Marmary: rivoluzioni infrastrutturali turche e dinamiche geopolitiche East – West

15 Novembre 2013

Mino Mini

 

 

 

 

 

Immagina…puoi.

OCCIDENT EXPRESS

La crescita inarrestabile della Turchia, i suoi obiettivi e la sua funzione di primaria importanza nell’economia euro-mediterranea sono dati di fatto di rilevanza mondiale. Il ruolo geopolitico della Turchia è centrale per l’Italia e per l’Unione Europea. Qui presentiamo una prospettiva da non sottovalutare, atta a inquadrare nella radicale trasformazione delle dinamiche geopolitiche in atto sull’asse East – West un rinnovato ruolo propulsivo per l’Italia e per i Paesi del Mediterraneo. 

 
 
 
 
 
 
Qualcosa di grande sta accadendo sotto i nostri occhi nel Mar nostrum, qualcosa che, nonostante la nostra posizione nel Mediterraneo, ci vede totalmente estranei e marginali: l’unione fisica di due continenti da millenni divisi da un braccio di mare nelle cui onde si bagnò il genio mitopoietico di Omero e si plasmò la matrice della nostra civiltà. Pochi giorni fa , il 29 ottobre, è stato inaugurato il Marmaray un collegamento ferroviario di 13,6 chilometri , di cui quattro sott’acqua. Fin qui nulla di straordinario se non fosse che la parte subacquea, realizzata a 62 metri sotto il livello del mare, collega attraverso il Bosforo la Istanbul europea con quella asiatica.
 Ai nostri occhi disincantati vien fatto di chiedersi: beh, tutto qui? No, c’è molto di più, ma per capirlo dobbiamo inforcare dei metaforici occhiali geopolitici per correggere la spaventosa miopia che ci affligge. Altrimenti vediamo sfocato, incaprettati come siamo e impossibilitati a muovere la testa a rischio di stringere il nodo del debito pubblico che ci sta strangolando per effetto della nostra adesione ad un ectoplasma impropriamente chiamato Europa e ad una moneta chiamata euro. Ubriacati dalla propaganda esercitata dai media non vediamo il nostro territorio occupato da ben centotredici basi militari USA che nullificano la nostra sovranità. Assaliti da sbarchi di clandestini o di pseudo-rifugiati politici ci sveniamo per portare loro aiuto a nome dell’Europa, ma la stessa ce li ributta sul nostro territorio quando questi tentano di entrare negli altri paesi comunitari. Ci copriamo di ridicolo quando, per fronteggiare l’emergenza degli sbarchi. battezziamo l’operazione chiamandola Mar Nostrum. Mar suum visto che un qualunque mercante di carne umana può sbarcare, senza alcun rischio, gruppi di trecento “disperati” alla volta sulle nostre coste . Con la stessa miope visione non percepiamo gli eventi nella loro essenza e ci condanniamo a perdere la nostra identità per scomparire dalla scena politica, economica e culturale.
 Proviamo, allora, a cercar di capire questa benedetta essenza dell’evento Marmaray. Essenza rappresentata dalla politica infrastrutturale a livello intercontinentale che determina l’ordinamento spaziale del territorio. Detto in altre parole: un territorio ci appartiene – materialmente e spiritualmente – se è definito nelle sue componenti e strutturato per poterlo percorrere e governare.
 Come diceva Carl Schmitt ne Il nomos della terra, << La comunità che si afferma mediante l’ordinamento spaziale è più importante di tutto quello che è stato detto sulla sovranità e il non intervento >>: il che, tradotto, significa che l’unico modo di inverare la sovranità, ovvero di renderla reale, concreta, è quello di attuare l’ordinamento spaziale infrastrutturando il territorio.
Il Marmaray, sotto questo aspetto, è emblematic: unisce due continenti separati dalla natura attuando, funzionalmente, la politica turca di porsi come cerniera fra l’Europa e l’Asia. Attualmente svolgerà la sua funzione solo a livello urbano raggiungendo il suo completamento nel giro di due anni, ma l’aggiunta del preventivato terzo binario ad alta velocità ed il collegamento dello stesso con la rete di 10.000 chilometri di cui la Turchia si sta dotando, metteranno la nazione, a programma attuato, nella condizione di proseguire l’infrastruttura fino a raggiungere Pechino << grazie alla messa in opera della Baku-Tbilisi-Kars e della connessione Aktau-Urumki.>> (G. Mancini – l’Indro).
Orgogliosamente e realisticamente, i turchi chiamano il futuro collegamento Istanbul-Pechino << ipek demiryolu [ ovvero ] una via della seta ferrata, più moderna e tecnologica di quella del passato >> (ibidem). E’ evidente, a questo punto, il collegamento con l’espansionismo cinese volto a procurarsi risorse agricole in occidente per sfamare una popolazione che sta rapidamente urbanizzandosi abbandonando le campagne per ammassarsi nei formicai inquinati da quantità incalcolabili di abitanti che loro chiamano città. Vedi in proposito l’articolo di Daniela Binello del mese di novembre sulle pagine del Borghese, La terra in bocca, da cui risulta più che comprensibile la disponibilità cinese a finanziare ed, eventualmente, a realizzare opere infrastrutturali in occidente che contribuiscano ad attuare quell’ordinamento spaziale di cui si è detto. Lo hanno proposto anche a noi allorché si offersero di finanziare e realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e le infrastrutture conseguenti in Sicilia e Calabria.
 Ritorniamo sul Bosforo e lasciamoci trascinare nel ricordo del celeberrimo Orient Express che collegava Parigi e Istanbul trasportando, in un’atmosfera di lusso, di esotismo e di avventura, reali, diplomatici, affaristi , truffatori internazionali e spie, attraverso i Balcani . E’ di poco tempo fa la relazione di un gruppo di ingegneri della Tecnocino che prospettava la realizzazione di un corridoio ferroviario Pechino-Londra da coprirsi in due giorni mediante treni ad altissima velocità (400km/h).
 Fantascienza? No, fattibilità: se consideriamo che l’attraversamento ferroviario del Canale della Manica con il suo terminale a Parigi è una realtà operante e la struttura intereuropea dei corridoi paneuropei, sin dalla nascita impostati sull’est continentale e sui Balcani, è in via di realizzazione. Non resta che attendere il potenziamento prossimo del Marmaray con l’alta velocità e la sua connessione con le ferrovie asiatiche e quello che potremmo già sin da ora denominare Occident Express sarà realtà.
Ma perché chiamarlo Occident Express anziché, come il suo antenato, Orient Express? Perché questa gigantesca infrastruttura territoriale avrà una finalità inversa . Intenzionalmente correrà da est a ovest sviluppando il suo tratto più lungo in Asia dove interesserà una popolazione assai più vasta del miliardo e trecento milioni cinesi; perché la stessa, per ragioni commerciali e altro sarà quella che ha maggior interesse a spostarsi verso occidente dato che la sua frontiera ad est è costituita dall’acqua dell’Oceano Pacifico. Infine, perché dalla Grande Muraglia andando verso occidente, si attraversano stati a maggioranza turcofona, il cosiddetto Turkestan, l’originaria patria eurasiatica – il Turan – da cui partirono le ondate migratorie che si insediarono in Anatolia e sulle sponde del Mediterraneo
E sia Occident Express allora, ma a noi cosa importa? Cosa ha a che fare con l’Italia?  Ha molto a che fare , anzi moltissimo perché la Turchia, oltre ad essere il “terminale” occidentale del Turan è, soprattutto, un grande Paese mediterraneo nato per sostituzione di un fatiscente impero bizantino da parte di popoli provenienti dall’Asia. Intelligentemente, trovandosi in un territorio in cui vigeva un ordinamento spaziale di impronta romano-bizantina, seppe mantenerne i caratteri ereditando anche la visione imperiale che lo supportava. L’impero ottomano si trovò, a dominare la riva sud del Mediterraneo, la riva orientale e, in parte, la riva adriatica dei Balcani. Oggi la Turchia possiede qualcosa che gli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo non posseggono: ha un fine geopolitico da perseguire per il conseguimento del quale ha elaborato una strategia ed ha individuato un ordinamento spaziale. E’ conosciuta come Profondità strategica turca ( Stratejik Derilink. Türkiye’nin Uluslararasi Konumu) e l’estensore della stessa è il ministro degli esteri Ahmet Davutoğlu che ha individuato il concetto di bacino terrestre di prossimità ( Balcani – Vicino Oriente – Caucaso) come ordinamento spaziale. Il Marmaray, oltre ad essere una infrastruttura straordinaria, rappresenta una realizzazione parziale, ma importante di questa strategia.
 All’Europa miope sfugge l’importanza della Profondità strategica turca, ma nell’ambito di una visione dell’ecumene mediterraneo non dovrebbe sfuggire all’Italia soprattutto per i riflessi sui Balcani che rappresentano i nostri dirimpettai adriatici. Più vicini persino della nostra Sardegna. Certo con una mammana come ministro degli esteri, per non parlare di altre ministre, cercare di far capire loro anche solo il concetto di Ecumene Mediterraneo sarebbe tempo perso. Però nulla ci vieta di ipotizzare un destino diverso per l’Italia e per le altre nazioni mediterranee che l’Europa considera PIGS.
 
Immagina …puoi, affermava uno slogan pubblicitario di, non ricordo più, che cosa. E allora immaginiamo una Italia che in un disegno geopolitico mediterraneo si doti delle infrastrutture adeguate per entrare in sistema con i partners euromediterranei costituendo un ordinamento spaziale sud-europeo di scala superiore; una Italia che promuova una coalizione di stati mediterranei indipendenti partendo da un nucleo formato dai PIGS e dalla Turchia. Una coalizione che costituisca una comunità economica volta ad armonizzare le potenzialità di ciascun Paese. Si pensi alla funzione di cerniera propria della Turchia in campo energetico nella corsa alla realizzazione degli oleodotti e gasdotti ed alla conseguente realizzazione di un hub energetico mediterraneo. Una comunità che può dotarsi di una moneta interna ancorata all’euro; che può stabilire fra gli Stati mediterranei un’alleanza diplomatica e di intervento per evitare il ripetersi dei fenomeni di destrutturazione, come accaduto in Libia. Una comunità di Stati che sviluppano una politica di interscambio culturale con istituti, università, scuole di formazione, centri di ricerca etc. Una comunità di stati che…….
Immagina …puoi……..

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