e mai completate, di “cattedrali nel deserto” , di viadotti che finiscono nel nulla etc. etc. appaltate da amministrazioni pubbliche con lo scopo di drenare tangenti su fondi che, prònuba la tecnoburocrazia, il potere politico colluso con imprenditori disonesti e/o con la criminalità organizzata, carpisce allo Stato.
Un processo scellerato che vede un governo tassare a morte i cittadini per alimentare amministratori famelici, tecnoburocrati infedeli, appaltatori disonesti quando, questi ultimi, non sono, addirittura, strutture della criminalità organizzata.
Ma quanti sono gli enti pubblici appaltanti in Italia? Il citato D. Leg.vo n.163/2006 fornisce , negli Allegati I, IIA e IIB l’elenco delle attività e dei servizi che ricadono nella sfera di competenza del Codice degli appalti, ma una stima approssimata che comprende i Ministeri, i Comuni, le Province e le Regioni, le Asl, i Consorzi di bonifica, le autorità di bacino, le autorità portuali e aeroportuali, le Ferrovie dello Stato, le Ater, l’ ANAS, le varie municipalizzate e gli altri enti pubblici economici porta ad ipotizzare oltre 8.300 enti appaltanti (numero forse in difetto considerato il numero dei comuni italiani?).
Tra costoro ci sono enti virtuosi che non fanno notizia ed enti dissipatori e parassitari che alimentano la crescita del debito pubblico e la distruzione ambientale per incapacità, per ignoranza, per infiltrazione mafiosa. Dissipatori e parassitari che nullificano ogni programma di infrastrutturazione del territorio, che vivono dell’ “industria della catastrofe“ (terremoti e calamità naturali) invocando aiuti dallo Stato per la ricostruzione o che sfruttano l’occasione dei “grandi eventi” per iniziare opere dai costi faraonici che non vedranno mai il compimento. Enti che alimentano Il contenzioso sulle OO.PP. congestionando i tribunali amministrativi, che ritardano i pagamenti alle imprese virtuose, ma trovano sempre il modo di pagare quelle con le quali hanno colluso a danno dei contribuenti. Se vogliamo evitare che il fiume di denaro alimentato da più della metà di ciò che guadagniamo vada a finire nel maelstrom vorticoso degli appalti pubblici come oggi lo sopportiamo facendo di ogni contribuente il finanziatore involontario della corruzione, dell’incapacità tecnico-amministrativa , della dissipazione delle risorse comuni, è necessario rivedere il sistema degli appalti.
E’ questo il senso della proposta dell’ aediles curules : dare ad una magistratura centrale articolata per sezioni territoriali la funzione di ente appaltante per conto di tutte le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. Una magistratura autonoma, svincolata dal potere politico, formata da uomini addestrati in una speciale università nelle diverse discipline tecniche, giuridiche, organizzative, amministrative e finanziarie che costituiscono, nella loro sintesi organica, il processo di realizzazione dell’OO.PP. Nell’ambito dello stesso, è il caso di rilevarlo, la semplice esecuzione rappresenta solo un momento di una successione di fasi della realizzazione. A questo punto ci sarebbe da illustrare in dettaglio il citato processo di realizzazione dell’OO.PP., i requisiti richiesti ai diversi gradi di magistratura OO.PP. , le procedure di selezione e formazione dei suddetti magistrati, i compiti e le responsabilità civili e penali che li riguardano, il rapporto fra questa magistratura e la società civile etc.etc.. Non lo faremo per via della ponderosità dell’impegno e dello scritto che sarebbe necessario allo scopo e per la limitazione dello spazio disponibile.
Qui ci i limitiamo a formulare qualche altra domanda. Perché una magistratura e non, ad esempio, il vecchio Ministero dei LL.PP.? La ragione va ricercata nella natura del vecchio ministero: una struttura burocratica invecchiata e poco efficiente governata dal potere politico nella persona del ministro dei LL.PP. Per logica costitutiva, però, essendo il ministro una entità transeunte ed il burocrate una entità permanente, questo ultimo nella realtà dei fatti diventava il vero arbitro di tutto ciò che si realizzava in Italia. Per comprenderne l’enorme potere, si pensi alla persistenza dello stesso anche dopo che il Ministero dei LL.PP. fu ridimensionato. Il caso del G8 a La Maddalena, che il Borghese portò alla luce per primo, fu emblematico. La degenerazione del sistema di potere burocratico che apparve, in quell’occasione, in tutta la sua evidenza si concretizzò in: corruzione, dilapidazione delle risorse pubbliche, incapacità tecnica e progettuale, cecità sociale e quant’altro.
Perché, allora, non prendere esempio dal sistema francese con i suoi circa 700 efficientissimi enti appaltanti controllati o rappresentati dalle prefetture? La ragione è che le nostre prefetture, pur discendendo dal codice napoleonico, non hanno gli stessi compiti di quelle d’oltralpe, né agiscono su un territorio così storicamente omogeneo come quello francese.
Sia come sia, la proposta di una magistratura delle OO.PP. ha come fine quello di far nascere un’ istituzione dello Stato di altissimo livello tecnico, giuridico, amministrativo e finanziario che trasformi i contributi fiscali del popolo più tassato del mondo in opere pubbliche reali, efficienti sul piano strutturale ed infrastrutturale del territorio, esteticamente espressive dello sviluppo del nostro mondo.