Priebke 100 anni. Dal 1943 con la sconfitta “liberatoria” e con le stragi “rivoluzionarie”. Oggi sotto il segno del fanatismo sionista

25 Luglio 2013

Filippo Giannini

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di Giannini a Mughini sulla barbarie della vendetta sionista senza limiti contro Priebke.

Con governi imbelli e servi che erigono templi alle menzogne

 

 

 

 

Gentile Sig. Giampiero Mughini, ho letto il suo articolo a pag. 23 dell’edizione odierna di Libero. Sono d’accordo con Lei quando afferma che non ci si può accanire contro un uomo di cento anni come se il nazismo lo avesse inventato lui, come se dovesse portare lui sulle spalle il peso simbolico di un tempo tra i più orridi del Novecento e di come sia grottesco insistere nel fargli scontare una pena per fatti di 70 anni fa. Sul resto della Sua lettera Le devo fare però alcune precisazioni e osservazioni: 1 – Fu la strage di Via Rasella messa in atto dai partigiani gappisti Bentivegna, Capponi e compagnia bella a scatenare la rappresaglia delle Ardeatine. 33 morti alto-atesini del Battaglione Bozen, che a quanto pare erano pure disarmati. Morirono anche due italiani, un partigiano e un bambino di 13 anni, Piero Zuccheretti, che fu decapitato dall’esplosione. 2 – I tedeschi appesero volantini in città chiedendo ai responsabili della strage di presentarsi entro un certo tempo, altrimenti si sarebbero avvalsi del diritto di rappresaglia, il quale sebbene non viene esplicitamente sancito nella Convenzione dell’Aja del 1907, era concepito ad esempio dagli inglesi nel paragrafo 454 del ” British Manual of Military Law “, oppure dagli americani al paragrafo 358 dei ” Rules of Land Warfare ” del 1940. Per le truppe francesi, l’allegato I alle istruzioni di servizio del 12 Agosto 1936 consentiva all’Art. 29 il diritto di prendere ostaggi nel caso in cui l’atteggiamento della popolazione fosse ostile agli occupanti, e il successivo Art. 32 prevedeva l’esecuzione sommaria degli stessi ostaggi se si verificavano attentati. Nel caso N° 9 il Tribunale di Norimberga confermò che ” le misure di rappresaglia in guerra sono atti che, anche se illegali, nelle condizioni particolari in cui essi si verificano possono essere giustificati: ciò in quanto l’avversario colpevole si è a sua volta comportato in maniera illegale e la rappresaglia stessa è stata intrapresa allo scopo di impedire all’avversario di comportarsi illegalmente anche in futuro “. A Berlino l’Armata Rossa che la occupava minacciò fucilazione di ostaggi nel rapporto di 50 a 1. Il testo del comunicato era il seguente: ” Chiunque effettui un attentato contro gli appartenenti alle truppe di occupazione o commette attentati per motivi di inimicizia politica, provocherà la morte di 50 ex appartenenti al partito nazista ” (Pubblicato sul quotidiano Verordnungsblatt di Berlino del 1° Luglio 1945). Secondo il diritto internazionale (Art. 1 della Convenzione dell’Aja dle 1907), un atto di guerra materialmente legittimo può essere compiuto solo dagli eserciti regolari o da corpi volontari i quali rispondano a determinati requisiti, cioè abbiano alla loro testa una persona responsabile per i subordinati, abbiano un segno distintivo fisso riconoscibile a distanza e portino apertamente le armi. Lo Stato solo successivamente considerò come propri combattenti i partigiani che avessero combattuto contro i tedeschi. Lo Stato Italiano dichiarava non punibili (quindi tutti amnistiati) gli atti compiuti dai partigiani, con il D.L. N° 96 del 5 Aprile 1944 (pochi giorni dopo Via Rasella), e con il D.L. N° 194 del 12 Aprile 1945 considerava gli attentati come legittimi. Ora se veramente tutte le azioni commesse dai partigiani fossero stati atti legittimi di guerra, è fin troppo chiaro che nessun motivo ci sarebbe stato di promulgare questo provvedimenti di amnistia. L’attentato di Via Rasella fu ed è considerato un atto illegittimo i cui autori sono da ritenersi i responsabili del successivo eccidio delle Fosse Ardeatine. 3 – Il Capitano Priebke non è il responsabile dell’eccidio delle 335 persone alle Fosse Ardeatine, nel senso che non è stato lui a prendere questa decisione. L’ordine venne da Hitler e quest’ordine fu poi eseguito dal Tenenente Colonnello Kappler. Il nome di Priebke era allora sconosciuto. 4 – Priebke obbedì effettivamente ad un ordine, al quale non poteva rifiutarsi (checché ne dicano molti), pena la sua stessa fucilazione. Egli non ha fatto che eseguire ciò che molti altri ufficiali e soldati di vari eserciti hanno dovuto eseguire in tempo di guerra senza tuttavia però subire alcun processo. 5 – E’ vero, la sua protezione è stata ed è costosa, ma non ha certo voluto lui venire in Italia per essere processato e poi passare gli ultimi anni della sua vita a spese del contribuente italiano. Di Priebke l’Italia non ha mai saputo un bel niente, fintanto che uno scoop di un giornalista americano non ha rivelato la sua residenza a San Carlos de Bariloche in Argentina. Il governo italiano, da quel momento, ha cominciato a sprecare i soldi dei contribuenti, cedendo alle pressioni e inginocchiandosi davanti ad una nota e potentissima lobby che impartì l’ordine di chiederne l’estradizione al governo argentino per poi estradarlo in Italia e processarlo, sempre a nostre spese. Un processo dal quale lui fu assolto ma la nota lobby, dopo la lettura della sentenza, sequestrò il tribunale con dentro giudici, magistrati, avvocati e carabinieri. Un atto criminale che se fosse stato eseguito da cittadini non membri di questa lobby, sarebbero stati arrestati e incarcerati. L’allora Ministro della Giustizia Flick si inventò un ri-arresto di Priebke e alla fine l’agnello fu sacrificato ed ottenne l’ergastolo. Secondo Lei Mughini chi dovrebbe sostenere le spese? Il diritto ha forse trionfato? 6 – Lei Mughini fa riferimento alla “Judenaktion” a Roma il 16 Ottobre 1943, cioè la deportazione degli ebrei romani dal ghetto. Non dimentichi che questo avvenne grazie alla caduta del Fascismo (sostituito dal Governo del Sud di Badoglio). Mussolini, fintanto che fu al potere, non consegnò mai nessun ebreo ai tedeschi, nonostante le loro insistenze e pressioni. Anzi, gli ebrei provenienti dai territori occupati ad Est dai tedeschi venivano tutti in Italia o venivano salvati dalle truppe italiane, in un momento in cui in Italia, guarda un pò che strano!, vigevano le leggi razziali! Su questi fatti c’è un abbondante documentazione, quasi tutta di fonte ebraica, raccolta nel libro di Filippo Giannini “Uno Scudo Protettore”. Gliene consiglio la lettura. Non Le anticipo niente. La Repubblica Sociale Italiana non poteva fare un granché in quanto era geograficamente limitata al Nord del paese e poi era stata ufficialmente costituita il 23 Settembre 1943 e alla data del 16 Ottobre dello stesso anno non poteva essere totalmente operativa in così poco tempo. 7 – Lei dice di rispedire Priebke in Germania. Priebke aveva già chiesto al suo paese la stessa cosa molti anni fa ma la Germania non ha accettato e l’Argentina dichiarò Priebke persona non grata impedendogli, di fatto, di entrare nel paese anche solo per portare un fiore sulla tomba della moglie Alice o per andare a trovare uno dei figli ivi residente. 8 – La canea che in questi giorni sta latrando contro il tanto vituperato festeggiamento per il suo 100° compleanno dovrebbe invece occuparsi degli scheletri che ha nei suoi armadi anzichè tentare di minacciare e impedire un evento che, prima di tutto, non è pubblico, come molti giornali hanno scritto, ma privato e almeno questo al contribuente italiano non costa niente. 9 – Credo che su questa faccenda si sia fatto troppo chiasso inutile. Persino i telegiornali più “blasonati” ne hanno parlato ribaltando sulla gente ancora una volta l’immagine del mostro. Ma la gente, la cui maggioranza è ignorante su certi argomenti, non è in grado di valutare o giudicare, troppo abituata com’è a ricevere il lavaggio del cervello grazie alla disinformazione mediatica quotidiana che oscura i veri e gravi problemi del paese e dei suoi cittadini. 10 – Penso che, nonostante tutto, Lunedì 29 Luglio, molti italiani (quelli che non hanno ancora portato il loro cervello all’ammasso), in varie parti d’Italia, alzeranno il loro calice brindando alla salute di un centenario, il più anziano “prigioniero di guerra” sul pianeta, vittima di una barbara persecuzione che solo le “democrazie” occidentali possono concepire. Cordialmente G.F.S. Egr. Signor G.F.S., mi permetta di intervenire su quanto ha scritto, d’altra parte Lei mi ha citato, e di questo la ringrazio. Sì, come Lei ha ricordato il CASO PRIEBKE è un atto di inumana ingiustizia, che dovrebbe essere una vergogna per tutti i popoli civili. 1) Le Convenzioni Internazionali dell’Aja, allora vigenti e che regolavano le Leggi di guerra stabilivano, senza alcuna ombra di dubbio che il partigiano era un “fuorilegge”. Infatti – e in questa sede sono costretto a sintetizzare – per essere considerati “legittimi combattenti” questi dovevano rispondere alle seguenti norme: a) indossare una divisa riconosciuta dal nemico; b) portare apertamente le armi; c) rispondere delle proprie azioni ad ufficiali responsabili; d) riconoscere e rispettare le Leggi di Guerra. Non è difficile constatare che il “partigiano” non rientrava in alcuna di queste norme. I legislatori di cento e più anni fa, erano tanto decisi a “consacrare” il “legittimo combattente” da prevedere, a salvaguardia di questo, il “diritto di rappresaglia”. Pochi sanno che <L’articolo 33 della IV Convenzione di Ginevra del 1949 (attenzione alla data n.d.a.), in deroga a quanto prima era consentito dall’art. 50 dei Regolamenti dell’Aja del 1899 e del 1907, proibisce in modo tassativo le misure di repressione collettiva, di cui si ebbe abuso delittuoso nell’ultimo conflitto> (1). In altre parole quegli eserciti che usarono il (certamente disumano) “diritto di rappresaglia” quando questo era consentito dalle Leggi di Guerra, nel dopoguerra vengono perseguiti e condannati. Oggi che questo “diritto” è disconosciuto, quegli eserciti che ne fanno vasto uso, trovano ingiusta legittimazione. E mi rivolgo principalmente a quanto accadde nelle guerra del Vietnam e in quella in Afghanistan e in Cecenia, da parte dei sovietici e degli americani. Questi ultimi ne hanno fatto (e ne fanno) ampia pratica ancora in Afghanistan e in Irak. Non ultimo è da ricordare che gli israeliani fanno uso, quotidianamente, a danno dei civili palestinesi, di quella norma incivile e illecita e, mi ripeto, tassativamente proibita sin dal lontano 1949. 2) Quel 23 marzo 1944 l’attentato di Via Rasella non fu compiuto a danno delle SS, come la propaganda “sfascista” si ostina a sostenere, ma contro militari altoatesini, quindi cittadini italiani tanto che la maggior parte di essi, sino all’otto settembre aveva militato nell’esercito italiano, e dopo quella “fausta” data venne incorporata dai tedeschi nella Compagnia “Bozen”. A seguito di quell’attentato non morirono trentatre “tedeschi”, ma a questi ne vanno aggiunti altri nove che si spensero nelle quarant’otto ore successive a causa delle ferite e mutilazioni riportate a seguito dell’”eroica azione”. 3) Sì, a seguito dell’”eroica azione” perirono anche alcuni civili, il cui numero (Bentivegna aveva sempre negato questo caso) è sempre stato obliato dall’attuale regime e talmente bene che ancora oggi non si conosce il numero esatto dei morti. Quelli certi sono: Fiammetta Baglioni di 66 anni, Pasquale Di Marco di 34 anni e il piccolo Piero Zuccheretti di 13 anni che era talmente vicino al luogo dell’esplosione che il suo corpo fu frantumato. I suoi piedini non furono mai ritrovati. Bentivegna dobbiamo pure capirlo: avrebbe potuto perder tempo e far allontanare il bambino? I nomi degli altri “eroi” oltre quello di Bentivegna? Carla Capponi, Carlo Salimari, Franco Calamandrei, Raul Falciani, Francesco Corelli, Silvio Serra, Ferdinando Vitagliano, Pasquale Balsamo. Quando un giornalista chiese a quest’ultimo “eroe” perché non si fossero presentati così da salvare la vita a 335 ostaggi, rispose: <Se ogni partigiano si fosse consegnato dopo ogni azione, la guerra sarebbe finita in pochi giorni. E poi nessuno ha la vocazione al suicidio>. 1) E’ la prova provata dello “sfascismo morale vincente”. D’altra parte come in Italia, anche in Francia nessun partigiano si presentò mai per salvare la vita degli ostaggi. 2) Bentivegna per l’”eroica azione” non fu insignito della Medaglia d’Oro, ma si dovette accontentare di quella d’Argento. Mentre la Medaglia d’Oro andò a Carla Capponi. 3) Ed ora, amici lettori seguiamo un’altra “eroica azione” del partigiano Bentivegna. Era il 5 giugno 1944, Roma era stata “liberata” dagli alleati il giorno precedente e il sottotenente della Guardia di Finanza Giorgio Barbarisi, che aveva militato nel fronte clandestino, pur non avendo mai mantenuto contatti con i partigiani ma con l’Esercito del Sud, stava percorrendo a piedi via delle Tre Cannelle a pochi passi dal Quirinale. Il giorno precedente gli alleati avevano imposto la sospensione di ogni attività politica, niente comizi o volantinaggi né manifesti e assembramenti. In questo clima il sottotenente Barbarisi si stava recando dalla madre per portarle un dono prezioso: due panini. Lungo la via, Barbarisi nota un manifesto che, per sua sfortuna, mostra la falce e il martello, il sottotenente Barbarisi investito della carica di ufficiale di polizia e pertanto convinto di dover assolvere un suo dovere, si accinge a defiggere il manifesto. Non poté completare il proposito perché fu raggiunto alle spalle da un colpo di pistola che lo uccise.. Chi aveva sparato? Ma lui, sempre lui, l’”eroico partigiano” Rosario Bentivegna e accanto a lui la sua spalla destra: Carla Capponi. E’ interessante riportare il seguito di questa trista vicenda che ci fa comprendere come la nostra “sovranità nazionale”, grazie alla “liberazione” venisse, già allora, delegata alla civiltà “yankee”. Il processo per l’assassinio di Barbarisi si apre il 14 luglio successivo e, nonostante che il delitto sia stato consumato a Roma, che italiana sia la vittima e italiano l’assassino, il processo è sottratto alla naturale giurisdizione italiana. Viene cancellata, dall’arroganza dei vincitori, ogni traccia di sovranità italiana, infatti chi giudica è la Corte Generale del Governo Militare Alleato, la stessa che manda a morte un certo numero di “collaborazionisti del tedesco invasore”, come il questore Caruso e i sabotatori Testorio e Sabelli fatti fucilare a Forte Bravetta da reparti italiani della Pubblica Sicurezza. L’aula di giustizia è praticamente occupata da attivisti comunisti, cosa che dà immediatamente un’idea di come andranno le udienze. Presidente della Corte è R.G. Wilmer. Sin dalle prime battute il processo mostra l’orientamento benevolo verso l’assassino. Questo aspetto appare addirittura sfacciato quando la Corte – nelle vesti del Colonnello Campbell, del Maggiore Heidrickton e del Tenente Sabatino – rifiuta la costituzione di parte civile dei genitori di Barbarisi. Ma non è tutto. Per comprendere il clima nel quale “quel processo” si trasformò in autentica farsa è da ricordare che gli avvocati della difesa sostennero che il tribunale doveva riconoscere, (trascrivo alla lettera): <i particolari motivi di necessità e di “legittima difesa”, che hanno provocato il doloroso incidente>. Per concludere: la sentenza emise una condanna a 18 mesi che naturalmente Bentivegna non sconterà mai. Non poteva che essere così; le pressioni del Pci erano talmente palesi che anche il Pubblico Ministero, ignorando ogni testimonianza, aveva asserito che “l’imputato aveva ecceduto nel difendersi”. Ha scritto in merito al “caso Barbarisi” Franz Maria D’Asaro: <Ma al di sopra di tutto, resta la vergogna del silenzio che si è voluto far scendere sul suo martirio. Via dai libri di storia, via dalle cronache rievocative, via dagli annali del Campidoglio>. A tutto questo si innesca qualcosa di più atroce: il perché degli attentati. Lo attesta chiaramente il fascista-antifascista Giorgio Bocca nel suo libro “Storia dell’Italia partigiana”: <Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. È una pedagogia impietosa, una lezione feroce>. A conferma di quanto riconosciuto da Giorgio Bocca, ecco quanto ha scritto il democristiano Benigno Zaccagnini: <il comunista sosteneva che, anzi la rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista, e quindi (l’assassinio) si giustificava. Tutto questo e quanto sopra gli esaltatori delle varie libertà (e fra queste quella dell’informazione) mai sono state rivelate. E i motivi sono facilmente intuibili! In altre parole, e per essere più chiari, gli attentati venivano compiuti per avere di ritorno le rappresaglie. E questo per uno sporco gioco politico che, ancora oggi, a distanza di tanti decenni, come possiamo assistere, fa il gioco di coloro che su tanto sangue ha avuto vantaggi e tutt’ora ne usufruiscono. Per concludere. Non ho potuto fare a meno di leggere piu’ volte la “Lettera post mortem” scritta dalla moglie di Erik Priebke e indirizzata “All’Ill.mo Presidente della Repubblica Italiana”. Mi si permetta di riproporre solo una parte della nobilissima lettera di Alice Priebke: <Se ancora per l’ultima volta Le scrivo non e’ per chiedere la grazia di Erik per la pena inflittagli, ma per pregiarmi di farle sapere che preghero’ non solo per il mio amato marito, per i miei figli e per tutta la mia famiglia, ma anche per Lei, Signor Presidente della Repubblica. Benche’ mi fossi rivolta alla sua clemenza supplicandola piu’ volte di farmi ricongiungere a mio marito nei nostri ultimi momenti di vita e nonostante le avessi fatto presente il mio precario stato fisico dovuto alle malattie, benche’ le mie richieste fossero state sempre ignorate senza neanche ottenere una risposta – fosse stata anche negativa – e nonostante il fatto che, tutto quanto abbia umiliato non solo mio marito ma anche me (…). Preghero’ per Lei, Ill.mo Presidente per non aver concesso a mio marito neanche la possibilita’ di incontrare i familiari delle vittime delle Ardeatine, come lui stesso avrebbe voluto, come pure ha censurato un anno fa la Rai perche’ voleva mettere in onda una intervista fatta da giornalisti italiani sul caso Priebke (…)>. Dopo poco la moglie di Erik Priebke morì. 1) La Rappresaglia, all’epoca dei fatti (1944) veniva così stabilita (Diritto Internazionale), pag. 792. <(…) La rappresaglia, condotta obiettivamente illecita, diventa, per le particolari in cui viene attuata, condotta lecita. (…) La rappresaglia è, fondamentalmente una “sanzione”, cioè una reazione all’atto illecito, e non un mero atto lecito, la cui liceità deriva dall’esistenza di un precedente atto illecito> Per essere più chiari: l’atto illecito fu l’attentato di Via Rasella. Per completare il mio pensiero sull’argomento e per dar modo a coloro che volessero contestare quanto scritto, termino proponendo un mio vecchio articolo, sempre sul caso Priebke. LA CULLA DEL DIRITTO ESPLOSE A VIA RASELLA Nell’anniversario della strage nazicomunista di Filippo Giannini Perché? Sì, perché proprio il 23 marzo 1944? Fu forse una “fortuita coincidenza”? Leggo alcuni titoli sui giornali in occasione della “cattura di Priebke”: “Via Rasella, un attentato inutile”; “Perché gli attentatori non si presentarono?”. Ebbene non fu “un attentato inutile”: gli attentatori NON DOVEVANO presentarsi e non fu “una fortuita coincidenza”, fu una diabolica, lucida operazione timbrata falce e martello e portata a termine per l’ottusità di Hitler. Non fu un caso che la “giunta militare” del Cln, i cui capi erano Riccardo Bauer, Giorgio Amendola e Sandro Pertini, ordinasse l’attentato di via Rasella proprio QUEL GIORNO, perché “quel giorno” era l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento e l’obiettivo dell’attentato doveva essere la grande manifestazione fascista al Teatro Adriano di Roma. “Doveva essere”, ma non fu: questo obiettivo fu scartato perché certamente i fascisti, qualunque fosse stato il danno subito, mai avrebbero dato seguito a quella rappresaglia cui la “giunta militare” mirava. Era necessario un attentato tanto pesante da far saltare i nervi ai tedeschi. Quel che comportò è noto a tutti, anche se la verità sulla causa e sugli effetti è ancora oggi falsata. Ecco perché gli attentatori NON DOVEVANO presentarsi, se lo avessero fatto, addio Cave Ardeatine, addio lacrimuccia versata dal “Presidente più amato dagli italiani” e dai suoi predecessori e successori, quando senza ritegno alcuno sono andati e vanno ad offendere con la loro presenza, una volta di più, le vittime che riposano nel Sacrario senza pace e senza giustizia. Tutti ricorderanno come questa squallida vicenda si è sviluppata fino ad oggi: giudici che assolvono un imputato, un gruppo di scalmanati che si ribella ad una sentenza, un ministro della Giustizia, Flick, che si precipita al Tribunale e invece di prendere le parti dei giudici, come sarebbe stato suo preciso dovere, annulla la sentenza (è inaudito) e ordina l’arresto dell’imputato assolto. E’ ignominioso che un vecchio sia stato “scoperto” criminale dopo cinquant’anni dai fatti, un vecchio che tutti sapevano dove fosse, un vecchio che era già stato due volte in Italia con regolare passaporto; è ignominioso, altresì, che sia stato sottoposto a giudizio due volte, imbrattando il basilare principio giuridico, dato che un uomo non può essere processato due volte con la stessa imputazione. (In)giustizia è fatta! A via Rasella è morta la “Giustizia” ed è seppellita alle Cave Ardeatine! Dopo quanto scritto, si conosce tutto? No! Ad esempio: 1) Priebke era un militare (e gli ufficiali tedeschi non scherzavano), gli fu ordinato di sparare, pena la fucilazione, ed egli sparò. Chiedo ad uno qualsiasi dei giudici che lo hanno condannato: “Voi, al suo posto, che avreste fatto? 2) Mussolini, appena venne a conoscenza dell’ordine della rappresaglia, si attivò immediatamente per scongiurarla. Telefonò continuamente a Berlino, ma Hitler non dette mai risposta. Mussolini non seppe mai che il suo tentativo fosse riuscito l’attesa rappresaglia tanto voluta da Sandro Pertini e compagni, poteva non avvenire.